Introduzione:

Mai come in questi ultimi anni, l’innovazione tecnologica sta avendo un impatto straordinario sulle nostre vite, sulle nostre abitudini, sulla nostra educazione ma soprattutto, sul nostro lavoro. Uno dei timori maggiormente diffusi in questo periodo è quello che l’essere umano diventi superfluo e venga rimpiazzato da macchine più forti e intelligenti. I giovani d’oggi sono destinati a essere l’ultimo capitolo della storia umana, prima di essere rimpiazzati dai robot?
Per alcuni, siamo sull’orlo di un incubo tecnologico. In realtà sono ormai 200 anni che progrediamo rapidamente. Se il cambiamento tecnologico rendesse davvero superfluo l’essere umano, dopo 200 anni dovremmo essere già tutti disoccupati. E invece non è così. Anche se l’innovazione rende alcuni mestieri obsoleti ne crea di nuovi con la stessa velocità. È la nostra stessa storia, quindi, a dirci di non preoccuparci: stiamo innovando da diverso tempo e le persone occupate non sono mai state così tante.

Obiettivo:

Analizzare e comprendere come la didattica a distanza e lo Smart Working abbiano influito negativamente e positivamente sulla vita dell’individuo, approfondendo il percorso che le nuove tecnologie segneranno attraverso i cambiamenti prodotti a livello sociale e culturale.

Nuove tecnologie, l’assistente virtuale: come si è evoluto negli anni, come ha cambiato la vita in casa e fuori casa per l’uomo?

Si possono trovare le più svariate definizioni per gli assistenti virtuali, c’è chi li definisce come figure professionali che lavorano per assistere aziende e liberi professionisti, alcuni li intendono come software che sono programmati per dare informazioni e risolvere problemi di un qualsivoglia utente. Gli assistenti virtuali ad oggi sono in pratica definiti come dispositivi di ascolto passivo che rispondono quando riconoscono un comando o un saluto (come “Hey Siri”). Tutte le definizioni sopra citate hanno in comune il fatto che l’assistente virtuale esiste per “risolvere problemi” e dare supporto a chiunque ne abbia bisogno.

Perché esiste più di una definizione dell’assistente virtuale? Si possono comunque definire tutte giuste, in quanto la sua evoluzione inizia con la “creazione” di nuovi posti di lavoro come “assistenti virtuali” quindi persone fisiche che di solito stavano dietro ad uno schermo e vicini ad un telefono e fornivano supporto ad aziende, oggi questo lavoro non è stato del tutto soppiantato dai software in quanto alcuni di questi sono ancora troppo basici per dare una risposta ad ogni problema del possibile utente, per esempio i vari bot delle compagnie telefoniche, quello di Amazon o Trenitalia, se il problema non è stato risolto dal assistente formato software passano il problema o ad un centralino o in alternativa ti re-indirizzano ad una chat con un assistente virtuale in persona.

Non sono casuali gli esempi sopra citati in quanto coinvolgono tutti settori differenti, uno nel ramo della comunicazione, uno dell’acquisto e uno dei trasporti. Li ho proposti per far capire che gli assistenti virtuali negli anni si sono diffusi a macchia d’olio in moltissimi settori che fanno parte delle nostre vite e la maggior parte di questi sono sempre più a portata di mano, o a portata di smartphone, rendendo quindi le attività quotidiane sempre più semplici. Gli AV rappresentano la nuova modalità con cui business e organizzazioni si rapportano con i loro interlocutori. Dal “tocco” si passa alla “voce”, che permette un modo più semplice e rapido per avere riscontri e informazioni da dispositivi intelligenti.

Oggi, gli assistenti virtuali possono essere definiti una sorta di “digital human”, visivamente realistici e in grado di comprendere, rispondere a domande e anche realizzare una sorta di connessione emotiva, anche tramite un body language per cui sono in grado di sbattere le palpebre, annuire, ammiccare, ecc. Il ricorso a questi agenti conversazionali porta nell’interazione digitale più aspetti della comunicazione rendendola un’esperienza mutuale nel lungo termine, in un ecosistema data driven, con algoritmi capaci di sfruttare i meccanismi del Deep Learning. Di fatto, questi avatar digitali stanno diventando ambasciatori di una User Experience basata sull’intelligenza artificiale che può essere descritta nelle parole dello studioso Nils J. Nilsson come “quell’attività dedicata a rendere le macchine intelligenti e l’intelligenza è quella qualità che consente a un’entità di funzionare in modo appropriato e con lungimiranza nel suo ambiente”.

 

Con il tempo si è passati da chiamarle questa figura “Assistente Virtuale” ad “Assistente virtuale intelligente” in quanto le architetture di programmazione di quest’ultimi sono diventate molto più complesse e articolate. In base alla complessità delle architetture si possono suddividere in tipologie i vari gli assistenti virtuali:

– Le architetture meno complesse che funzionano in base a schemi preimpostati oppure generano in base alla similarità della conversazione in corso le risposte estraendole da testi pre-impostati, infatti queste interfacce sono in grado solo di assolvere alle funzioni per cui sono state progettate, senza potersi mai aggiornare, limitandosi quindi ai loro ambiti specifici.
– Gli AV Intelligenti o Agenti Conversazionali vengono detti tali non solo per la complessità della loro architettura ma anche perché questa gli permette di avere quasi un pensiero cognitivo.
– Esistono poi gli “specialized Digital Assistant” vale a dire gli assistenti virtuali progettati per scopi specifici e quindi orientati per lo più al consumatore.
Analizzando alcuni fra gli assistenti virtuali più conosciuti possiamo notare come alcuni di loro si siano fusi man mano con sistemi di intelligenza artificiale per esempio: Alexa, Google Assistant, Bixby, Siri. Questa combinazione di elementi fa in modo che si possano avere vere e proprie conversazioni con i propri assistenti virtuali, facendogli svolgere azioni specifiche come fissare un evento nel calendario, acquistare un prodotto, leggere un messaggio, accendere le luci, riprodurre musica, o anche cucinare, in quanto alcuni dispositivi si collegano anche con determinati elettrodomestici come la friggitrice ad aria, la lavastoviglie o il forno, aiutando nelle faccende quotidiane anche quando si è fuori casa. Questi dispositivi, inoltre, si aggiornano giornalmente in base alle preferenze del suo utente ricordandosi di volta in volta le informazioni fornitegli, grazie ad una funzione di apprendimento automatico.
Gli AV sono stati introdotti nelle più svariate professioni, possiamo trovarli:

– In campo medico, dove Alexa in alcuni centri ospedalieri permette di prenotare visite, di indirizzare l’utente verso stili di vita più salutari. In Inghilterra, l’assistente Amazon dà la possibilità ai pazienti di accedere ad informazioni mediche per ridurre il carico delle richieste agli operatori sanitari.
All’ospedale di Seattle gli assistenti virtuali sono stati introdotti anche per eliminare i costi di trascrizione e per dimezzare il tempo per le mansioni amministrative dei medici.
Sempre in campo medico ma dal punto di vista casalingo verranno introdotti anche assistenti virtuali che potrebbero monitorare la consegna dei farmaci a casa, oppure per i pazienti affetti da malattie croniche come il diabete Alexa dà la possibilità di conoscere le letture della glicemia e ricevere dei consigli in merito.
– Anche nella ristorazione sono stati introdotti gli assistenti virtuali, per esempio i camerieri che nei modernissimi ristornati giapponesi (che ora sono sbarcati anche in italia) ti portano il cibo al tavolo, lo spreperano e ti chiedono se desideri altro o su cui puoi pagare il conto. Invece in cucina l’assistente virtuale è differente, in quanto si cela in ogni elettrodomestico, i moderni forni hanno per telecamera interna che consente di ricevere in tempo reale le immagini delle pietanze in cottura e si bloccano non appena percepiscono fumo o fuoco pericoloso all’interno di esso.

Altri ancora inviano notifiche su smartphone e tablet per controllare ogni fase di cottura ovunque ci si trovi e avvisare quando il pasto è pronto.
– All’interno di alcuni hotel ora non esiste più la reception ma ci sono degli assistenti virtuali che ti fanno fare il check-in, il check-out e ti indirizzano alla camera.
– Da circa un mese Alexa ha una nuova Skill vale a dire quella de “Il Rifiutologo” permette ai cittadini di inviare segnalazioni ambientali semplicemente con un comando vocale. È possibile, infatti, richiedere lo svuotamento di un bidone o di cambiarlo se questo è danneggiato o di segnalare zone in cui effettuare pulizie straordinarie. Da, inoltre, la possibilità di ricevere aggiornamenti sulla segnalazione che si ha effettuato.
Nell’istruzione negli ultimi tempi si sono aggiunte moltissime interfacce di assistenza virtuale come quello fornito dal MIUR, Diogene, che aiuta le segreterie scolastiche nella gestione degli orari delle ferie e delle supplenze. Oppure con l’avvento della didattica a distanza, è stata introdotta “Nora” un’assistente virtuale che aiuta studenti e professori nella ricerca delle informazioni e aiuta chi non ha molta dimestichezza con la tecnologia. Nora da assistenza immediata a genitori, studenti e professori contestualmente alla navigazione, garantendo una user experience più fluida.
Quello degli assistenti virtuali è un settore in forte espansione anche in tutti i campi lavorativi e che potrebbe rivoluzionare il modo in cui ci si interfaccia alla tecnologia, abbattendo sempre di più gli ostacoli fra utenti e strumenti digitali, fino ad arrivare realmente a conversare in linguaggio naturale.

