Sommario
La comunicazione nell’ epoca dell’infosfera
La parola comunicare, dal latino communico, significa mettere insieme, in comune con l’altro. Il senso che ne deriva dalla sua etimologia ha a che fare con la condivisione e, ad oggi, il valore che le era stato attribuito si riconferma più forte di prima, grazie all’ausilio di nuove forme di comunicazione digitale e strumenti che agevolano l’uomo. Si è costantemente immersi in uno spazio di contatti e di relazioni simultanee in cui tutti gli attori sono al tempo stesso sia consumatori che produttori di contenuti.
Quest’ambiente iper-connesso e cross mediale, definito da Anselmo Grotti infosfera, si nutre delle informazioni che internet ha raccolto e che rappresentano l’intero scenario mentale dell’uomo. Nella società di oggi, quindi, contenuti e strumenti digitali quali social networks, motori di ricerca e piattaforme di diversa natura, sono all’ordine del giorno, si integrano nella vita degli individui e diventano parte della loro quotidianità. Tale aspetto, portato dalla rivoluzione digitale ancora in atto, rende difficile distingue il reale dal virtuale, in quanto le due sfere sono confluite l’una nell’altra trasformando le relazioni, l’economia, il lavoro e persino il tempo.
Secondo Martin Buber l’uomo si definisce nella sfera dell’interrelazione e costruisce la propria identità attraverso il dialogo con l’altro. La sua natura sociale lo rende propenso al confronto, alla responsabilità, alla reciprocità. Queste virtù unite all’ingegno hanno provveduto a soddisfare il desiderio di socializzazione circondando l’umanità di mezzi di comunicazione interattivi e stimolanti come i social networks. Spesso sono stati oggetto di critica per la loro natura persuasiva e per la grande dipendenza che sono capaci di creare, tanto da portare all’assuefazione.
Il ruolo dei social network
Da un certo punto di vista, i contenuti formulati dai social mostrano una realtà migliore: tende ad emergere il sogno, la vita ideale, le aspirazioni. Il tutto a portata di un clic. Proprio per questo motivo sono oggetto di svago, di relax, d’immaginazione. E associati a questo, in una società produttivista come la nostra, sono considerati futili perdite di tempo. È facile però minimizzare gli effetti di un mezzo tanto potente, così come è difficile riuscire a coglierne ogni aspetto e comprenderne l’obiettivo ultimo, che di certo non è il mero intrattenimento.
Strumenti di comunicazione come Instagram, Facebook, Linkedin, YouTube sono forme di cultura condivisibile: la loro versatilità permette di creare informazione, di ricevere e dare risposte, di aggiornare contenuti e di risolvere problemi. In che modo? Unendo gli uomini. Il social, com’è intuibile dall’etimologia della parola, funge da trait d’union fra gli individui. Apre la porta all’incontro, al dialogo, con immediatezza e semplicità. In quest’ottica l’intera rete, negli ultimi anni, ha sviluppato un ruolo sempre più attivo nelle relazioni umane riuscendo a dare un valore aggiunto alla vita di chi ha saputo farne un corretto utilizzo e ne ha tratto vantaggio.
Le reti sono tribù
Citando il sottotitolo di un libro di Osvaldo Danzi e Giovanni Re «dietro le reti ci sono le persone» . Ed è inevitabile che, sentano un forte bisogno di aggregazione, per riconoscersi negli ideali di qualcun altro o semplicemente per poter condividere i propri con qualcuno che li ascolti, li rielabori e li dibatta.
Nel mondo virtuale la reciprocità è all’ordine del giorno, poiché non si hanno limiti di spazio o di tempo. Inevitabilmente gli obiettivi, i principi, i bisogni riuniscono le persone in gruppi che sviluppano propri modelli valoriali e abitudini, andando a creare dei veri eco-sistemi sociali. In comunicazione questo fenomeno si metaforizza nel concetto di tribù. La definizione riportata dal vocabolario Treccani parla di un gruppo i cui membri comunicano con uno stesso linguaggio e con la consapevolezza di costituire un organismo sociale ben determinato e politicamente coerente. Difatti, in una comunità online è possibile riconoscere tali aspetti, tipici di un contesto tribale. Una metafora arcaica ma efficace, in quanto è capace di trasmettere la genuinità dei rapporti che consolidano una comunità web.
