Decentralizzazione del sistema di informazione: cause e conseguenza

È un dato di fatto che oggi l’informazione passa quasi esclusivamente attraverso la rete.

I mezzi con cui la maggior parte delle persone si informa quotidianamente sono diventati praticamente in toto digitali: blog, giornali online e social network.
Nel 2021 secondo il Digital News Report elaborato dal Reuters Institute solo il 18% delle persone afferma di acquistare con frequenza settimanale giornali o quotidiani. [1]

“È cresciuta inoltre in modo esponenziale la fascia di popolazione che si informa tramite i social ­– Facebook, Instagram e Twitter –, soprattutto i giovani di età compresa tra i 14 e i 35 anni.

“Internet ha sostanzialmente cambiato il modo in cui noi comunichiamo e ci informiamo.”[2]
Come?

In primis con l’affermazione di un sistema di produzione dell’informazione radicalmente decentralizzato: chiunque può diventare potenzialmente un “PRODUTTORE” di informazione.

Cosa è cambiato rispetto a prima, quando il mondo dell’informazione era controllato da pochi soggetti e il sistema di comunicazione era unidirezionale?

  • Per far parte del sistema di informazione basta disporre di un dispositivo digitale;
  • Il prezzo per accedere alla rete e comunicare è accessibile alla maggior parte dei cittadini (2 miliardi di persone.);[3]
  • I flussi di comunicazione hanno un carattere aperto e globale, connettono persone da diverse parti del mondo.

Negli ultimi anni è quindi cresciuto il numero delle fonti di informazione e il numero dei messaggi in circolazione. Si è di conseguenza determinato un processo di frammentazione dell’informazione.

Questo processo di frammentazione ha determinato una segmentazione del pubblico di fruitori, pubblico che ha la possibilità di scegliere tra i più diversi mezzi di comunicazione: mezzi gratuiti/a pagamento, velocità di consumo/consultazione, programmazione/contenuti, ecc.,
Si è inoltre verificata una disintermediazione dell’informazione: chiunque può accedere direttamente alle fonti di informazione, rendendo superfluo il lavoro dei tradizionali ‘intermediari’ – giornalisti e altri professionisti della comunicazione. [4]

Sicuramente questi processi di globalizzazione, frammentazione e disintermediazione hanno portato a un maggior pluralismo e a una maggiore circolazione delle idee; ma siamo davvero sicuri che abbiano portato alla libertà di informazione?

Libertà dei nuovi media

La rete è aperta a tutti sì. Ma chi ha il controllo?

Oggi solo pochi soggetti – Google, Facebook, Twitter, YouTube, Amazon. Un numero ristretto di tech companies ha assunto il ruolo di intermediari tra chi produce informazione e chi la riceve. [5]

“Se la rete è nata all’insegna del massimo di decentramento e di apertura, è pur vero che oggi la distribuzione dell’informazione all’utente è concentrata nelle mani di pochi Over The Top (OTP), che hanno accumulato un enorme potere economico, in un mondo, come quello dell’economia digitale, in cui meccanismi di lock-in, “effetti di rete” ed economie di scala portano a mercati ad elevatissima concentrazione di tipo oligopolistico o addirittura monopolistico” [6]

 L’informazione nell’era della post-verità

Possiamo distinguere chi propaga notizie faziose da chi fa buona informazione?

È possibile valutare l’attendibilità di quanto leggiamo, sentiamo e condividiamo sui social network? [7]

Già nel 2015 Umberto Eco accusava i social media di aver dato diritto di parola agli imbecilli: “Prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.»[8]

Una tra le questioni più scottanti della cultura contemporanea è il fatto che la verità è divenuta di secondaria importanza, e probabilmente è impossibile ricostruirla nella sua interezza.

“Che le persone mentano, e che la politica usi la propaganda per perseguire i propri fini non è certo una novità. Per post-verità però si intende qualcosa di diverso: un contesto in cui l’ideologia ha la meglio sulla realtà perché quale sia la verità interessa poco o niente. Quando si mente, si cerca di convincere qualcuno che quel che si sostiene sia vero. Con la post-verità, tutto questo è irrilevante. Non occorre sforzarsi di ingannare nessuno. Non si devono costruire prove false. Quel che conta è avere la forza di imporre la propria versione, indipendentemente dai fatti.
Basta ripetere concetti semplici e accattivanti, anche se infondati, perché a nessuno conviene verificarli.”[9]
Questo nuova era presenta due caratteristiche: è globale e digitale.