Qualche tempo fa Amazon, Google, IBM e Microsoft si sono unite in una partnership nel campo emergente dell’intelligenza artificiale e degli assistenti virtuali.


Nella Domotica invece possiamo trovare una quantità indefinita di assistenti virtuali che hanno migliorato e potrebbero migliorare la vita delle persone.
Ad oggi una casa su due possiede almeno un assistente virtuale ed è iperconnessa. Quelli che i cittadini prediligono sono:

Amazon Alexa: la quale ha parecchi modelli che possono essere utilizzati l’Echo Dot, cioè un apparecchio poco più grande di un disco da hockey comodo da mettere in ogni stanza, gli Echo dot di ultima generazione hanno una forma sferica e possiedono anche un piccolo proiettore dove si visiona l’ora. L’Echo show invece è praticamente un tablet con funzioni ridotte¸ lo schermo offre feedback ai comandi vocali impartiti. Poi ci sono tutta una serie di dispositivi più piccoli e paralleli a quelli classici citati in precedenza, vale a dire la Fire Stick: una chiavetta che viene connessa alla TV rendendola Smart, che ha inoltre la possibilità di interazione con Alexa. Un alto è l’Echo input che dà la possibilità di collegare impianti audio ad Amazon Alexa, perciò, non è provvisto di casse ma solo di microfono per ascoltare i comandi che gli si dà. C’è infine l’Echo auto, un apparecchio che permette di portare Alexa anche all’interno della propria auto.

Ci sono anche tutta una serie di dispositivi collegati con l’account Amazon interagisce e che permettono di gestire la tua casa anche a distanza, come l’aspirapolvere, il frigo, le telecamere, i termostati, le spine, le lampadine che si accendono un click sul telefono o con un “Alexa, accendi la luce!”
– Un altro fra i dispositivi utilizzati nell’ambiente casalingo è Google Home: un dispositivo che oltre alle possibilità di essere utilizzato come speaker tipo l’Echo dot, dà anche altre informazioni che possono essere utili all’utente. Per sui viaggi, sugli impegni giornalieri, sul traffico lungo il tragitto per andare da qualche parte. Nonché le informazioni sulla giornata dell’utente, chiedendo dopo il classico “Ok Google” “Come sarà la mia giornata” per ascoltare le informazioni utili ad affrontare la giornata, dalle condizioni meteo, al tragitto giornaliero fino agli eventi in calendario, oltre a un riepilogo delle notizie da una fonte a scelta tra quelle disponibili. Inoltre, si può impostare la sveglia mattutina, i timer in cucina e tenere traccia della lista della spesa.
– Si trova poi Siri Home che gestisce funzioni legate al mondo della smart home. Può controllare impianti ed elettrodomestici smart, verificarne lo stato e gestire tanti altri comandi in una volta sola, con la voce. Può impostare l’apertura e la chiusura della porta d’ingresso all’orario che si preferisce e accende automaticamente le luci o il termostato non appena l’utente dice “Sono a casa”.

Secondo l’Ovum Marketing Research Google Assistant dominerà il mercato dei dispositivi di intelligenza artificiale con una quota di mercato del 23,3%, seguita da Bixby di Samsung (al 14,5%), Siri di Apple (13,1%), Alexa di Amazon (3,9%) e Microsoft Cortana (2,3%).
Gli assistenti virtuali sono così importanti per la voce. La società di ricerca Gartner ha calcolato che il 30% di tutte le interazioni con i dispositivi tecnologici sono basate sulla voce, perché le persone possono parlare fino a quattro volte più velocemente di quanto possano scrivere e la tecnologia dietro l’interazione vocale migliora in continuazione.
Soprattutto in un ambiente come quello domestico, il rischio per Google era che al momento, quasi tutti quelli che iniziavano una ricerca generale a casa, partivano dalla home page di Google su un PC o un telefono. Ciò portava a una pagina di risultati piena di annunci di testo – che aiutano a generare circa il 90% delle entrate di Google e probabilmente più dei suoi profitti. Ma se le persone iniziano a cercare o ordinare beni ignorando Google, le entrate pubblicitarie diminuiscono.
Fra le nuove frontiere degli assistenti virtuali a cui stiamo andando incontro troviamo sicuramente il Metaverso per il quale ovviamente serviranno delle chatbots o degli AVI in grado di gestire al meglio le relazioni con il consumatore, in quanto sicuramente c’è bisogno di assistenza immediata nel momento in cui milioni di persone iniziano ad usufruire di una nuova piattaforma così complessa.

In alcune città italiane come Sorrento ci sono già degli assistenti virtuali come “Nina”, sviluppata grazie alla tecnologia di intelligenza artificiale, per supportare, guidare e facilitare il cittadino nell’accesso a documenti ed informazioni.
Infine, ponendo il fatto che la vendita nel digitale sta diventando qualcosa di estremamente personalizzato, potrebbe iniziare ad essere delegata all’assistente; perciò, la comunicazione diventerebbe diretta e one to one da parte degli assistenti virtuali, che in un’attività conversazionale “aumentata”, potrebbero persino diventare capaci di riconoscere gli stati d’animo del clienti e rispondere di conseguenza
Probabilmente non manca molto all’arrivo di un futuro vicino a quello che viene proposto nel film del 2013 “Lei” di Spike Jonze. All’epoca forse poteva sembrare un futuro quasi distopico ma adesso con i passi da gigante e le evoluzioni che sono stati fatti nel campo degli assistenti virtuali non sembra più un avvenire immaginario.

Come le “tech” rendono più semplice la quotidianità?

La tecnologia ha certamente cambiato e rivoluzionato la vita di ogni singola persona, soprattutto dai primi anni del ventunesimo secolo dove è avvenuto un avanzamento delle nuove tecnologie che hanno iniziato, a tutti gli effetti, a far parte della quotidianità. Nel corso dei secoli, la tecnologia è riuscita ad apportare cambiamenti sia positivi che negativi nella vita del singolo individuo, spingendolo in una costante evoluzione. La tecnologia ha radicalmente cambiato i comportamenti, abitudini ed azioni giornaliere influendo su molteplici aspetti quali comunicazione, lavoro, educazione e socializzazione. La tecnologia nasce, inizialmente, come una risposta alle necessità dell’uomo di semplificare e velocizzare i propri lavori e, soprattutto, per ridurre quasi allo zero l’errore umano.

Per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico è bene specificare che è necessario coinvolgere l’umanità all’interno della sua stessa essenza, ovvero l’innovazione deve necessariamente trasformarsi in una pluralità di scelte, azioni, comportamenti e applicazioni consapevoli e volute. Lo sviluppo tecnologico non può solo far evolvere le macchine o i sistemi digitali, ma è necessario renderli più efficienti e prestanti affinché qualsiasi persona sia in grado di utilizzarli e maneggiarli autonomamente. Lo sviluppo tecnologico dovrebbe essere guidato da cinque principi:
– Essere globale, ovvero comprendere l’intera umanità, non escludendo alcun individuo o popolo più retrogrado;
– Essere integrale, ovvero essere in grado di favorire le relazioni umane in ogni loro aspetto, senza concentrarsi unicamente sul mondo del lavoro, dei beni e dei servizi o dell’istruzione;
– Essere plurale, ovvero creare profitto e benefici non solo ad un gruppo ristretto di persone, ma garantire ricchezza a tutti;
– Essere fecondo, ovvero non concentrarsi unicamente sui benefici per la popolazione, ma concentrarsi anche sull’ecosistema e sull’ambiente circostante;
– Essere “gentile”, ovvero riconoscere il lato più sensibile dell’umanità, ascoltando le sue emozioni, aspettative, contraddizioni e gratificazioni che necessitano di maggior rispetto e tempo in confronto alle macchine e computer governati da algoritmi.

