La rivoluzione digitale, iniziata nel 2001 e mai terminata, ha modificato in maniera radicale i principali settori produttivi ed economici nel mondo.
Tra i molteplici ambiti interessati da questi cambiamenti troviamo il settore manifatturiero, che si è andato progressivamente ad adattare alla dimensione immateriale.
Parliamo oggi di digital fashion e sostenibilità ad intendere come la creazione di abiti digitali ha sempre più implicazioni anche nel settore della sostenibilità.
Sommario
Impatto del digital nella comunicazione della moda
Nel corso della storia la comunicazione nell’ambito della moda avveniva tramite la stampa. Successivamente, a partire dalla sua comparsa negli anni ’30 del Novecento, attraverso il mezzo televisivo.
A partire dai primi anni 2000, grazie all’importanza crescente del digitale, è emersa una nuova forma di comunicazione nel mondo della moda: quella dei fashion blog.
Inizialmente strumenti in cui persone comuni esprimevano le proprie idee in modo indipendente ed autentico, i blog hanno acquisito sempre più autorevolezza. Oggi il fenomeno del blogging si pone al servizio di testate giornalistiche ed è considerato un importante strumento per fare comunicazione online.
La velocità, caratteristica principe di Internet, trovava un’esplicitazione perfetta in questo strumento. I blog di moda assunsero così un’importanza fondamentale nel fashion journalism, in quanto unici strumenti tramite cui si poteva diffondere e commentare in modo immediato ogni notizia.
I blog resero evidente come il web consentisse interazioni tra persone in diversi punti del globo, e permettesse di scambiare idee, consigli ed opinioni tra autore e lettori e viceversa. Resero evidente il nuovo modo di fare comunicazione peer to peer che rendeva chiunque un potenziale autore.
Nei blog, inoltre, si formavano cerchie di individui accumunati da interessi analoghi, che trovavano uno spazio in cui potevano parlare delle proprie passioni con persone con cui non condividevano lo spazio fisico. Tutto ciò grazie al fatto che Internet si poneva come tessitore di legami precedentemente impossibili.
Social commerce
Ciò che ha sancito di fatto il passaggio ad una comunicazione prevalentemente digitale è stato l’avvento dei social media, che hanno obbligato i brand a rivedere le proprie strategie commerciali, comunicative e produttive.
Oggi, a sottolineare come le imprese non possono più successo senza integrare i canali social nelle vendite, è il social commerce, unione tra social network e la parte commerciale di vendite ed acquisto. Le vendite, infatti, maturano grazie all’esposizione sistematica dei consumatori ai messaggi del brand all’interno dei social media.
Ciò che un tempo era pertinenza esclusiva dei mass media classici è oggi invece un ambito sempre più dominato dai nuovi grandi operatori digitali, poiché il consumatore passa il proprio tempo e matura le sue decisioni d’acquisto sui social network e, in generale, sul web. Per questo motivo social come Facebook e Instagram, e più recentemente Pinterest e TikTok, hanno creato punti di contatto tra consumatori ed imprese, dando vita a nuove modalità di vendita.
Questo incrementa il potere di mercato e il valore dei player digitali, in quanto se si vuole vendere al consumatore è necessario passare tramite essi.
E-shop e e-commerce
Facebook per primo hai inventato gli e-shop, vetrine virtuali che permettono alle imprese di mettere in scena i propri prodotti. Gli e-shop non sono solo negozi virtuali: i player digitali danno ai brand la possibilità di personalizzare alcuni aspetti del proprio shop, in base ai valori e agli ideali che vogliono veicolare. digital fashion e sostenibilità
Un altro importante aspetto è il fatto che i social network detengono una mole ingente di informazioni sui consumatori, e quotidianamente li spingono a fornire ulteriori dati che si trasformano in informazioni utili per i brand.
Fondamentale negli e-shop è la pubblicità. Il sistema di funzionamento che definisce la visibilità dei contenuti inseriti nelle pagine da parte delle imprese è strutturato in modo tale che se un brand non acquista la pubblicità la sua visibilità sarà limitata.