Uno degli effetti più rilevanti della crescita dei social network infatti, a partire da Facebook, è che questi strumenti col tempo sono diventati sempre più aggregatori di notizie la cui fonte è spesso incerta e in cui il confine tra opinioni e informazioni è sempre più sfumata.

La post-verità è questo: credere alle cose che si accordano alla nostra mentalità, ai nostri valori o pregiudizi, senza preoccuparci che siano fondate o no.[10]

Social media: filter bubble, eco-chambers, cyberbalkanization

Come ci arriva l’informazione all’interno dei social?

In un contesto sovraccarico di notizie, gli algoritmi dei motori di ricerca, dei social network e delle diverse piattaforme hanno sviluppato una capacità sempre più avanzata di profilare gli utenti, studiarne e ricordarne il comportamento online (siti visitati, pagine lette, acquisti fatti) per identificarne preferenze e gusti e far vedere loro una selezione di contenuti studiati per suscitarne l’interesse e l’attenzione.

Ogni notizia che vediamo sui social network, non è quindi casuale ma filtrata da algoritmi.
Nella pratica i social creano una comfort-zone su misura d’utente: ciascuno vive nella propria personale isola felice, convinto di essere connesso con una pluralità di individui e informazioni, mentre in realtà gli algoritmi continuano a riproporgli una visione narcisistica di sé stesso amplificata nel riflesso altrui.

Sui canali social i contenuti ci vengono proposti per assonanza e similarità, riflettono le preferenze accordate dai nostri «like» e non l’effettiva visione del mondo. Questo fenomeno, apparentemente innocuo, può avere conseguenze rischiose soprattutto se associato alla sfera intellettuale e culturale degli individui.

Dietro l’infodemia– la diffusione di news– ci sono dinamiche precise[11]:

FILTER BUBBLE

La filter bubble definisce uno spazio personalizzato all’interno del quale ci viene mostrato solo quello che desideriamo vedere. Questo processo avviene in quanto l’algoritmo memorizza i nostri comportamenti in rete e ci ripropone contenuti in base ai nostri interessi in un ciclo continuo.

Per la prima volta Il termine “filter bubble” fu utilizzato dallo studioso americano Eli Pariser che nel libro Filter Bubble: What The Internet Is Hiding From You” (Penguin Group, 2011) definiva con il termine omonimo gli ecosistemi informativi personalizzati generati da algoritmi.

Tra gli effetti di questo “isolamento intellettuale” vi è la convinzione che «i nostri stessi interessi sono gli unici che esistono», allontanando qualsiasi tipo di pluralismo.

Le bolle di filtraggio contribuiscono a diffondere un’informazione limitata, parziale, una disinformazione.

Una diretta conseguenza sono gli Eco – Chamber

ECO – CHAMBER

Un eco-chamber, o camera dell’eco è un conteso che porta alla creazione di uno stato di isolamento ideologico degli individui.

Le camere dell’eco sono dei meccanismi per cui si è raggiunti solo da informazioni coerenti con le proprie visioni, su qualsiasi argomento.

“Non è facile rendersi conto di essere intrappolati in una echo chamber, poiché questo spazio digitale fa leva su meccanismi psicologici radicati nella mente dell’individuo. Primo tra tutti il “bisogno di appartenenza”, la necessità di far parte di un gruppo che caratterizza tutti gli esseri umani e ci induce a esprimere opinioni e giudizi dinnanzi a una platea a noi affine. In secondo luogo, ciò che gli studiosi hanno definito “confirmation bias”, il pregiudizio di conferma, cioè quel bisogno di ottenere l’approvazione dell’altro e l’appoggio alle nostre idee e prese di posizione.”[12]

Una delle conseguenze degli eco-chamber è l’estremizzazione delle idee, con una conseguente disinformazione e diffusione di fake news che diventano difficili da smascherare a causa dei meccanismi insiti nei social stessi, grazie agli share, ai like ecc.