Negli ultimi anni si sta assistendo ad un’evoluzione tecnologica senza precedenti per la velocità con cui si è fatta spazio e si è insediata nella vita dell’individuo e che ha permesso di creare nuovi strumenti e servizi diventati ormai essenziali per l’uomo. Chiunque, al giorno d’oggi, utilizza la rete internet in qualsiasi momento della giornata, in ogni contesto e per svolgere qualsiasi funzione. Questa totale presenza online ha permesso di trasformare azioni fisiche quotidiane in azioni online. Oramai chiunque si è abituato ad essere svegliato dal suono squillante del cellulare, al comunicare “faccia a faccia” a km di distanza, al parlare e rispondere ad un assistente virtuale, ad ascoltare musica o guardare film e serie tv tramite piattaforme in abbonamento.

Turkle Sherry

La tecnologia è riuscita a farsi spazio nella vita di tutti i giorni, diventando a tutti gli effetti parte integrante della routine giornaliera, agevolando l’uomo in numerose mansioni, sancendo così una netta separazione tra “come si faceva prima” a “come si fa adesso”. Paragonando la vita di un ventennio fa a quella di oggi, si può rimanere esterrefatti davanti alla constatazione della presenza totalizzante della tecnologia. Le nuove tecnologie si potrebbero definire seducenti in quanto cercano di soddisfare la vulnerabilità umana. Turkle Sherry, sociologa, psicologa e tecnologa statunitense, nel 2012, si è soffermata sulla vulnerabilità umana in rapporto alla tecnologia, analizzando quanto gli uomini si sentano soli, ma hanno comunque paura dell’intimità, e sono costretti a rifugiarsi nelle connessioni digitali per sopperire alla solitudine, illudendosi di una effimera compagnia virtuale.

La vita in rete permette di crearsi false identità, di nascondersi dietro un velo, tanto che gli individui preferiscono comunicare attraverso uno schermo piuttosto che faccia a faccia, riducendo così al minimo il contatto umano. La psicologa si è soffermata anche sulle conseguenze di questa costante connessione, ovvero le ansie da disconnessione. Utilizzando il termine “nomofobia”, letteralmente no mobile phobia, si vuole definire la paura di restare senza il proprio cellulare, una paura che potrebbe generare stati di ansia e frustrazione in quanto “isolati” e non più in contatto con amici e familiari.

Si potrebbe dire che la tecnologia si è posta, a tutti gli effetti, al servizio del lifestyle, rendendo la vita più smart. È possibile parlare di FinTech, InsurTech, FoodTech e EnerTech riguardanti la trasformazione tecnologica e digitale rispetto ai settori finanziario, assicurativo, agroalimentare ed energetico. Uno dei cambiamenti più significativi riguarda la burocrazia poiché, grazie allo smartphone, è possibile accedere a qualsiasi conto bancario o identità digitale. Soffermandosi sul settore bancario, Ignacio Julià Vilar, Innovation Expert & Head of ING Digital Platform di ING, ha spiegato come il 70% delle interazioni dei clienti avviene online, di cui il 25% opera solo da mobile. L’introduzione della tecnologia all’interno del mondo degli elettrodomestici, chiamato smart home, ha permesso l’inserimento di strumenti collegati ad internet che semplificano le attività quotidiane, migliorano la qualità delle pulizie, risparmiano il tempo impiegato nelle faccende domestiche e migliorano le condizioni di vita.

All’interno di questo settore si possono trovare numerosi oggetti all’avanguardia come i sensori per controllare il sonno, i robot da cucina e da pulizia attivabili a distanza, i termostati intelligenti, le lampadine che cambiano intensità e colore a seconda delle abitudini e della luce naturale. L’aspetto che ha più impattato però sulla vita dei giovani riguarda le forme di intrattenimento. In passato era necessario andare al cinema o noleggiare un DVD, ad oggi invece sono aumentate le piattaforme di streaming che mettono a disposizione migliaia di film o serie tv direttamente sullo schermo. Anche le forme di intrattenimento stesse si sono evolute e modificate nel tempo creando nuovi format come i podcast audio e video e le sessioni di live streaming. In riferimento alle forme di intrattenimento, si può fare un’analisi dell’evoluzione della televisione e di come sia diventata una smart tv, ovvero un prodotto in grado di trasmettere contenuti personalizzati per il singolo utente piuttosto che quanto proposto dalle emittenti, ridefinendo le tempistiche di relax in una fruizione sempre più attiva. Le smart tv vengono collegate alla rete così da permettere di accedere a servizi online come la navigazione a internet, i video on demand e i servizi di streaming.

La tecnologia è un fattore abilitante che permette agli individui di risparmiare tempo e di compiere scelte di risparmio, abilitando servizi disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Simona Panseri, Communication and Public Affairs Southern Europe di Google, ha espresso la sua opinione riguardo sull’ascesa dei servizi vocali, come ad esempio i servizi di trascrizione live, poiché possono rappresentare un’agevolazione non indifferente alla vita di tutti i giorni. Gli assistenti vocali integrati nei telefoni, smart speaker e smartwatch, sono in grado di informare intrattenere, consigliare, comunicare e gestire autonomamente i dispositivi connessi. La tecnologia è riuscita ha fare enormi passi in avanti nel campo dell’accessibilità, implementando sugli smartphone e tablet servizi e strumenti semplici da utilizzare anche per i disabili. Tra i numerosi impegni della vita quotidiana rientra certamente il fare la spesa che, grazie al periodo pandemico del 2020, ha subito una forte digitalizzazione realizzando servizi di spesa online, semplificando un processo che avrebbe potuto richiedere diverse ore. In Italia, ancora oggi post pandemia, il 18% degli ordini viene effettuato online tramite computer, smartphone e tablet.

È bene specificare che quando si parla di “tecnologie che hanno rivoluzionato il mondo o il modo di vivere”, non si fa riferimento unicamente agli utenti online, in quanto la tecnologia ha portato numerosi vantaggi e cambiamenti anche nella vita al di fuori del World Wide Web. Infatti, sono stati fatti numerosi passi in avanti nell’intelligenza artificiale, applicabile a vari ambiti della medicina per ottenere diagnosi più rapide, accurate e avanguardistiche, o nel passaggio all’energia elettrica nel settore delle fonti sostenibili e/o rinnovabili o della mobilità o, addirittura, nelle automobili intelligenti in grado di muoversi in totale autonomia. Per quanto riguarda il settore automobilistico è bene soffermarsi sull’evoluzione della sicurezza quando si è alla guida e sugli Advanced Driver Assistance Systems, in particolare sui sistemi di rilevamento del traffico circostante, sul controllo automatico della vettura, sull’autopilota intelligente.

Il mondo della comunicazione e della socialità è certamente il campo più colpito, dove le conseguenze di questo cambiamento si percepiscono maggiormente, modificando le relazioni interpersonali e collettive. Le nuove tecnologie hanno annullato totalmente le distanze fisiche permettendo a chiunque di comunicare in tempo reale a qualsiasi distanza, restando in contatto tramite chat e altri programmi. Modificando il modo di comunicare tra le persone, inevitabilmente è cambiato anche il modo in cui si incontra l’amore, si conoscono persone e si costruiscono rapporti. Le app di messaggistica, oltre ad accorciare le distanze, permettono di ampliare le conoscenze e il bagaglio culturale di ogni singolo individuo, mentre le app di incontri, oltre a permettere di ampliare nuovi legami, sono state in grado di radunare persone che condividono interessi e passioni in community virtuali. Queste applicazioni hanno fatto nascere negli individui un forte bisogno di condividere e mostrare le proprie giornate, così da confrontare costantemente la propria vita a quella degli altri.

La tecnologia, in particolare il web, è riuscita a stravolgere la vita, portando moltissime delle azioni abituali nel mondo virtuale. Basti pensare a come è cambiato il modo in cui si cerca lavoro, a come si svolgono i colloqui tramite Skype, all’utilizzo di mail e PEC per le comunicazioni, all’utilizzato di Google Documenti per scambiare informazioni, documenti e file all’interno del team di lavoro o alla creazione di riunioni o meeting su Zoom. Il telelavoro è aumentato notevolmente grazie all’evoluzioni tecnologiche e alla facilità di connettersi da remoto. Anche il modo di acquistare ha subito numerosi cambiamenti, passando dal recarsi fisicamente in negozio all’acquisto, tramite internet, di qualsiasi bene o servizio. Pensando più in piccolo, anche il fumare è diventato più tecnologico grazie alla creazione della sigaretta elettronica o, ancora, il modo in cui si prenota o organizza un viaggio, utilizzando le numerose app che confrontano tariffe, orari ed esigenze.