Ogni utente ha una propria identità sviluppata adeguandosi al nuovo sistema di segni e al linguaggio che il web regala. Si costruisce il suo spazio all’interno di un gruppo con i medesimi obiettivi, ruoli, ambizioni o passioni. Così entra a far parte di una «tribù virtuale» . Un luogo propenso alla condivisione, alla crescita, in cui dimora un forte senso di co-responsabilità, poiché ogni membro contribuisce a rendere il gruppo tale.
La logica del dono
Seth Godin, nel suo libro Tribes, elabora il concetto con grande maestria, ricordando come il principio che rende coeso un gruppo sia la fiducia: «Tribes are about faith — about belief in a idea and in a community. And they are grounded in respect and admiration for the leader of the tribe and for the others members as well». Una fede che si decodifica nel credere in quello che si fa, nelle informazioni che vengono divulgate, nelle idee altrui, con ammirazione e rispetto. Questo credo non dev’essere qualcosa di autoimposto, bensì una propensione naturale: avviene automaticamente quando qualcuno si rispecchia e si fida dei partecipanti del gruppo, tanto che il proprio successo è direttamente proporzionale a quello di ogni altro membro.
In questa prospettiva ogni individuo riceve dei contenuti utili e ne dispensa a sua volta senza pretendere una ricompensa, ma col solo scopo di arricchire la community condividendo qualcosa della propria esperienza o del proprio sapere. Nella società odierna ogni azione sembra essere spinta da ideologie politiche, sete di guadagno o ricerca di notorietà, diversamente in quella online si tratta di un agire più imprevedibile: esistono utenti con intenzioni distruttive e altri che sfruttano il web per condividere e portare un valore aggiunto alla rete. È la logica del dono su cui si fonda una community. Secondo la quale coloro che ne fanno parte mettono a disposizione il tempo, l’attenzione e le risorse di cui dispongono per agevolare la crescita dell’altro, senza pretendere che il favore venga ricambiato.
Il fenomeno delle web community nasce e si evolve in un contesto socio-culturale articolato e complesso: non si tratta più di una società in cui crescita, benessere e valore dipendono quasi esclusivamente dalla qualità dell’operato umano, che solo in parte ha interazioni con le ICT (Information and Communication Technology).
La comunità diventa community
Nell’ultimo millennio le tecnologie di comunicazione e informazione hanno acquisito un ruolo fondamentale, diventando indispensabili all’uomo. Luciano Floridi, nel suo libro La Quarta Rivoluzione, chiama questo particolare momento storico Iperstoria, riferendosi al ruolo preponderante che la tecnologia ha acquistato: «ci sono ICT che registrano, trasmettono e soprattutto processano informazioni, in modo sempre più autonomo […] le società umane dipendono in modo cruciale dalle ICT e dalle informazioni, in quanto risorsa essenziale per la loro crescita» . Il fattore primario, che ha portato questi profondi cambiamenti all’interno del nostro sistema culturale, si può individuare nel passaggio dal web 1.0 al web 2.0. Il Wolrd Wide Web, concepito nel 1989 da Tim Berners-Lee, è una componente di internet che permette di navigare, fare ricerche e aggiornarsi sulle notizie.
Dai primi anni Novanta la possibilità di reperire informazioni online è diventata sempre più tangibile: i giornali e i media convenzionali, che da anni veicolavano ogni genere di comunicazione, sono stati gradualmente affiancati dal grande bacino informatico che è internet. Inizialmente il web presentava alcuni limiti, come la mancanza dei mezzi informatici per accedere alla rete o delle competenze necessarie agli utenti per poterlo comprendere e fruire fino in fondo .
WEB 2.0: Le reti sono relazioni
Con la continua evoluzione di quello che al tempo era un archivio d’informazioni online, verso la metà degli anni Novanta, i mezzi per potervi entrare in contatto sono notevolmente aumentati. Nel 1994 sono arrivati i primi motori di ricerca e e-commerce come Yahoo e Amazon. La crescita della domanda e dei bisogni degli utenti viaggiava di pari passo con lo sviluppo del web, che si è spinto sempre di più verso una direzione dinamica e interattiva, concedendo di apportare commenti e modifiche grazie ai primi forum e aree chat. All’inizio degli anni Duemila, più precisamente nel 2004, nasce dalle menti di Tim O’Reilly e John Battelle un nuovo concetto: Il web come piattaforma, quello che oggi conosciamo come web 2.0.
