Ad oggi le fake news rappresentano un fenomeno in costante crescita capace di influenzare l’opinione pubblica, creando una serie di meccanismi in grado di impattare su giudizi ed opinioni. I social network hanno amplificato questo processo che oggi rischia di diventare un problema.

Il tempo che dedichiamo al campo dell’informazione si è notevolmente trasformato negli anni a causa della possibilità di un accesso libero ad ogni tipo di contenuto, infatti internet ha favorito la modificazione del come le notizie vengano prodotte e promulgate, ci basti pensare all’evoluzione che hanno avuto le testate giornalistiche come “Il Gazzettino” o “La Repubblica”.

Inizialmente le informazioni venivano veicolate solo da esperti del settore come giornalisti, mentre oggi chiunque ha la possibilità di produrle; questa situazione può avere delle accezioni sia negative che positive.

Di positivo c’è il fattore dell’informazione in tempo reale, non è più necessario attendere la pubblicazione dei quotidiani per essere informati, coinvolgendo così anche un pubblico maggiore, se invece guardiamo il lato negativo ritroviamo una problematica legata alle migliaia di informazioni che circolano online, le quali spesso provengono da fonti non autorevoli o da fonti atte a creare notizie completamente false che prendono il nome di fake news.

Nel 2016 il termine post-verità è divenuto parola dell’anno secondo l’Oxford Dictionary, si tratta di un vero e proprio fenomeno che coinvolge in primis coloro che si occupano degli uffici stampa, in quanto il fattore trainante della post-verità sono le fake news.

Quest’ultime possiamo definirle in generale come informazioni che in qualche modo vadano a distorcere notizie effettivamente vere o inventandole completamente, questa tipologia di informazioni vengono costruite e pensate appositamente per avere un effetto virale e provocare una certa reazione sociale, positiva o negativa che sia. Dobbiamo inoltre specificare che ai tempi odierni – nel mondo in cui le relazioni sui social hanno più importanza di quelle reali – la veridicità della notizia o della fonte passa in secondo piano, facendone emergere il lato emotivo o concetti superficiali studiati ad hoc, si veda la loro rapida diffusione.

(https://www.engage.it/ricerche/fake-news-dimensione-trend-bufale/129128)

Quotidianamente si sente infatti parlare di questo argomento e del fatto che siamo nell’epoca della post-verità, si pensi alla vittoria di Trump nelle elezioni presidenziali del 2016 o al referendum sulla permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione Europea (anche detto referendum sulla Brexit) dove le notizie false hanno assunto un ruolo importante all’interno della comunicazione.

Effettuando qualche ricerca si scopre che tra le due campagne comunicative degli eventi appena citati c’è un elemento comune: Cambridge Analytica, un’azienda di elaborazione dati con lo scopo di profilare gli utenti presenti sui Social. Dato importante è che nella campagna elettorale americana del 2016 possiamo trovare una mole ingente di siti e notizie false pro-Trump mentre nella campagna per la Brexit si possono riscontrare numerosissime pubblicità sponsorizzate su Facebook contenenti immagini “persuasive” accompagnate da un copy non veritiero.

Questo può portare alla dimostrazione di come oggi la comunicazione può essere guidata da pure politiche commerciali ed economiche, c’è però una cosa da dire: le fake news non sono derivanti da internet come molti credono ma esistono già da moltissimi anni, solo che venivano chiamate semplicemente “notizie false”. Possiamo però dire con certezza che la rete ha accentuato questo fenomeno rendendolo più diffuso e meno controllabile.

Le statistiche dicono che il 66% delle persone crede alle fake news e che il 75% degli italiani è preoccupato per la disinformazione che potrebbe esserci durante i periodi pre-elettorali. In merito a quanto appena scritto si tiene a specificare che il 57% delle notizie false circolanti riguardano infatti politica e cronaca facendo emerge e comprendere quanto sia necessaria maggiore trasparenza da parte delle piattaforme digitali e dei social network in merito a possibili inserzioni a carattere politico.

