La decrescita pensata dal filosofo Latouche è uno sguardo critico sul mondo, una direzione che porta ad una via d’uscita praticabile che possa riportare l’uomo a pensare alla vita come ad un dono meraviglioso. Tutto questo è possibile solo se si abbandona la mentalità capitalistica che governa l’Occidente da tempo immemore. Rappresenta quindi una sfida alla mentalità del progresso a tutti i costi, alla globalizzazione e all’occidentalizzazione del mondo. Soprattutto però punta alla creazione di una società in cui i valori fondamentali siano sobrietà, frugalità e benessere.

Decrescita come “utopia concreta”

La società in cui viviamo oggi, secondo Latouche, è una società della crescita senza crescita, in cui le scienze e i consumi sono divinizzati. La necessità di una decrescita è quindi evidente perché significherebbe tornare ad un senso etico ed estetico dell’essere. Risulta oggi fondamentale la creazione di una nuova società eco-socialista che si fondi su valori ecologici, umani e sociali, ma questa deve possedere tre caratteristiche:

  • deve essere voluta, perché l’imposizione ne comprometterebbe la natura rivoluzionaria;
  • deve riscoprire il presente, aiutando le persone ad imparare a vivere il proprio tempo con momenti contemplativi e di riflessione;
  • deve rappresentare una rieducazione alla vita, ovvero una lotta contro i limiti dell’uomo e allo stesso tempo contro la sua illimitatezza.

Il punto cruciale della teoria della decrescita è che l’uomo deve tornare ad essere padrone della propria vita, rinunciando ad obbedire alle richieste del mercato che genera i suoi bisogni e produce per soddisfarli. È per questo che la decrescita si definisce come “utopia concreta”.

Manifesto della decrescita

Scegliere la decrescita significa trasformare la propria mentalità, piuttosto che adottare un modello immediatamente applicabile. Il progetto di Latouche si può riassumere in otto obiettivi principali che il filosofo riassume in otto comportamenti virtuosi nel suo manifesto delle otto R: Rivalutare, Ridefinire, Ristrutturare, Rilocalizzare, Ridistribuire, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare.

Per poter ridefinire la società, è necessario conoscere i valori che sono stati abbandonati per far posto alla tecnica, al denaro e all’egoismo. Quella che Latouche definisce la “colonizzazione dell’anima” è un processo dovuto alla cattiva educazione, all’attività mediatica pubblicitaria e alla propaganda politica. Queste ultime infatti, secondo l’autore, hanno sacrificato il senso critico delle persone per dare vita a consumatori da convincere e da manipolare. L’omologazione ha portato ad una disinformazione totale in cui i media sfruttano i bisogni dell’uomo e ne creano di nuovi per fornire false soluzioni.

Il primo passo per ristrutturare la società è quello di sostituire l’egoismo con l’altruismo, la competizione con la cooperazione, il globale con il locale, il razionale con il ragionevole. I valori su cui si deve far leva sono quelli ormai abbandonati, quali la sobrietà, la frugalità, la lentezza, la solidarietà. Tutto questo per imparare a vivere nella semplicità assaporando il gusto della vita e considerando gli altri come persone, e non più come cose o merci.

In termini pratici, l’apparato economico e quello produttivo devono essere riformati per dare nuova importanza ai rapporti di produzione e alla logica del mercato, implementandoli con l’aspetto umano ed ecologico. La ridistribuzione e il bilanciamento dei beni è fondamentale per dare vita ad una società equa in cui diritti, ricchezze e responsabilità siano beni condivisi: ciascuno deve partecipare secondo le proprie capacità. Rispettando la sobrietà e i limiti naturali, è possibile raggiungere una situazione di maggiore uguaglianza e di uguali opportunità.