I social network compiono inoltre un lavoro consulenziale per i brand: il provider digitale suggerisce quali contenuti proporre per ottimizzare le vendite, e inoltre suggerisce una serie di strumenti, come la calibratura del contenuto, finalizzati ad ottimizzare il ritorno.
Come riscontrabile nell’articolo “Le abitudini di acquisto della Generazione Z”, negli ultimi anni si è inoltre assistito ad una crescita esponenziale dell’e-commerce, soprattutto a causa della pandemia di COVID-19 che ha contribuito a comportare la crisi dei modelli retail tradizionali.
Diviene così fondamentale il concetto di omnicanalità, logica in cui online e offline sono perfettamente allineati, e dunque il consumatore può aspettarsi risposte univoche in termini di qualità della risposta e del servizio da parte del brand, a prescindere da quale sia il punto di contatto con l’azienda.
Digital fashion: di cosa parliamo?
Oltre a mutare le logiche comunicative, cambia anche l’esperienza di acquisto: si parla di digital fashion per indicare come intelligenza artificiale, realtà aumentata, virtual fitting e fashion gaming abbiano rivoluzionato il settore moda.
La trasformazione radicale del modo di comunicare, concepire e creare la moda, è stata sicuramente sancita dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che traduce le enormi quantità di dati che ogni istante possono essere intercettati nel web in output informativi direttamente utilizzabili.
Negli ultimi anni la moda ha spesso utilizzato questo strumento. Se, ad esempio, un utente vede in un social media o nel web un abito di suo gusto con determinate caratteristiche, tramite l’intelligenza artificiale potrà cliccare sull’abito ed essere indirizzato a tutti i canali in cui può trovare quel capo specifico o altri con peculiarità simili.
Un altro utilizzo riguarda la possibilità di fotografare abiti o accessori mentre si compiono azioni quotidiane, e poter poi iniziare una ricerca per immagini sul web. Questa possibilità va a sancire nuovamente quanto la società globale e la cultura siano sempre più di tipo visuale.
Grazie alla realtà aumentata diversi brand hanno aggiunto alle loro app l’opzione di visualizzare un articolo su sé stessi. Si parla di virtual fitting per intendere il fatto che un individuo può comodamente vedere come gli starebbe un abito tramite il suo smartphone, senza doversi recare in un negozio. Una declinazione del virtual fitting è l’avatar fitting, in cui ad “indossare” il capo non è l’individuo ma un avatar da lui creato.
Metaverso e fashion gaming
Il Metaverso, luogo in cui avatar digitali sono degli alter ego degli individui, non è un’idea inventata dal settore moda.
Troviamo le sue prime applicazioni nel mondo dei giochi virtuali. È infatti grazie al gioco digitale online Second Life, lanciato nel 2003, che assistiamo ai primi esempi di avatar o rappresentazioni 3D condivisibili online.
È però interessante vedere come la moda interagisce con questo il mondo. Si parla di fashion gaming per intendere come i brand possano inserirsi all’interno dei giochi con i propri prodotti, conquistando un palco importante per mostrarsi anche a consumatori che altrimenti difficilmente sarebbero in grado di raggiungere.
Uno dei primi brand ad aver iniziato una collaborazione con l’industria dei videogiochi è stato Louis Vuitton. La “Louis Vuitton skins for League of Legends”, lanciata nel 2019, ha permesso ai giocatori del famoso videogioco di acquistare outfit per i loro personaggi per il prezzo di circa 10 dollari.
Un ulteriore esempio di fashion gaming è il gioco Animal Crossing, molto conosciuto, diffuso e trasversale tra diverse fasce d’età, in cui il giocatore può vestire il proprio avatar con abiti di diversi brand, trasposti in digitale o creati appositamente. Su Animal Crossing è stata inoltre realizzato il primo fashion show virtuale, in cui gli avatar sfilavano vestiti con outfit ispirati a moltissimi brand di lusso.