CYBER BALKANITZATIONS

Si tratta di un fenomeno chiamato splitinternet o cyberbalkanization (o balcanizzazione di Internet, ndr), che fa riferimento all’esistenza di diversi gruppi di individui, con posizioni e credenze simili, che vanno a formare delle community online facilmente individuabili e coerenti.
Questo fenomeno prende forma grazie alla frammentazione dell’informazione in Internet, dovuta ai motivi più svariati: politica, nazionalismo, religione, interessi commerciali e molto altro ancora.

A livello globale questo significa che, non esiste affatto una sola Rete per tutti i Paesi del mondo, ma che alcune tra le più grandi potenze possono goderne di una propria.[13]

Democrazia o Ostracismo

I meccanismi che sono stati descritti precedentemente possono avere effetti deleteri sul dibattito pubblico portando alla polarizzazione e all’estremizzazione di posizioni e proposte politiche già di per sé oggi molto polarizzate.

Negli ultimi anni si è manifestata l’importanza che internet ha a livello politico: ad esempio con le primavere arabe, in cui la protesta veniva gestita e coordinata attraverso i social, oppure con la campagna elettorale di Donald Trump.

Episodi borderline, come quello a seguito dell’invasione violenta di Capitol Hill costata la vita a quattro persone, hanno portato al dibattito considerando il tema della “libertà di parola” nei nuovi contesti digitali.

L’incontrollabilità di flussi di informazione organizzati con tecniche algoritmiche, sembrano porsi in rotta di collisione con lo stesso principio di democrazia.[14]

Episodi come quello di Trump, il cui profilo è stato bloccato sui social network in difesa della democrazia, dimostrano che chi detiene il potere è chi può sostanzialmente spegnere internet-social con enorme facilità.

“In democrazia non tocca a un soggetto privato – neppure se si tratta del più grande social network della storia – decidere quando è arrivato il momento di ordinare l’ostracismo di un cittadino in ragione di quel che dice o scrive online, neppure o, forse, a maggior ragione, se si tratta del Presidente in carica degli Stati Uniti d’America.”[15]

Prospettive future: ritorno alle origini

In questa situazione di minaccia per la libertà e la democrazia, si discute spesso sulla necessità di un ritorno alle origini.

La ricerca di quei principi che sottostavano alla nascita del web, il sogno di una rete decentralizzata.

La creazione di uno standard aperto e decentralizzato per i social media non è una novità. [16]

Nel 2009 Tim Berners-Lee con il suo saggio “Decentralization: The Future of Online Social Networking”, affrontava il problema evidenziando alcune problematiche di avere piattaforme centralizzate.

Governi: I server in cui vengono raccolti e gestiti i dati degli utenti sono collocati fisicamente in una o più regioni del globo; ciò comporta che debbano sottostare alle normative governative vigenti in quel posto.

Hackers: basare le proprie piattaforme su un’infrastruttura centralizzata significa esporre i propri dati a potenziali problemi di sicurezza. Sono numerosissime le fughe di dati sensibili che avvengono quotidianamente dalle compagnie che operano con server centrali. [17]

In risposta a queste problematiche sono nati alcuni social network decentralizzati come:

Mastodon è un social network decentralizzato open-source dall’interfaccia molto simile a Twitter, di cui ripropone le funzioni principali. La differenza con twitter è che Mastodon non si basa su un server centrale, ma permette a chiunque di creare un proprio server, chiamato “istanza”. Questo permette di avere una rete di server indipendenti a garantire la decentralizzazione del network.

Altri esempi sono Diaspora, Steemit e Minds e All.me., due social che remunerano in cripto-valuta gli utenti che contribuiscono con i loro contenuti. [18]

Ma i social decentralizzati cosa sono differenti rispetto ai social normali?

La logica che li contraddistingue è la stessa alla base della catena di blocchi della tecnologia blockchain di bitcoin. I dati risiedono su server indipendenti, interconnessi tra i quali le trasmissioni di dati avvengono attraverso un meccanismo di consenso.
“Si tratta in questo caso di una rete distribuita, ma in realtà non tutti i social network decentralizzati sono necessariamente distribuiti o totalmente decentralizzati.