Accanture, istituto internazionale addetto ai sondaggi tra la popolazione mondiale, si occupa di tematiche legate alla modernità e, una delle sue ultime ricerche, riguarda proprio la tecnologia. Accenture ha intervistato un campione di 800 consumatori in Italia e di 10mila nel complesso, dove il 77% degli italiani ritiene che la tecnologia semplifichi la vita e il 71% ritiene che l’abbia resa più divertente. Contemporaneamente ha anche evidenziato la presenza di numerosi fattori che possono allontanare il consumatore dalla fruizione di apparecchi tecnologici. In particolare si può notare che ciò che allontana dalle nuove tecnologie è la percezione comune di una complessità nel suo utilizzo. Per quanto riguarda la popolazione italiana, il 30% di loro temono la complessità della tecnologia, ma a livello mondiale la percentuale sale al 43% della popolazione. Inoltre il 62% degli italiani si è avvicinato alla tecnologia per la possibilità che offre di lavorare comodamente da casa, dati in aumento durante il periodo pandemico.

Entro il 2025 si stima che saranno oltre 50 miliardi di dispositivi connessi nel mondo. Questi dispositivi, utilizzabili in qualsiasi ambito della vita, dal lavoro al tempo libero, saranno dotati di sensori e funzioni automatiche, potranno essere indossabili o installati facilmente su ogni device. Sono stati eseguiti molteplici studi sulla tecnologia moderna e su quanto, questa, influisca sulla memoria, sui tempi di attenzione e sui cicli di sonno e su quanto questi dati potranno crescere negli anni. Le molteplici informazioni sempre a portata di mano e l’interattività delle applicazioni hanno modificato il modo di pensare e di sentire il mondo circostante.

La tecnologia, come è già stato detto, è in grado di migliorare la qualità e la quantità di vita sotto numerosi aspetti, ma è bene non dimenticare che può essere vista come un’arma a doppio taglio in quanto è in grado di alienare le persone, coltivare odio online, diffondere fake news o diventare uno strumento in grado di limitare o danneggiare la libertà personale. La rete certamente agevola e velocizza le attività umane in diversi ambiti, producendo numerosi vantaggi, potenziando aspetti essenziali per la vita umana come la socialità, la ricerca di informazioni e la gestione degli impegni. Occorre però fare una distinzione tra buona e cattiva tecnologia così da mettere in guardia gli individui ed evitare possibili drastici scenari. La tecnologia è solo uno strumento dato in mano ad un individuo in grado di gestirla e utilizzarla, ma è in base all’utilizzo e al contesto in cui viene applicata che può essere una discriminante positiva o negativa.

Si è discusso a lungo sugli effetti positivi e negativi che ha avuto la tecnologia, tanto che è necessario ascoltare entrambe le argomentazioni per svilupparsi una propria idea personale.

I vantaggi della tecnologia sono molteplici, come si può leggere in queste righe, ma è bene analizzarne alcuni più approfonditamente:
– La tecnologia dell’informazione ha subito notevoli miglioramenti in quanto internet è in grado di connettere chiunque, da qualsiasi parte del mondo, grazie ad un accesso veloce che permette di tenersi sempre aggiornati sugli avvenimenti mondiali, sulle notizie e le informazioni. Questo permette a chiunque di poter accedere a risorse e servizi comodamente da casa o da dove si preferisce.
– La tecnologia ha portato una maggiore efficienza nei processi di lavoro, sostituendo buona parte del lavoro manuale con macchine intelligenti, più veloci e produttive. Si è riscontrata una maggiore efficienza per le aziende, riducendo i costi sia per i produttori che per i consumatori.

Tra i pochi svantaggi della tecnologia, si possono analizzare:
– L’aumento delle differenze sociali in quanto la tecnologia è comunque costosa e risulta spesso difficile stare al passo con le ultime tendenze se non ci sono le possibilità economiche. Questa problematica viene chiamata digital divide ed ha causato un forte divario tra chi ha accesso alle ultime tecnologie e chi deve accontentarsi di una tecnologia più arretrata.
– Il problema disoccupazione, infatti con l’aumento di macchine industriali, utilizzate per svolgere attività inizialmente manuali, si è visto una sostituzione uomo-macchina. Questo però non è del tutto vero, o meglio, sono aumentate le opportunità di lavoro per persone con qualifiche adeguate, in grado di appoggiare e favorire il cambiamento.
– Il problema di isolamento causato dal mondo digitale che limita il contatto umano, favorendo un distacco sociale tramite schermo o internet.
– I problemi di privacy e sicurezza, in quanto le nuove tecnologie includono e sfruttano i dati personali, le carte bancarie, gli account per conoscere meglio i gusti e le abitudini della popolazione. La privacy è un ricordo del passato in quanto, ogni persona, è localizzabile.

Nuove tecnologie e la didattica a distanza

L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus Covid-19 ha costretto i Ministri dell’istruzione a ripensare al modello scolastico e alle modalità con cui erogare gli insegnamenti, dando così origine alla DAD, acronimo di didattica a distanza. Questa pandemia deve essere però guardata come un’opportunità di miglioramento, in quanto si è riscontrato un avvicinamento, da parte di tutte le fasce d’età, alla tecnologia. La DAD non è unicamente da vedere in maniera negativa, bensì uno degli aspetti positivi è rappresentato dall’alzamento del livello di conoscenza tecnologica dello studente che è stato costretto ad adattarsi e migliorarsi. Certamente però, ai primi posti tra gli aspetti negativi, vi è la mancanza del rapporto tra insegnate e studente, l’inclusione dei soggetti più problematici che faticano a stare attenti e attivi durante le lezioni e la difficoltà di approfondimento e concentrazione per via dei problemi di dispositivi (45%) e di connessione (41%).

L’aspetto che dovrebbe preoccupare maggiormente è quello psicologico, in particolare la mancanza di convivialità e di socialità che portano ad una mancata interazione sociale. La mancata interazione con il proprio gruppo sociale è un aspetto fortemente penalizzante. Si è sempre detto che la tecnologia è in grado di sostituirsi all’attività umana, ma è con la DAD che si è compreso come il confronto e lo scambio diretto siano necessari per la crescita di un individuo. Il momento della scuola e del contatto con i compagni di classe rappresenta una delle esperienze più significative per un adolescente, in quanto permette di definirlo come identità sociale.

Occorre approfondire l’analisi condotta da Ipsos per Save the Children che analizza opinioni, stati d’animo e aspettative degli studenti rispetto la DAD. Il focus della ricerca è la chiusura forzata delle scuole che ha coinvolto oltre 2,5 milioni di adolescenti tra i 14 e i 18 anni e cerca di tracciare il bilancio post primo anno di didattica a distanza. I risultati dimostrano come la maggioranza degli studenti (62%) valuta positivamente la DAD, il 38% ne parla negativamente e per il 35% la propria preparazione è peggiorata. Inoltre è emerso come l’assenza da scuola ha portato ripercussioni negative sulla capacità di studiare (40%), sul rendimento scolastico (27%) e sull’aumento di dispersione scolastica.

Oltre alle ripercussioni sul fronte educativo, sono da segnalare anche gli effetti legati alla socialità e alla sfera emotiva, in quanto l’85% dei ragazzi ritiene che il 2020 sia stato un anno sprecato, il 60% ritiene di aver subito ripercussioni sulla propria capacità di socializzare e sull’umore e il 63% si è sentito derubato della possibilità di vivere esperienze sentimentali e relazionali. In conclusione a questa analisi è emerso che gli studenti si sentono più stanchi (31%), incerti e preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati e nervosi (14%), apatici (13%) e scoraggiati (12%). Tra le conseguenze della pandemia sono da considerare sicuramente la perdita di apprendimento e di motivazione dei giovani che porterà a conseguenze negative nel medio-lungo termine sulla loro crescita educativa.

La “timeless chain”: il crollo del rapporto spazio – tempo nell’epoca dello smart working

“Lo spazio e il tempo sono modi in cui pensiamo, non una condizione in cui viviamo”, affermava Albert Einstein. Oggi, la connessione digitale dà vita a spazi di collaborazione virtuali condivisi, ecosistemi digitali con modalità relazionali che ben si prestano all’inclusività, alla valorizzazione dei talenti, alla riduzione dello spreco di risorse fatte di materia, energia, ma anche di tempo, che insieme alla qualità. Cosa è cambiato nel nostro modo di lavorare durante questo periodo di pandemia globale? Per capirlo è necessario prima di tutto comprendere un’importante da dove deriva il concetto di Smart Working.

Parliamo dunque di “lavoro agile” o “smart working” che, nella sua versione anglosassone, è entrato ufficialmente nel nostro ordinamento soltanto di recente poiché è stata la Legge n. 81/2017 ad introdurre questa nuova tipologia contrattuale caratterizzata da un’articolazione flessibile del lavoro subordinato nel tempo e nello spazio.

Il “lavoro agile”, nella definizione che ci restituisce l’art. 18 della sopracitata legge, è caratterizzato, infatti, dall’assenza di “precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro”.