Si arriva a concepire il www come un nucleo attorno al quale gravitano applicazioni, piattaforme, motori di ricerca, portali e siti specializzati. Questa evoluzione informatica ha portato uno stravolgimento nella società: le aziende hanno iniziato a digitalizzarsi e a lavorare su nuove opportunità di business, gli utenti sono diventati produttori di contenuti e consumatori al tempo stesso, passando da semplici consumer a prosumer (neologismo coniato dall’unione delle parole inglesi producer e consumer).
Forum e Blog
Le prime vere e proprie forme d’interattività in rete sono nate con i forum: delle pagine web che favorivano le conversazioni tra gli utenti mediante commenti e risposte. Registrandosi con il proprio nome o con uno pseudonimo era possibile avviare dialoghi online sui più disparati argomenti, i quali non erano dei semplici dati volatili, bensì permanevano nel database del sito risultando consultabili anche a posteriori.
Differentemente, i blog, nati nello stesso lasso di tempo, davano la possibilità di commentare, ma non agevolavano la discussione essendo impostati secondo una gerarchia che favoriva l’intervento principale e metteva in secondo piano i commenti, generando delle conversazioni a senso unico. Questi primi fenomeni di aggregazione online si sono evoluti nel tempo e tuttora sono presenti nel web, potremmo considerarli come gli antenati delle community.
I primi social networks
Lo step successivo, che ha reso il web 2.0 il luogo d’incontri che conosciamo oggi, sono i social networks. Nel 2003 è stato fondato dalla News Corporation di Rupert Murdoch, My Space, un social indirizzato ai musicisti e ai giovani che è riuscito ad ottenere in poco tempo un successo clamoroso. La fusione tra concerti, giovani e musica a costo zero ha portato una vera svolta sulla rete, che per la prima volta veniva concepita come uno spazio aperto al pubblico, dov’era possibile dare voce ai propri interessi e connettersi con le persone .
Già in questo momento storico, agli albori dei primi social networks, l’idea di community online prendeva forma e diventava sempre più concreta. Con l’arrivo di Facebook, nel 2005, la rete si avvicina ancora di più alle persone. Il social, dall’aspetto più controllato e sicuro rispetto a My Space, ha ottenuto subito un grande successo, poiché persone da tutto il mondo riuscivano a comunicare simultaneamente, accorciando così le distanze e trovando nuovi luoghi d’incontro.
Grazie a questo innovativo mezzo di comunicazione, per la prima volta si ha la possibilità di creare dei veri e propri gruppi online, coordinati da un amministratore, dov’è possibile iscriversi, inviare inviti e scegliere se renderli privati (visibili solo ai membri) o pubblici (visibili a tutti gli utenti Facebook). La piattaforma ha reso semplice e intuitiva un’attività, che fino a quel momento, risultava complessa, sdoganando un nuovo modo di comunicare, lavorare e interagire con le persone, senza l’effettiva presenza fisica, ma solo con l’ausilio di un pc o di uno smartphone.
Conclusioni
Oggi, il social si è evoluto e ha messo a disposizione nuovi servizi incentrati sempre più sul concetto di comunità: Workplace by Facebook ne è un esempio. La piattaforma dà l’opportunità alle realtà aziendali di creare delle comunità tra impiegati, agevolando l’inclusione e la comunicazione interna alle imprese. Potemmo affermare che, dagli anni Duemila fino ad oggi, l’evoluzione della rete si sia focalizzata sulle persone e sulla condivisione, provocando sia effetti negativi come il cyberbullismo, l’hackeraggio e una privacy più debole e vulnerabile, sia effetti positivi come la collaborazione, la condivisione di esperienze, la tempestiva diffusione di notizie e la possibilità di far parte di community sempre più specifiche e inclusive.
Buber M., La reciprocità come esperienza educativa, Milano, Qiqajon
Grotti A., Comun I care. Prendersi cura del tempo nella rivoluzione digitale, Roma
Re G., Danzi O., #Community manager. Dietro le reti ci sono le persone, Milano, Franco Angeli, 2018
O’Reilly T., Battelle J., « Web Squared: Web 2.0 Five Years On »,URL: https://conferences.oreilly.com/web2summit/ web2009/public/schedule/detail/10194
Marketing & Vendite, « Prosumer: l’evoluzione del consumatore », URL: https://www.imprenditoreglobale.com/ prosumer-levoluzione-del-consumatore/
BIO
Sono Ludovica Nacci, ho 24 anni e studio web marketing. Durante i miei studi e le mie esperienze ho maturato un grande interesse per le dinamiche sociali sia da un punto di vista pedagogico sia sociologico. Questo mi porta ad approcciarmi al campo del marketing con un’attenzione particolare verso le persone.