Gli utenti dei social decentralizzati restano comunque proprietari dei loro dati detenendone il controllo. Crittografia e condivisione solo previo consenso esplicito (in funzione di autenticazione) fungono da presidi di sicurezza dei relativi trattamenti.”

I vantaggi sono i seguenti:

  • Offrire delle piattaforme realmente al servizio degli utenti.
  • Open-source, privi di pubblicità e rispettosi della privacy.
  • Sicurezza ed efficienza, data dalla possibilità da parte della comunità di revisionare il codice e di verificare l’integrità dei propri server.
  • Resilienza dei contenuti: in regioni del mondo dove salgono al potere governi dalle politiche totalitariste, capita spesso che servizi web possano essere facilmente bloccati e interrotti; se si stabilisce una fitta rete di server “federati”, diventa difficile bloccarne i servizi e i contenuti in quanto non si ha un punto centrale di attacco.
  • Nessun ente centrale può bannare individui scomodi.[19]

 

La logica della decentralizzazione ha incontrato oppositori fin dall’inizio: i maggiori esponenti nei settori finanziari e tecnologici (social compresi) si sono dati alla tecnologia legata a Bitcoin, la blockchain, identificandola come una minaccia.
Tuttavia, il concetto di Internet decentralizzato si è imposto come elemento disruptive dell’innovazione tecnologica coinvolgendo tutti i settori industriali, finanziari, compresi i social network.

Che accadrà?

Staremo a vedere.

AUTORE

Ciao sono Francesco Benetton, sono laureato all’università Iusve di Verona con indirizzo scienze e tecniche della comunicazione.

Attualmente sto frequentando al secondo anno di magistrale all’università Iusve di Verona con dirizzo di Web marketing e Digital Communication.

Sono una persona creativa, dinamica e intraprendente. Amo la musica lo sport e la moda.

 

 

Sitografia e Bibliografia

[1] Digital News Report,  https://www.digitalnewsreport.org

[2] Pitruzzella G., La libertà dell’informazione nell’era di Internet, http://www.astrid-online.it/static/upload/pape/paper6_pitruzzella-2.pdf

[3] Cfr Pitruzzella G.

[4] Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it

[5] Cfr Pitruzzella G.

[6] Cfr Pitruzzella G.

[7] Costa G., Orientarsi nell’era della post-verità, https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/orientarsi-nell-era-della-post-verit/

[8] Eco U., Il messaggero, https://www.ilmessaggero.it/societa/persone/umberto_eco_attacca_social_network_imbecilli-1085803.html, 2015.

[9] Villa R., https://www.wired.it/attualita/media/2019/01/29/post-truth-post-verita-lee-mcintyre-intervista/, 2019.

[10] Cfr Villa R.

[11] Figini A., Filter Bubble ed Echo Chamber. L’informazione ai tempi dei Social Network, https://blog.ecostampa.it/filter-bubble-ed-echo-chamber-linformazione-ai-tempi-dei-social-networ

[12] Cfr Figini A.

[13] Crescenzi C., Splinternet, la fine dell’Internet globale, https://techprincess.it/splinternet-cyber-balcanizzazione-della-rete/, 2021

[14] Luceri C., Ribrezzo F., La libertà di espressione: aspetti problematici nell’era di internet,

https://www.iusinitinere.it/la-liberta-di-espressione-aspetti-problematici-nellera-di-internet-2524, 2020

[15] Scorza G., L’ostracismo dei social contro Trump? La democrazia è un’altra cosa, Il fatto quotidiano, https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/08/lostracismo-dei-social-contro-trump-la-democrazia-e-unaltra-cosa/6058877/2021, 2021

[16] Una rete decentralizzata per contrastare i grandi monopoli, https://valutevirtuali.com/una-rete-internet-decentralizzata-per-contrastare-i-grandi-monopoli-dellinformazione-e-il-controllo-globale/, 2018

[17] Il fenomeno dei social decentralizzati, https://theledger.it/approfondimenti/il-fenomeno-dei-social-decentralizzati/, 2021

[18] Calderini B., I social e il web decentralizzato: che c’è di vero dietro l’utopia, https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/i-social-e-il-web-decentralizzato-che-ce-di-vero-dietro-lutopia/, 2020

[19] Cfr Calderini B.