Le fake news negli ultimi anni, come ci dicono i dati, si sono diffuse con estrema velocità diventando un vero e proprio fenomeno. Internet sicuramente rappresenta un vettore di questa diffusione insieme sicuramente ai social network.

Con la nascita e la diffusione di Internet, si pensava fosse arrivato un mezzo veramente democratico e onesto per condividere le informazioni ma in realtà non fu così. Pensiamo a come miliardi di persone possano partecipare alla diffusione delle informazioni, la velocità del flusso e del volume di notizie sono sconcertanti.

È vero che la democratizzazione delle informazioni consente a tutti di partecipare, ma è altrettanto vero che chiunque può scrivere quello che desidera, includendo punti di vista distorti, opinioni ignoranti o disinformate.

La iper-saturazione di informazioni alla quale siamo esposti quotidianamente comporta il non assorbire alcuna informazione (vedi di più sulla formazione, la consapevolezza e le fake news), poiché le notizie vere sembrano false, distorte e satiriche, è difficile trovare una fonte attendibile.

Molti dichiarano che Google sia diventato il mezzo ideale per accedere e controllare il flusso di informazioni disponibili, diventando così comune che Google stesso è diventato un verbo.

Se l’utente può però fruire gratuitamente delle informazioni ci dovrà pur essere qualcuno che paga, chi è? Semplicemente il meccanismo della raccolta dei dati, il prodotto di scambio all’interno del web sono i dati dell’utente, dati con i quali noi veniamo profilati in modo che i sistemi pubblicitari ci “bombardino” con pubblicità di nostro interesse. Senza entrare nei meccanismi complessi dell’ingegneria informatica il funzionamento è bene o male questo: l’utente legge le informazioni gratuitamente, il sito raccoglie i dati (che diventano merce) e aziende come Google li comprano per poi proporre annunci mirati.

A seguire, con l’avvento dei social media si è aperto un altro mondo per la pubblicità, dove c’è la possibilità di mirare ancora più precisamente i gruppi di persone in base ai loro interessi, infatti

«la rete e ancora di più il mondo dei social network risultano popolati perciò da utenti predisposti a una certa credulità, soprattutto se queste notizie confermano o in qualche modo aderiscono al loro sistema di credenze» (Quattrociocchi W., Vicini A., Misinformation. Guida alla società dell’informazione e della credulità, FrancoAngeli, Milano, 2016).

Piattaforme come Facebook e Twitter sono utilizzate per trovare persone affini, per rimanere in contatto con familiari e amici, per segnalare le notizie del giorno e per creare reti tra le persone; forniscono inoltre un metodo di comunicazione semplificato attraverso icone usate per indicare la nostra approvazione e le varie emozioni provate davanti ad un determinato argomento.

Ciò consente alle persone di rispondere agli elementi pubblicati senza dover scrivere qualcosa, se apprezzano, la semplice pressione di un pulsante consente di trasmettere quel messaggio, desiderano condividere le informazioni con amici e follower? Con un solo clic possono farlo.

Ma sotto a tutta questa semplicità ci sono algoritmi che profilano i nostri interessi contando i Like, le condivisioni, le visualizzazioni, ecc. infatti molti punti vendita, inserzionisti e partiti politici creano pagine web che vengono sponsorizzate solo a determinati utenti.

I vari algoritmi possono essere così programmati per cercare informazioni su Internet che siano simili a quelle che l’utente nei social media ha già cliccato, apprezzato o condiviso, “iniettando” così le nuove informazioni in ciò che l’utente vede, fornendo un facile accesso alle cose che già interessano. Seguendo i collegamenti tra gli account, i vari algoritmi possono inviare informazioni agli amici di un utente. Ciò significa che gli amici inizieranno a vedere la stessa serie di informazioni e, alla fine, utente e suoi amici vedranno solo le informazioni con cui sono d’accordo, creando così una bolla informativa.

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Alberto Dalla Nora  Studente di Web Marketing laureato in Scienze e Tecniche della Comunicazione grafica e multimediale. Amante delle nuove tecnologie e del Planning Strategico.