Connubio digital fashion e sostenibilità
Una maggiore attenzione per il tema della sostenibilità è emersa con l’avvento della società capitalistica, che ha modificato il modo di pensare e produrre la moda. I capi vengono prodotti, comprati e dismessi con una velocità senza precedenti, danneggiando la salute del pianeta e facendo sì che i lavoratori del settore, specialmente del fast fashion, lavorino in strutture non a norma e percepiscano dei salari estremamente bassi.
Il digitale ha portato al miglioramento delle tecniche produttive garantendo la produzione di più prodotti in meno tempo, e ha dato vita ad un mondo, il Metaverso, in cui la produzione e il consumo sono sostenibili.
Un esempio di best practice in questo ambito è rappresentato da The Fabricant, la più grande maison di moda digitale attiva dal 2016. Questa azienda realizza capi 3D innovativi e ha dimostrato come la produzione digitale riduca l’impronta di carbonio fino al 30%, generando un impatto ambientale minimo rispetto alla classica produzione di abiti. Questo è reso possibile dall’utilizzo di sample digitali che sostituiscono quelli fisici, riducendo la produzione e lo spreco di materiale.
Anche nella fase di vendita il digitale permette di ridurre l’impatto ambientale. Gli showroom fisici necessitano di più prototipi dello stesso capo, e questo fa sì che un marchio esposto in diversi showroom dovrà crearne molteplici, mentre col digitale è sufficiente realizzarne uno unico.
Le sfilate di moda vengono oggi sempre più realizzate nel Metaverso, con modelli ed abiti virtuali. A marzo 2022 la piattaforma di realtà virtuale Decentraland e il marketplace di capi di lusso UNXD hanno realizzato una settimana della moda digitale, in cui sono state presentate collezioni virtuali e durante la quale gli utenti potevano acquistare abiti per i propri avatar online, a sottolineare l’importanza del connubio digital fashion e sostenibilità.
Conclusioni
Con la creazione di vestiti esclusivamente virtuali è lecito chiedersi quale sia il nuovo significato del capo di abbigliamento. Spesso i capi sono creati solo per postare una foto su un social network. Tutto ciò sottolinea la sempre maggiore importanza che le immagini ricoprono nella nostra società.
La moda necessita di una rilettura a causa della sua ibridazione con i social media. Gli individui si interfacciano con il nuovo modo di comunicare e di creare i capi in modo completamente inedito.
Emerge inoltre il ruolo che il digitale ricopre nell’ambito della sostenibilità nella moda. Il fine di questo connubio è rivoluzionare il settore, garantendo agli individui la possibilità di esprimere sé stessi attraverso gli abiti. Così, la concezione di moda più tradizionale si ibrida con un espressione del sé che non reca danno al pianeta o agli altri individui.
Viene dunque alla luce un modo sostenibile per esplorare la propria identità personale ed esprimerla tramite gli abiti. Tutto questo è reso possibile da Internet, dal Metaverso e in generale dal digitale. Il digital fashion ha consentito l’innovazione del settore, contribuendo a risolvendone le problematiche, ponendosi come condizione sine qua non per un suo sviluppo sostenibile.
Fonti
Bibliografia
A. Batilla, L’alfabeto della moda, Milano, Gribaudo, 2021.
K. Fletcher, Moda, Design e Sostenibilità, Milano, Postmedia Books, 2018.
Sitografia
https://www.ftaccelerator.it/blog/digital-fashion-virtual-clothing/
https://audaces.com/it/ia-e-moda-il-ruolo-dellintelligenza-artificiale-nellindustria-della-moda/
https://smartalks.it/blog/fashion-gaming/
https://sdgs.un.org/partnerships/action-networks/conscious-fashion-and-lifestyle-network
https://www.lifegate.it/abiti-digitali-svolta-moda-sostenibile
https://www.lifegate.it/impatto-ambientale-fashion-week-settimana-della-moda
Biografia
Sono Serena Nicoletti, ho 24 anni e sono laureata in Scienze e Tecnologie della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Ferrara. Attualmente frequento il secondo anno del corso di Laurea magistrale in Web Marketing & Digital Communication presso l’Università IUSVE di Verona. Da anni sono appassionata di moda e dell’innovativo connubio del settore fashion con il mondo digitale.
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