Spazio e tempo, dunque, si contaminano in un intreccio che rende difficile capire dove esattamente finisca uno e dove inizia l’altro. Permane un limite che è quello “di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale” fissato dalla Legge e della contrattazione collettiva. Quasi a voler ribadire che c’è un tempo per il lavoro e un tempo da dedicare alla sfera privata, ovvero la chiara volontà di indicare che non debba sussistere una tale contaminazione.
In realtà le caratteristiche dello “smart working” lo rendono tale da poter essere considerato una prima forma di realizzazione concreta del concetto di time porosity, ossia, la contaminazione tra tempo di lavoro e tempo personale. L’obiettivo, nell’ottica del legislatore, è quello di favorire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro e di creare, al contempo, degli ambienti lavorativi fluidi e dinamici.

Il tutto realizzato grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie che consentono uno scambio veloce delle informazioni anche a chi non si trova fisicamente nello stesso luogo. Per poter essere uno smart worker, l’art. 19 della Legge 81/2017 prevede la stipula di un accordo in forma scritta.

L’accordo regolamenterà l’esecuzione all’esterno dei locali aziendali della prestazione lavorativa, nonché le modalità di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e i tempi di riposo del lavoratore.
Tale accordo dovrà essere trasmesso dalle aziende ai Servizi per l’impiego tramite la piattaforma dedicata sul sito del Ministero del Lavoro (cfr. comunicato Min. Lav. del 15 novembre 2017).

L’accordo, sempre secondo l’art. 19, può essere a tempo determinato o indeterminato. In quest’ultimo caso il recesso potrà avvenire soltanto con un preavviso non inferiore ai 30 giorni. È sempre ammesso, invece, il recesso da parte di entrambi i contraenti in presenza di un giustificato motivo.

Il lavoratore agile, a parità di mansioni, ha inoltre diritto allo stesso trattamento economico e normativo degli altri lavoratori essendo a quest’ultimi equiparato a tutti gli effetti.

L’accordo individuale di smart working, oltre a disciplinare le modalità di esecuzione a distanza della prestazione lavorativa, deve prevedere, per espressa previsione di Legge, anche i tempi di riposo del lavoratore. Si tratta di quello che viene definito il “diritto alla disconnessione intellettuale”. Lo scopo di suddetto diritto è quello di rendere il lavoratore irreperibile per un certo periodo ed evitare così eccessive intrusioni del tempo del lavoro nella porosità degli spazi che la vita privata lascia irrimediabilmente vuoti. Il diritto alla disconnessione altro non è che una forma di protezione del tempo, forse un tentativo di recupero di quella divisione rigida tra vita privata e vita lavorativa tipica delle società industriali.
Un retaggio culturale che, nonostante il progresso tecnologico e la fluidità delle nuove forme sociali, pesa ancora sul nostro modo di pensare al lavoro.

Se prima c’era un meccanismo fisico, il cancello della fabbrica, a scandire bene il tempo del lavoro e il tempo per fare altro, ora c’è un meccanismo non-fisico ed è lo stesso lavoratore che, nel rispetto dei suoi obblighi e doveri, sceglie se e quando chiudere quel cancello.

Il diritto alla disconnessione altro non è che il momento in cui la contaminazione tra vita lavorativa e vita privata finisce e gli spazi lasciati vuoti dal tempo tornano ad essere tali. Altro non è che un modo per evitare che la contaminazione s’irrigidisca e che il tempo perda, così, tutta la sua elasticità.

Qui una domanda sorge spontanea: Telelavoro e Smart Working sono la stessa cosa?

La pandemia da Covid-19, con la necessità di limitare gli spostamenti e gli assembramenti, ha spinto molte aziende ad abilitare il lavoro da remoto per molti dipendenti. Questo fenomeno è stato spesso chiamato Smart Working o Lavoro Agile ma, in realtà, questa risposta emergenziale è più assimilabile al concetto di Telelavoro o lavoro da remoto.

Fare Smart Working, infatti, non vuol dire semplicemente lavorare da casa, ma abbracciare una vera e propria trasformazione organizzativa e culturale in azienda. E non è soltanto una questione concettuale, ma anche normativa e contrattuale. Quali sono allora queste differenze? Vediamo qui di seguito:
Con il termine Telelavoro, presente nei nostri dizionari da molti anni prima del termine Smart Working, si fa riferimento ad una prestazione di lavoro effettuata regolarmente al di fuori della sede di lavoro con il supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

L’attività lavorativa è eseguita in una sede diversa rispetto a quella del datore di lavoro; il dipendente svolge le proprie attività avvalendosi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; l’organizzazione delle attività e i tempi di lavoro sono flessibili.

Inoltre, la normativa prevede che per il telelavoro sia predisposta una postazione di lavoro distinta dagli spazi dedicati alle attività domestiche e familiari. La workstation, oltre a dover essere idonea – ad esempio in termini di abitabilità, climatizzazione, illuminazione –, è a carico del datore di lavoro responsabile anche delle spese relative ai consumi energetici, telefonici e del mantenimento degli standard di sicurezza.

Il Telelavoro è rigidamente disciplinato per i contratti di lavoro subordinato, sia per il settore pubblico (D.P.R. 8 marzo 1999, n. 70) che per quello privato. Anche a livello normativo, dunque, il Telelavoro è molto più datato. Basti pensare come lo Smart Working sia disciplinato soltanto dal 2017, in seguite alla Legge n.81/2017, cosiddetta Legge sul Lavoro Agile.

In particolare, nel caso del Telelavoro è fondamentale indicare il luogo dove si svolge l’attività lavorativa. Si può così classificare in: Telelavoro a domicilio: il lavoratore svolge la prestazione dalla propria abitazione; Telelavoro mobile: l’attività lavorativa viene svolta in luoghi diversi tramite l’uso di dispositivi come PC o telefono cellulare; Telelavoro remotizzato: il lavoro viene svolto in “sedi satellite” lontane da quella centrale; Telelavoro office to office: il lavoratore svolge le proprie attività dalla sede centrale ma fa parte di un gruppo di lavoro sparso per il mondo, con cui collabora tramite connessione Internet; Teleimpresa: l’impresa opera totalmente o parzialmente online.

Lo smart working dunque rappresenta l’evoluzione di un’altra modalità di lavoro da remoto, il telelavoro, disciplinato per il settore privato dall’Accordo Interconfederale del 2004/17 e per quello pubblico dalla Legge 191/199818, che recepisce l’Accordo Quadro europeo del 202019: “il telelavoratore svolge l’attività lavorativa in postazione fissa esclusivamente al di fuori dei locali dell’impresa negli orari prescritti dall’azienda ed è soggetto a controlli ispettivi da parte del datore di lavoro; la caratteristica principale del lavoro agile, invece, non risiede nel luogo della prestazione, ma nell’autonomia del lavoratore nel modus operandi per il raggiungimento dei risultati concordati.”

Un lavoro smart abbraccia valori di fiducia e inclusività in ambienti collaborativi, con un management in grado di costruire una fitta rete di relazioni svincolata dai tempi e dai luoghi e ancorata sugli obiettivi di miglioramento continuo, superando i concetti di stretto controllo e gerarchizzazione delle relazioni in favore di un maggior empowerment del lavoratore. Per arrivare a tutto ciò è però necessaria una capacità di pianificazione degli standard di performance e degli obiettivi da raggiungere sistematica e metodica, ma soprattutto comunicata in modo chiaro e calibrata su tempi e sulle skills dei propri lavoratori.

Smart non significa solo a distanza

Considerare smart il lavoro a distanza d’emergenza non è sempre appropriato: nella maggior parte dei casi si è trattato di una novità per molte realtà, spesso non pronte ad un’innovazione di tale portata, tanto da configurarsi come una semplice traslazione delle attività ordinarie dall’ufficio al domicilio, meglio definibile come home o remote working.

La necessità di distanziamento sociale ha, di fatto, sospeso il diritto di recesso e gli accordi individuali e talvolta ha aumentato il carico e allungato gli orari di lavoro, pur essendo riconosciuto il diritto alla disconnessione dall’Art. 19 della L. 81/2018.

I lavoratori da remoto durante la pandemia hanno lavorato di più e sono stati soggetti allo “stress da tecnologia”, generato da una percezione di sovraccarico dovuto dagli strumenti e device tecnologici, con una tendenza a sentirsi costretti a lavorare più velocemente e più a lungo e ad essere costantemente raggiungibili. Il rischio a cui si va incontro è quello di percepire una netta intrusione del lavoro e della tecnologia nella vita privata, familiare e dall’esperienza della complessità nell’approccio con le tecnologie.

Nel contesto del lavoro digitalizzato già prima dell’emergenza erano state individuate alcune criticità: orario più imprevedibile e irregolare, intensificazione del lavoro, rischi per la salute (stress, ansia, mal di testa, affaticamento agli occhi), presenteismo virtuale.

