INTRODUZIONE

Metaverso, l’ambiente che è diventato il vero trend, la parola che tutti cercano di capire. Un termine che ormai è entrato nelle nostre vite e che sembra essersi infiltrato in qualsiasi ambito, da quello della moda a quello della fotografia, arrivando perfino a costruire una scuola in questo universo “parallelo” di cui tutti parlano.

Ma di che cosa si parla quando si nomina il Metaverso? Quali sono le dinamiche che le aziende dovranno adottare per approcciare questo nuovo ambiente virtuale?

Tutto è talmente dinamico ed in evoluzione che è davvero difficile dare una risposta precisa e definitiva. I contorni sono in via di definizione e quindi è presuntuoso, da parte di chiunque, fornire una descrizione decisiva del Metaverso.

Possiamo però, partire, nel valutare che tipo di sviluppo sia in atto cercando di fare qualche piccolo passo indietro e parlare di quello che era il “Web 1” passare al Web 2.0 fino ad arrivare al Web3. 

WEB 1: LE VETRINE DIGITALI

Quello degli anni Novanta del secolo scorso era una grande vetrina digitale, un luna park delle meraviglie dove si entrava per guardare senza toccare e senza interagire. Le aziende, i giornali, le istituzioni erano gli stessi di prima, ma potevano mettere in mostra la merce sulla loro nuova “pagina web”. Il nuovo status symbol era diventato
il dominio web, un pezzettino della Rete che aveva il nostro nome o quello della nostra società, accompagnato da .com o .it e questo dava l’illusione di possedere una porzione di web. 

Già allora però eravamo tutti in affitto, ospiti di server altrui, con siti web tenuti in piedi da altri e connessioni garantite da altre società ancora.
Le parole chiave di quell’epoca erano “hosting”, “webmaster”, “provider”. Le porte d’ingresso erano i grandi “portali” onnicomprensivi come Virgilio in Italia o AmericaOnLine (AOL) negli Usa.

WEB 2.O: SOCIAL NETWORK E INTERAZIONE 

La seconda versione è quella maggiormente interattiva, il social dove la logica è stata quella di scambio.

A cavallo del nuovo secolo, l’evoluzione dell’e-commerce guidata da Amazon e quella del web searching ben presto dominata da Google accelerarono una prima, grande trasformazione. Non restavamo più solo in vetrina a guardare i prodotti, cominciavamo a entrare dentro i negozi e comprare. Anche l’advertisement trovò nuovi spazi dove esprimersi, fuori dai media tradizionali come Tv, giornali e affissioni pubbliche. 

Qualcuno provò subito a far saltare gli schemi, inventandosi un metodo per condividere gratuitamente la musica da un Pc all’altro, in formato mp3, senza passare da alcun negozio. Erano i ragazzi terribili di Napster, ben presto fermati dalle azioni legali dell’industria discografica. 

La voglia di interagire, di scambiare, di condividere ha trovato presto la sua piena espressione nella nascita e nell’esplosione dei social network (Facebook: 2004; Twitter: 2006). 

Con i social, e con tutto ciò che nel mondo digitale hanno portato Amazon, Google e Apple, nasce il Web 2.0. Quello nel quale più o meno viviamo ancora oggi. Accelerato e reso travolgente dal boom della telefonia mobile e dall’avvento degli smartphone. Soprattutto – e ancora una volta – l’iPhone (2007). 

Ma anche nel Web 2 siamo sostanzialmente sempre inquilini e con il tempo abbiamo cominciato a scoprire limiti e difetti dei condomini in cui viviamo in affitto sulla rete 

Stiamo rendendo ricchi i landlords con le storie e le immagini della nostra vita che condividiamo con gli altri, ma non ne abbiamo un vero controllo. Ci possono sfrattare e non possediamo un solo metro quadro delle nostre case online. 