Perché tutto questo sia possibile, il filosofo propone una localizzazione dell’economia, della politica e della cultura; riallacciare rapporti col territorio significherebbe maggiori opportunità lavorative e culturali. Imparare a vivere lo spazio, scoprire il territorio e valorizzarlo sono tutte fasi necessarie. Ri-localizzare significa produrre localmente il necessario al soddisfacimento dei bisogni auto-producendoli e in secondo luogo anche partecipare attivamente alla vita democratica del proprio paese. Tutto questo senza arrivare ad una chiusura nei confronti del prossimo, ma le realtà locali costruiranno relazioni di solidarietà e di reciprocità. Le tradizioni e il senso di appartenenza serviranno alle piccole realtà ad emanciparsi dal globale, ritrovando la propria identità.

Lo sviluppo non sarà bloccato, ma dovranno essere ridotti i consumi e l’intossicazione di informazioni e di sovrapproduzione, per uscire dalla logica consumistica. Il diverso atteggiamento nel consumo servirà a ridurre il divario tra il nord e il sud del mondo, uscendo dalla dipendenza dal consumo. Risulta fondamentale quindi puntare sulla qualità e non sulla quantità, riparando, riutilizzando e riabilitando ciò che già si possiede.

Il Sud del mondo e i paesi in via di sviluppo

Se la società occidentale ha quindi il dovere di sposare la teoria della decrescita, per altre parti del mondo la situazione è ben diversa.

Quello che Latouche definisce il “sud del mondo” infatti deve seguire un ritmo di crescita che rispetti gli equilibri naturali e umani, seguendo il processo virtuoso di rottura, rinnovamento, reintroduzione e recupero. Per riprendersi dallo sfruttamento da parte dei paesi del “nord”, dovranno rompere con l’omologazione, col deturpamento ambientale e psicologico, riappropriandosi della loro autonomia, della loro identità e delle proprie tradizioni.

I paesi in via di sviluppo, quali Cina, India e Brasile, sono definite dal filosofo come società dell’iper-crescita: colossi del capitalismo che depredano i diritti fondamentali dei cittadini e invadono i mercati mondiali. La R che Latouche ha pensato per queste nazioni è Resistenza al capitalismo: la decrescita è possibile da realizzare se si ha il coraggio di affrontare la fatica e le sofferenze che l’inizio del cammino comporta. Il compenso che si otterrà alla fine darà vita ad un futuro assicurato e tutelato.

Per riassumere gli obiettivi del manifesto, è possibile dire che quello di abbattere il capitalismo è un impegno da assumersi al più presto, perché il demone da sconfiggere è mentale: dobbiamo disintossicarci dal progresso e dalla dipendenza dalla crescita. La decrescita non è una nozione intellettualistica, ma è presente nel tessuto sociale, ed è da lì che deve essere estrapolata.

Perché c’è bisogno della decrescita?

La decrescita pensata da Latouche è una contestazione dei principi che stanno alla base del capitalismo, ovvero lo sviluppo senza limiti e la crescita del capitale.

Non si tratta quindi di una battaglia contro l’economia, ma è la volontà di un cambiamento. Latouche sostiene sia necessario rifiutare l’immaginario della società della crescita, costruendo una via alternativa, che serva ad educare le nostre menti, ritrovare il senso perduto, ritornare ad una condizione di equilibrio tra uomo e natura e ristrutturare la società. Solo attraverso una modifica delle nostre vite si può pensare ad una nuova società umana, che secondo l’autore è possibile ritrovare con piccoli gesti, quali l’economia solidale, ossia la produzione e la gestione di beni prodotti per il soddisfacimento delle necessità del gruppo.

Decrescere non significa affatto regredire, bensì smettere di considerare la crescita e lo sviluppo come divinità, ed è proprio per questa ragione che Latouche utilizza il concetto hegeliano di Aufhebung: per spiegare che lo sviluppo è essenziale, ma solo se viene smantellata l’ossessione del progresso fine a sé stesso.

Decrescita, spiega l’autore, è uno “slogan” che raggruppa individui che criticano lo sviluppo e che sono interessati ad un progetto di politica post-sviluppo.

La decrescita diventa quindi la modalità per riappropriarsi delle proprie vite, per creare un equilibrio tra l’uomo e la natura e per fornire la possibilità di un futuro anche alle generazioni successive.