I lockdown di questi ultimi anni e mesi e l’obbligo per milioni di italiani di trasferire la propria occupazione in casa può aver distorto alcuni aspetti del lavoro agile, aumentando la percezione di isolamento e alterando le aspettative reciproche di lavoratore e datore di lavoro, ma studiare le dinamiche di smart working in tempo di crisi sanitaria può aiutare a capire in che modo possono essere gestite anche in fase post-emergenza, riducendo i fattori di rischio di stress, recuperando lo spirito originario di flessibilità, autonomia, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti.

La pandemia da Covid-19 ha dimostrato la centralità delle digital skills, che consentono ai cittadini di accedere a informazioni e servizi utili a tutta la comunità e in tempi di crisi hanno permesso al sistema sanitario, ai dipendenti pubblici, al mondo della scuola e alle imprese di proseguire le loro attività. Nonostante il dato medio europeo sia in crescita (dal 55% nel 2015 al 58% nel 2019), gran parte della popolazione europea non ha competenze digitali di base, elemento ormai imprescindibile per il mercato del lavoro.

L’esperienza degli ultimi mesi ha portato alla luce la stretta connessione tra smart living, smart working, smart city, evidenziando quanto modelli alternativi di lavoro influiscano sulle abitudini di vita e sulle città. Una completa flessibilità geografica, impossibile durante la pandemia, consente, in condizioni ordinarie, di bypassare il work-from-home in direzione del work-from-anywhere, che, rispetto alla prima opzione, aggiunge alla libertà nella gestione del tempo un vantaggio supplementare: la possibilità di scegliere dove vivere o trasferirsi in luoghi dove il costo della vita potrebbe essere anche minore.

Secondo gli ultimi dati OCSE, in Italia si lavora mediamente 33 ore a settimana, 3 ore in più rispetto alla media dell’area dell’euro, quasi un giorno in più rispetto a Germania e Danimarca.

La produttività italiana, tuttavia, resta tra le più basse d’Europa. Secondo alcune stime lo smart working può portare ad un aumento della produttività in media del 15%, con benefici per il Paese per 13,7 miliardi di euro e un risparmio annuale individuale di 40 ore di spostamenti e 135 kg di CO2 anche solo con una giornata di remote working a settimana.

Una gestione intelligente del tempo consente di lavorare meno e meglio, nel rispetto della Work – Life – Balance. Infatti, se da un lato il decentramento e la rarefazione offerti dal lavoro da remoto hanno tutelato i lavoratori durante la pandemia, aumentando la qualità della vita sotto molti aspetti, dall’altro, come dimostrato da un recente sondaggio di Eurofound, ha portato alla diffusione della percezione di solitudine (20% dei giovani under 35) e scarso ottimismo per il futuro (64%); durante l’emergenza 4 dipendenti su 10 hanno iniziato il lavoro a distanza, e più di un quarto dei lavoratori a distanza aveva figli sotto i 12 anni e ha riscontrato difficoltà di concentrazione sul lavoro e conciliazione delle sfere personale e professionale.

Quest’esperienza collettiva ha riacceso la necessità di vivere a stretto contatto con la natura e conciliare tempo libero, famiglia e lavoro e in futuro potrà incidere sul mercato immobiliare e sulla possibilità di ridare vita ai borghi. Il potenziale aumento di permanenza all’interno degli spazi domestici dato da un nuovo lockdown o dalla scelta di adottare modalità di lavoro flessibili porta ad una nuova e più attenta visione della progettazione edilizia.

In questa direzione, i possibili ambienti dello smart working (da casa a uffici, spazi di coworking decentrati o flexible office con postazioni su prenotazione) devono prevedere interventi di re-design e riqualificazione energetica, integrando le necessità di distanziamento, ventilazione continua e igiene per garantire sicurezza, ergonomia e qualità dell’ambiente.

 

Previsione di nuove tecnologie e/o evoluzione delle precedenti in ambito domestico, lavorativo e educativo che potranno ulteriormente modificare la vita dell’uomo

Minimizzare il consumo energetico e massimizzare il comfort e la sicurezza degli occupanti: questi sono gli elementi chiave di un edificio smart che non costituisce più un edificio del futuro, ma oramai del nostro presente. Era tutto chiaro già prima della pandemia, con i quasi 4 miliardi di fatturato in fortissima crescita del comparto smart building e smart home (dato 2018), ma ora è una certezza.

Prof. Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente dell’università Bocconi dice:
La casa è una sineddoche, non è un’entità isolata, ma fa parte di una interconnessione: è il luogo dove essere raggiungibili, non dove rifugiarci. Una piattaforma di servizi, dove vivere e svolgere attività tra didattica e lavoro”.

Safe, Secure, Sustainable, Smart and Service oriented: la Smart Home va rivista come il più grande asset degli italiani, “6 mila miliardi in mattoni e briciole in tecnologia e processi. La più grande forma di investimento del Paese è fatta di sassi e non di bit e silicio. Ma oggi il suo valore aumenta non tanto per la posizione, ad esempio, ma per la sua capacità digitale” conclude il docente.

DOMOTICA E TECNOLOGIA:

Il progressivo sviluppo dell’uomo dipende dalle invenzioni. Esse sono il risultato più importante delle facoltà creative del cervello umano.
Così parlava Nikola Tesla, inventore e ingegnere serbo del XX secolo. Ed effettivamente, se ci pensiamo, è proprio l’innovazione che – secolo dopo secolo – ha aperto le porte del progresso umano permettendoci di migliorare la qualità delle nostre vite.
In particolare, la tecnologia ha investito con le sue nuove applicazioni in tutti i campi della quotidianità: anche la casa. Dalle soluzioni energetiche a quelle domotiche, sono molte le innovazioni che stanno rivoluzionando la vita di tutti i giorni. A chi si rivolgono? A chiunque voglia ottimizzare la propria abitazione e rendere il proprio nido più efficiente ed accogliente.

LA TECNOLOGIA A SERVIZIO DELL’AMBIENTE:

Da dove proviene l’energia che consumi?

Quali sono i costi che devi affrontare ogni mese?

Qual è l’impatto della tua casa sull’ambiente?

Queste sono solo alcune delle domande che ti puoi fare per auto valutare l’efficienza energetica della tua abitazione. Conoscere lo stato attuale delle cose e la struttura dell’edificio ti consentirà di capire quali soluzioni adottare per migliorare il luogo in cui viviamo.

Fotovoltaico:
Grazie alla posizione geografica strategica del nostro paese, possiamo sfruttare l’energia solare su ampia scala vista l’alta quantità di ore di luce durante una giornata. Si va, infatti, da un minimo di 9 ore durante l’inverno, al picco di 15 ore nel periodo estivo. Per questa ragione, da circa 5 anni si è diffuso l’utilizzo di sistemi fotovoltaici all’interno delle abitazioni.
Si tratta sostanzialmente di un assemblaggio di moduli fotovoltaici, cioè strumenti in grado di catturare la luce del sole e convertirla in energia elettrica. Esistono due principali tipologie di impianti:
A isola – o stand-alone, – non sono connessi alla rete di distribuzione dell’energia elettrica quindi sfruttano direttamente sul posto quanto prodotto. I sistemi più avanzati sono detti “di accumulo” perché sono in grado di conservare l’energia prodotta da utilizzare in caso di necessità.
“Connessi in rete” – o grid-connected – chiamati così perché connessi, appunto, alla rete elettrica di distribuzione e spesso anche all’impianto elettrico del privato.

Molti sono restii ad adottare il fotovoltaico come forma alternativa di energia perché si sono diffusi numerosi falsi miti che lo riguardano: uno su tutti è l’aspetto estetico. Giustamente quando immaginiamo un pannello fotovoltaico, proiettiamo davanti ai nostri occhi l’immagine di un elemento ingombrante che rovina la bellezza dell’edificio.
Tuttavia, non tutti conoscono l’esistenza del BIPV – Building Integrated PhotoVoltaics. Si tratta di una serie di tecniche volte ad integrare l’impianto fotovoltaico all’interno dell’edificio come, ad esempio, l’inserimento di pannelli con anche la funzione di infisso.
Non si possono stabilire a priori i costi del lavoro di posa e installazione di pannelli fotovoltaici, tutto dipende dal servizio richiesto: il BIPV, ad esempio, richiede più tempo ed attenzione, per questo avrà necessariamente costi più elevati; così anche gli impianti di accumulo, perché prevedono anche l’installazione del generatore per conservare la corrente.
Il vantaggio di questo sistema è che lungo termine consente di risparmiare grosse cifre sulla bolletta della luce: in media ci vogliono 5/6 anni per ammortizzare i costi sostenuti per la posa e la manutenzione dell’impianto, successivamente sarà tutto guadagno.