WEB3: IL METAVERSO

Il cosiddetto Web 3 applica una logica immersiva, in cui la relazione non sarà solo basata su una logica di multimedialità (abilitata già dalle piattaforme social del 2.0), ma sarà un’interattività ancora più spinta attraverso delle forme di relazione che imitano la vita reale. Quindi in questo senso la parola, appunto, “Metaverso”.

Il Web 3 nel quale ci apprestiamo ad entrare promette qualcosa di diverso. Potrebbe essere arrivata l’era di un nuovo concetto di proprietà privata digitale.

 

COSA CAMBIA PER LE AZIENDE?

In termini di attitudini e di abilità da parte delle aziende, la prima considerazione da fare e, probabilmente, la più importante, è quella che, superata la fase in cui la disintermediazione del Web 2.0, attivata attraverso il social, il Metaverso potrebbe riaprire il mondo ad un livello di maggiore ownership da parte delle aziende. 

Le aziende hanno quindi l’opportunità, offerta appunto dal Web3, di rientrare in campo, un campo digitale ed immersivo offerto dal Metaverso, e occupare dei propri spazi, diventare proprietarie.

In questo momento, infatti, le aziende occupano spazi in affitto. La logica, invece, dovrebbe diventare quella di rieditare un nuovo catasto digitale e fare in modo quindi che di diventare proprietarie private di queste aree nel Metaverso.

Le aziende dovrebbero quindi avere uno sguardo lungo, verso il futuro, ed iniziare a preoccuparsi di capire in che modo occupare questi spazi per diventare più sempre più owner e sempre meno affittuarie degli spazi digitali. 

Insomma, con buona probabilità le piattaforme più efficaci saranno quelle proprie delle aziende, perché il Metaverso ridefinirà la logica owner – earned – paid.
La piattaforma emergente sarà il sito web delle aziende stesse o, per dirne un’altra, la newsletter.
Si verificherà una riappropriazione dei propri spazi, una riappropriazione della propria narrazione, una riappropriazione del rapporto diretto con gli utenti, tutti elementi che questo tipo di evoluzione consentirà.

Questo è anche abilitato dalle osservazione di alcuni elementi. Il trust barometer di Edelman che attribuisce alle aziende il ruolo importante di trust nei confronti dell’utenza. Le aziende sono le uniche a rappresentare in questo momento corpi sociali capaci di orientare l’opinione pubblica. Viene attribuito maggiore trust alle aziende rispetto che ai media o ai corpi governativi politici. Quindi è un ruolo piuttosto importante quello che le aziende devono rivestire perciò, il fatto di poter avere dei punti parlanti da parte delle aziende, che sono appunto i siti piuttosto che le newsletter, è necessario e deve essere gestito con totale responsabilità e consapevolezza.

Emerge quindi il tema del livello di trasparenza ed immediatezza che le aziende devono garantire. Una delle cose che il social ha abilitato è quella della relazione che deve essere vera. Non può essere verosimile, deve essere vera. Quindi questo è un elemento che continuerà a permanere e sarà ancora più importante.

È tempo quindi di qualità, più che di quantità. È tempo di essere in grado di costruire storie e contenuti di qualità, il tutto incorniciato da una forte identity, sostenuta da una mission e da valori portanti. Le aziende sempre più in questi anni Venti parleranno non tanto al mercato ma alla società più in generale, perché si vedono conto che è importante farlo, perché si sentono responsabili. Quindi se le aziende devono non solo parlare di un prodotto e convincere un consumatore ad acquistarlo, ma convincere un’opinione pubblica su quella che è la loro posizione nella società su determinati temi, lo scenario diventa molto più vasto.

Il metaverso e i nuovi scenari digitali saranno ancora di più delle piazze dove occorrerà alzare la voce. La neutralità non paga, non è ciò che oggi la gente si aspetta dalle aziende su cui pone la propria fiducia. Le aziende devono chiarire bene la loro identità, verificare fino in fondo i propri valori e la propria mission e non avere poi paura di uscire e prendere posizione.

OPPORTUNITÀ E SFIDE

Muoversi in questi spazi significa cominciare ad immaginarsi degli eventi, degli incontri che avverranno in gran parte in formato digitale. 

Paradossalmente la pandemia ci ha allenato a vivere in questa nuova condizione, dobbiamo cominciare ad immaginare un futuro in cui anche eventi aziendali, riunioni, lanci di prodotti, sfilate di moda e tanti altri momenti, avverranno in formato ibrido se non in formato interamente virtuale.

Si tratta quindi di posizionarsi, di cominciare a ragionare con questo tipo di sguardo lungo. Non ci sono ancora risposte a tutti gli interrogativi, ma avere già un’impostazione creativa che prova a immaginare come occupare questi spazi, darà un vantaggio competitivo.

Si sa, però, che i costi per avere uno spazio in questo universo, non sono del tutto indifferenti. I prezzi possono variare fino a raggiungere cifre spropositate. E sembra quasi assurdo che le aziende debbano comprare degli spazi a cifre esorbitanti per qualcosa che, alla fine, è virtuale.

Il business sta completamente cambiando in questo senso, oggi si parla di aziende decentralizzate e autonome, di economia decentralizzata, ci sono queste operazioni immobiliari incredibili (basti pensare al calciatore Marco Verratti che si è comprato un’isola nel Metaverso). Insomma, sta cambiando un po’ tutto. 

Il tema è che in questo mondo ancora sono da definire tante regole. L’esempio più significativo è quello delle criptovalute. Stiamo parlando di un mondo digitale in cui le criptovalute in questo momento sono ancora considerate lo strumento principale per acquisire spazi digitali, eppure sono qualcosa di assai poco regolamentato. È chiaro che costruire un intero ecosistema su una base che già di partenza è complessa da regolamentare apre le porte a queste oscillazioni di costi. Eppure, nonostante questo, sta nascendo uno spazio che le aziende non possono ignorare, perché sarà un luogo del futuro.

LE 8 REGOLE PER LE AZIENDE NEL METAVERSO

Proviamo quindi a riassumere in 8 punti quelle che potrebbero essere prese come le regole per raccontare brand e aziende nell’era del metaverso, del Web3 e della nuova ownership.

  1. BE THE OWNER: La prima regola per aziende, istituzioni, organizzazioni e personaggi pubblici è quella di attrezzarsi a “possedere” gli spazi e le idee della comunicazione.
  2. BE SMART: La seconda regola è essere trasparenti, attirando fiducia con ciò che raccontiamo.
  3. BE META: Qualunque cosa diverrà il concetto di metaverso probabilmente occorrerà immaginare sempre più iniziative di “metacomunicazione” per viverlo e farlo vivere ai propri stakeholder. Siamo pronti a esplorare le possibilità e dare spazio alla creatività?
  4. BE A TOKENIZER: è il futuro della ownership, il modo per acquisire proprietà digitali.
  5. BE CRYPTO: per entrare nel sistema si scambio dei mondi virtuali.
  6. BE QUICK AND INNOVATIVE: la di capacità di imporre la propria identità in un universo dai confini sfocati.
  7. BE A STORYTELLER: bisogna imparare a raccontare chi siamo attraverso una storia. La narrazione è un fondamentale strumento operativo sia dal punto di vista comunicativo sia da quello della gestione strategica di un marchio, di un’azienda e di un individuo.
  8. BE AN ACTIVIST: è un invito a prendere posizione ad alzare la voce.

 

AUTRICE

Ciao! Sono Angelica Birti, ho 25 anni e vivo a Trento.
Al momento studio web marketing e digital communication presso IUSVE e lavoro come social media manager per una testata giornalistica.

Amo scrivere, viaggiare e fare lunghe e rigeneranti camminate in montagna.
Il mio sogno è quello di diventare una copywriter per i media digitali.