Solare:
Uno degli errori più diffusi tra le persone che parlano di fonti energetiche alternative è proprio quello di confondere i pannelli fotovoltaici con quelli solari termici: per alcuni, infatti, i due termini sono sinonimi quando, in realtà, indicano due strumenti con funzioni ben diverse tra loro. I collettori solari sono dispositivi che hanno il compito di convertire le radiazioni solari in energia termica. Questa può servire, ad esempio, per produrre acqua calda e riscaldare e raffreddare le stanze. Oggi si parla molto di solar cooling, cioè uno dei tanti benefici derivanti dall’utilizzo di pannelli solari termici e fotovoltaici che consente di climatizzare la casa sfruttando l’energia del sole. Con il calore possiamo raffreddare le nostre stanze riducendo i costi di consumo energetico estivi dovuti all’utilizzo intensivo di impianti di climatizzazione.
Sostituire il vecchio scaldabagno con un impianto solare termodinamico porta un altissimo numero di vantaggi tra cui la riduzione delle emissioni di CO2 e pm10: questo renderà la nostra casa molto più green con un impatto sull’ambiente nettamente più basso.

Energia geotermica:
Il suolo è ricco non solo di sali minerali utili per le piante, ma anche di energia presente in modo costante. A partire da circa 10 metri di profondità, infatti, il sottosuolo ha una temperatura costante – anche durante le stagioni più rigide dell’anno – che si aggira tra i 12° e i 15°. Questa particolare caratteristica ha permesso all’uomo di estrarre questo calore e di utilizzarlo non solo per riscaldare ma anche per raffreddare la casa.
L’energia termica raccolta, in genere, viene fatta passare attraverso pannelli a pavimento o a parete – ovvero impianti a bassa-media temperatura – oppure va a riscaldare l’acqua fino ad arrivare ad una temperatura di 60°. Nonostante l’energia geotermica sia disponibile su tutto il territorio, prima di procedere all’installazione di questo tipo di impianto bisogna conoscere bene la composizione del sottosuolo.
In generale, un impianto di energia geotermica si aggira intorno ai 15.000€/20.000€ senza contare gli adeguamenti per la coibentazione dell’edificio: installare un impianto di riscaldamento con una casa che disperde il calore non è un ottimo investimento.

LA TECNOLOGIA PER UNA CASA SMART:

Esistono diverse soluzioni per tutelare l’edificio partendo anche da idee molto semplici e non eccessivamente costose.
Il primo strumento di cui possiamo dotare la nostra abitazione è il videocitofono. Esso consente di vedere chiunque vi si trovi davanti. Ce ne sono di diversi tipi: con la telecamera in bianco e nero, a colori; con i sensori di movimento che si attivano ogni volta che qualcuno passa davanti al citofono; con codice di sicurezza per aprire il cancello.
Il sistema principale di videosorveglianza, in genere, prevede l’installazione di videocamere non solo all’interno, ma anche all’esterno dell’abitato. Si può creare un sistema collegato ad un servizio di sorveglianza attivo 24/7, tuttavia può risultare molto dispendioso; per questa ragione, negli anni, è nata la possibilità di poter controllare autonomamente ciò che sta accadendo all’interno della propria casa da remoto.
In sostanza, si tratta di collegare la videosorveglianza alla rete. Questo collegamento consentirà alle telecamere di trasmettere le immagini in diretta sull’app dei padroni di casa. Attraverso l’applicazione, inoltre, è possibile zoomare e cambiare inquadratura per migliorare, così, il posizionamento delle telecamere.

Arredamento tech:
La tecnologia ci viene incontro anche in questo caso fornendoci degli strumenti per semplificare la nostra vita di tutti i giorni.
Un curioso nuovo elettrodomestico – se così si può definire – è il vaso che annaffia le piante. Questo vaso, grazie ai quattro sensori, riesce ad individuare la migliore posizione della pianta in modo tale che abbia luce a sufficienza durante la giornata, ci ricorda di bagnare la pianta e regola autonomamente i livelli d’acqua.
Passando ad oggetti davvero rivoluzionari, Foodini è uno di questi. Si tratta in pratica di una stampante 3D creata in grado di creare ravioli, cracker, pane non in plastica, ma in carne e farina. Basta inserire gli ingredienti e la stampante farà il resto, in questo modo avremo cibo fresco sempre a disposizione.
Il multitasking è una capacità che non tutti hanno, ma la tecnologia ci può venire incontro per ottimizzare il nostro tempo.
Ecco che nasce da Whirlpool il piano cottura tablet, un piano ad induzione che consente di trasformare parte della piastra in un device da cui poter ascoltare musica, guardare video, consultare le mail, leggere le ultime news e nello stesso momento controllare l’avanzamento della cottura.

Domotica:
Automatizzare la quotidianità è possibile grazie alla casa smart: un ambiente dotato di un’intelligenza artificiale tanto avanzata da conoscere le abitudini di chi lo abita. Prendiamo ad esempio la regolazione della temperatura: se il padrone di casa gradisce 20°, il sistema si occuperà di mantenere i gradi costanti nonostante eventuali sbalzi dovuti al clima esterno.
La domotica in realtà ha altri riscontri oltre alla semplice regolazione automatica della temperatura di casa. Ad esempio consente di programmare tutti gli elettrodomestici della casa collegati alla rete del computer centrale: è possibile regolare i gradi del frigorifero, preriscaldare il forno, scegliere il programma della lavatrice e avviarla ad un dato orario. Insomma, uno strumento con funzionalità pressoché infinite. Molti confondono l’IoT con la domotica progettata credendo siano la stessa cosa. In realtà l’Internet of Things integra gli oggetti di uso quotidiano con la rete. Proprio per questo stretto legame con Internet, i device sono attivi solo se connessi. Questa è la prima differenza con la domotica in senso stretto: infatti, i sistemi di Home Automation sono in grado di funzionare anche senza l’accesso ad Internet.
La domotica presenta impianti ben strutturati: tutti i dispositivi connessi sono regolabili da un’unica piattaforma. Per contro, l’IoT presenta device singoli e indipendenti per cui, a fronte di tante necessità, è necessario avere sistemi di controllo diversi.
Il bello di una casa domotica è che risulta facilmente gestibile anche da remoto attraverso l’integrazione con un’app per smartphone.

Si possono, inoltre, creare degli ambienti preimpostati come il “notturno” che abbassa le tapparelle, spegne le luci e riduce al minimo i consumi di cucina e salotto, ad esempio; oppure la modalità “vacanza” in cui si limitano gli sprechi energetici, si attiva l’allarme e si attivano delle luci temporizzate per simulare la presenza di alcune persone nella casa.
Se da un lato qualcuno può pensare che la domotica serva solo a creare una casa per pigri, dall’altro molti non conoscono i benefici che l’Home Automation può portare all’ambiente e alla salute. Viviamo, infatti, in un mondo ultra-tecnologico e siamo circondati da onde elettromagnetiche provenienti da tutti gli apparati elettronici che abbiamo in casa.
Il sistema domotico ci consente di circoscrivere il raggio di azione delle onde confinando oggetti – uno tra tutti il router wi-fi – solo in alcune aree della casa senza naturalmente andare ad intaccare la funzionalità degli strumenti. In più permette di gestire l’accensione e lo spegnimento dei vari device consentendo di limitare la dispersione delle onde elettromagnetiche specialmente durante le ore notturne.

Realtà aumentata e nuove prospettive educative

Lo sviluppo delle nuove tecnologie a supporto della didattica ha determinato l’inarrestabile crescita dei modelli d’insegnamento e apprendimento a distanza, sempre più flessibili ed efficaci, basati sull’utilizzo delle tecnologie digitali.
Ad oggi è sicuramente possibile individuare diversi ausili tecnologici adoperati, al pari di differenti risorse didattiche per l’apprendimento, come i software specifici per la didattica, noti con il nome di edu-software, le risorse elettroniche, come archivi di immagini e video, e gli ambienti tecnologici per l’apprendimento.
In questo scenario, però, le tecnologie non sono state utilizzate in modo del tutto equo nei diversi contesti educativi. Infatti, è possibile individuarne l’utilizzo negli approcci didattici prettamente ad indirizzo scientifico, come l’insegnamento della matematica, della fisica o della chimica; nell’area umanistica, già è possibile osservare un utilizzo moderato delle nuove tecnologie, mentre nell’ambito delle attività motorie hanno trovato impieghi poco significativi. 

La pratica di attività motorie come strumento educativo rappresenta un momento di crescita sia sotto il profilo fisico che sotto il profilo intellettivo e può anch’essa trovare punti di contatto significativi ed opportuni con le nuove tecnologie informatiche. Proprio per questo motivo, gli studiosi si sono posti l’obiettivo di dimostrare come sia possibile utilizzare le nuove tecnologie informatiche, limitatamente ad alcune sue forme, per integrare i classici approcci formativi adoperati nel mondo delle attività motorie, proponendo l’utilizzo di specifici ausili tecnologici per la fase di valutazione dei gradi di abilità conseguiti dagli studenti.

Al fine di determinare la metodologia e le tecnologie più adeguate per la valutazione motoria si sono analizzati i contributi scientifici più significativi, ponendo particolare enfasi sui requisiti che gli strumenti adoperati devono possedere per un corretto, efficace e non invasivo impiego anche in contesti educativi.
Gli strumenti sono stati classificati in funzione dell’applicabilità nei diversi momenti valutativi dell’attività motoria, in funzione dei requisiti di input/output richiesti e delle relative caratteristiche fisiche e tecnologiche. 

Dopo aver definito i MET – Metabolic Equivalent Task, cioè strumenti per la valutazione dell’attività motoria, è stato sviluppato un sistema ITS – Intelligent Tutoring System, cioè un software in grado di emulare le prestazioni di un tutor, specificatamente progettato ed implementato per l’utilizzo nell’attività motoria. L’aspetto più innovativo del sistema è rappresentato dal modello studente che, attraverso l’implementazione con tecnologie proprie dell’intelligenza artificiale, come la logica Fuzzy e le Reti Neurali, garantisce una classificazione delle attività motorie con schemi di valutazione e codifiche assolutamente affini a quelle effettuate, nella realtà, dai docenti. 

La tecnologia proposta è stata oggetto di diversi step di valutazione, legati ad aspetti simulativi e sperimentali. In particolare è stata organizzata una sessione di valutazione presso una scuola media di Enna, in cui i ragazzi hanno svolto un programma di attività motoria predisposto dal loro docente di educazione fisica attraverso una console di Active Video Gaming, la Nintendo Wii, “giocando” con il video-game “EA Active Sports” ed indossando un accelerometro della Nike connesso con un iPod della Apple. Alla fine del percorso di attività motoria il sensore è stato collegato al PC e il modulo studente implementato ha opportunamente valutato l’attività fisica espletata, per mezzo di una comparazione tra il consumo calorico atteso, predeterminato attraverso i MET delle diverse attività, e quello realmente misurato dal sensore indossato. Le sperimentazioni proposte hanno fornito indicazioni di assoluta affinità tra le valutazioni dei docenti e quelle fornite dal modulo studente. La proposta descritta vuole rappresentare una modalità educativa, in quanto consente agli studenti di svolgere esercizi di educazione motoria, al pari delle altre discipline, in maniera autonoma. Il sistema proposto, inoltre, fornisce loro una valutazione oggettiva della “prestazione” eseguita che consente loro di monitorare i loro progressi formativi.”

Il vantaggio dell’apprendimento con l’utilizzo della Realtà aumentata risiede principalmente nel fatto che non ci sono errori “veri” nella situazione di connettività. Ad esempio, se un vigile del fuoco impara a combattere i vari tipi di fuochi, o un chirurgo impara la chirurgia laparoscopica in una situazione di realtà aumentata, non vi sono conseguenze reali se si commettono degli errori durante l’esercitazione. 

Viceversa, questo tipo di formazione offre l’opportunità per un apprendimento più autentico ed il ricorso a molteplici stili di apprendimento. Attualmente in rete sono disponibili dei filmati che testimoniano la radicale trasformazione nella percezione dello spazio da parte dei fruitori della nuova tecnologia anche se molto probabilmente rappresentano solo una metafora del potenziale educativo che la realtà aumentata sarà in grado di offrire tra qualche anno  . Di fronte a questa novità di rilievo in particolare nella didattica si renderà necessario sviluppare programmi di ricerca in grado di fornire importanti indicazioni circa l’introduzione della Realtà aumentata: se e come influenza i processi cognitivi e i processi di insegnamento-apprendimento tenendo presente che tali processi dovrebbero essere più efficaci grazie al minor carico mnemonico e alla possibilità di associare le informazioni teoriche ad attività pratico-sperimentali; i processi di apprendimento sarebbero facilitati, inoltre, dalla duplice dimensione di sperimentazione attiva all’interno della realtà fisica e di quelli più astratti presenti nella realtà virtuale trasformando, inoltre, il processo di apprendimento in una attività con aspetti ludici.

Dovrebbe essere analizzata poi, la possibilità e l’efficacia nell’utilizzo di questa tecnologia come strumento di auto-apprendimento tenendo presente che essa consente di “imparare facendo” con particolare riguardo agli aspetti dell’apprendimento esperienziale che permette la costruzione della conoscenza più autonoma e indipendente dando priorità alla sperimentazione rispetto alla trasmissione dei saperi di tipo tradizionale. Come si diceva sopra, le prospettive future che riguardano le applicazioni in campo educativo richiedono anche un ambito altrettanto importante: la riconfigurazione delle metodologie e degli strumenti di ricerca in quanto i dati saranno di natura diversa e disponibili in forme diverse. Ad esempio, grazie alla diffusione dei tag sarà possibile ottenere informazioni in tempo reale sulla frequentazione di determinati luoghi culturali e di attingere ai commenti ed alle informazioni lasciate dagli utenti in forma virtuale. Attualmente sia livello internazionale che in Italia sono in atto diverse esperienze in ambito educativo che in qualche modo pongono l’attenzione alle possibili applicazioni della Realtà aumentata nei processi di insegnamento-apprendimento, ma ancora non si dispongono di dati significativi circa le loro concrete ricadute. Certamente le spinte determinate dall’evoluzione tecnologica e dall’immissione nel mercato di strumenti digitali che utilizzano sempre più questa tecnologia con riferimento in modo particolare agli apparati mobile, che non sono più dei semplici cellulari, impongono tempi di risposta rapidi e messa a punto di programmi di ricerca che siano in grado di dare le opportune indicazioni per far fronte agli inevitabili cambiamenti anche in campo educativo.

A cura di:

Gloria Bussolo, 24 anni, laureata in Scienze e Tecnologie della Comunicazione, studentessa iscritta al corso magistrale di Web Marketing e digital communication presso IUSVE
Appassionata da sempre di sport, viaggi, cinema e foto.

Greta Helg, 25 anni, laureata in Graphic Design e Comunicazione, studentessa iscritta al corso magistrale di web marketing e digital communication presso IUSVE appassionata di viaggi, moda, fotografia, arte e animali.

Martina Motta, 23 anni, laureata in scienze e tecnologie multimediali, studentessa iscritta al corso magistrale di Web Marketing e Digital Communication presso l’IUSVE.
Sto effettuando il servizio civile presso l’agenzia per il turismo e pro loco del mio paese.
Appassionata del mondo informatico e digitale, fotografia analogica e non, hotellerie, cinematografia, viaggi e musica.

Edoardo Salasnich, 23 anni studente di Web Marketing e Digital Communication. Laureato in scienze e tecnologie della comunicazione ama creare musica, organizzare eventi e viaggiare.

Sitografia:

https://ilmondoinformatico.com/come-la-tecnologia-ha-cambiato-la-nostra-vita/

https://www.lavocedialba.it/2021/11/10/leggi-notizia/argomenti/economia-10/articolo/5-esempi-di-come-la-tecnologia-ci-ha-semplificato-la-vita.html

https://www.ilprimatonazionale.it/scienza-e-tecnologia/come-la-tecnologia-ha-cambiato-le-nostre-azioni-quotidiane-126057/

https://www.neosperience.com/it/blog/la-tecnologia-migliora-la-qualita-della-vita/

https://tuttoinformatico.com/mobile/tecnologia-e-vita-quotidiana-quanto-oggi-il-digitale-ci-semplifica-la-vita/

https://gabrielflor.it/la-tecnologia-semplifica-davvero-la-vita/

https://vocearancio.ing.it/va-rivoluzione-tecnologica-che-ci-semplifica-vita/

https://www.repubblica.it/tecnologia/2019/12/18/news/2010-2020_la_tecnologia_che_ci_ha_cambiato_la_vita-243735422/ 

https://www.sienanews.it/magazine/scienza-tech/come-cambiata-la-nostra-vita-con-la-tecnologia/

https://www.valdelsa.net/notizia/come-la-tecnologia-negli-ultimi-20-anni-ha-cambiato-il-nostro-modo-di-vivere-lavorare-e-divertirsi

https://www.navigaweb.net/2014/03/come-la-tecnologia-ci-ha-cambiato.html#:~:text=La%20tecnologia%20moderna%20fatta%20di,attenzione%2C%20sui%20cicli%20di%20sonno.

https://stopgibe3.it/tematiche/aspetti-positivi-e-negativi-della-tecnologia/

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