A differenza del primo Foucault, gli scritti tardi dell’autore tentano di dar ragione della completa amministrazione e razionalizzazione della vita sociale investigando le relazioni asimmetriche di potere / sapere a partire dai concetti di “biopolitica” e “biopotere” piuttosto che dall’analisi degli apparati istituzionali di potere.
Al pari della teoria critica tedesca, la cosiddetta Scuola di Francoforte, Foucault è convinto:
- che l’oggetto principale di studi debbano essere le dinamiche tra potere e sapere in quanto sono queste a caratterizzare l’ambiente sociale del tempo, i tipi di relazione umane, le istituzioni politiche e il tipo di gestione statale;
- che vada radicalmente criticata la nozione tradizionale di “sapere” che invece è pensato come assolutamente storico, idiosincratico agli usi e ai costumi di una particolare comunità;
- che vada inoltre criticata la convinzione nell’esistenza di un soggetto, di un Ego, razionale, auto-cosciente, trasparente a se stesso e monade finita e chiusa all’esperienza dell’alterità;
- del primato della praxis rispetto al pensiero teoretico e contemplativo;
- della necessità di adottare una prospettiva scettica. La consapevolezza cioè che sia possibile conoscere solamente dal proprio limitato punto di vista storico e locale. È quindi negata la possibilità di una conoscenza certa, durevole e oggettiva (e di ogni verità assoluta);
- infine, della necessità di rigettare la filosofia come sistema filosofico chiuso (o teoria di x). L’oggetto dell’indagine filosofica deve essere quello invece di portare alla luce aspetti sociali che resistono alla razionalità, la teoria critica in particolare è utile nell’offrire una nuova prospettiva storica alla ricerca contemporanea delle scienze sociali.
Ho altrove esposto analiticamente tale vicinanza e divergenza in Subjectivity and instrumental reason in modern society. Lines of continuity between Foucault and the Frankfort School, scritto sotto la supervisione del Dr. John Grumley, Department of Philosophy, University of Sydney.
Sommario
Meccanismi di potere
Differentemente dalla tradizione francofortese però Foucault pensa che la ragione sia sempre stata legata alle dinamiche di potere e che quindi sia essenzialmente caratterizzata da una logica di dominazione ed esclusione.
La nozione di ragione strumentale nel primo Foucault sembra essere troppo inclusiva e implicare una prospettiva distorta che inficia l’intera ricostruzione storica dei diversi tipi di potere (McCarthy, T. 1990).
Dal momento che la ragione è completamente assimilata alla razionalità strumentale, come un processo di oggettivazione della natura e del proprio Sé, dal momento che sapere e conoscenza scientifica sono descritti come la perpetrazione storica di controllo e dominazione, è difficile comprendere come la critica sociale di Foucault possa rappresentare qualcosa di più e di diverso dal nichilismo o ascetismo.
Primo, se la ragione tout court è essenzialmente impura, illogica e brutale non si capisce perché anche il lavoro di Foucault non vada incluso in questa catena di illusioni narrative. Secondo, una teoria sociale che neghi l’esistenza della soggettività nel senso più generale del termine, perde per questo il proprio oggetto privilegiato di analisi e quindi sembra almeno parzialmente contraddittoria.
Originalmente infatti il programma di Foucault non è quello di proclamare la “fine storica” dell’individuo moderno ma quello di minare l’ontologia stessa del soggetto. Ancora nel 1984 in The Ethics of care of the self as a practice of freedom, seguendo il programma genealogico di Nietzsche, Foucault vuole demolire ogni sorta di a priori teoria del soggetto.
Ecco il motivo per cui oggigiorno, secondo il pensatore francese, non è possibile derivare alcuna teoria politica basata su di una precisa teoria del soggetto ma è invece auspicabile una ricostruzione storica delle condizioni di possibilità di una certa forma di soggettività legata a un particolare gioco di verità.
Foucault di fatto si chiede: come quel particolare soggetto interagisce con un certo gioco di verità?
Ecco David Grewal intervenire sull’argomento alla conferenza su “Integrated theory of bio-power” del 2008. A seguire un altro video, questa volta allo stesso tavolo e Manuel Castells:
Governance della rete
Il secondo Foucault invece, dato il progressivo abbandono dell’idea che disciplina e istituzioni costringano l’uomo in una gabbia di controllo assoluto, sembra suggerire la possibilità che a ogni potere corrisponda una certa forma di contro-potere e quindi che, nonostante la complessità del presente, sia ancor oggi possibile l’adozione di tecnica di lotta e critica sociale.
È possibile allora indagare criticamente la gestione tecnica del potere non interrogando le nozioni di governance e dominazione, in ordine di sgretolare i meccanismi di potere, ma attraverso la pratica del “prendersi cura del proprio Sé”.
Prendersi cura di sé
Prendersi cura di sé implica una ridefinizione del concetto tradizionale di resistenza al potere, che passa attraverso l’idea che i greci antichi avevano di vita politica.
Dal momento che il tipo di potere in atto nella società contemporanea, come è stato altre volte detto, agisce continuamente sui corpi, le azioni delle persone e la relazioni tra questa, in una parola, sulla stessa vita, la logica del contro-potere dovrà essa stessa esercitare una resistenza che investa la vita tout court.
Al biopotere è quindi possibile opporre la cura di Sè, le tecnologie del Sè sono speculari e corrono in direzioni opposte.
Accanto al potere di morte, che è standard, norma e codice protocollare, il potere di far vivere e vivere un’esistenza genuina alla ricerca della propria felicità, soddisfazione e meraviglia.
Se, come scrive Foucault:
Biopolitics tends to treat the ‘population’ as a mass of living and coexisting beings who present particular biological and pathological traits and who thus come under specific knowledge and technologies.
Foucault, M. 1997
E altrettanto vero che:
(…) il biopotere tende ad assumere la vita e i suoi meccanismi, per divenire un agente di trasformazione della vita umana; questo, tuttavia, non significa che la vita sia stata integrata in maniera esaustiva alle tecniche che la dominano e la gestiscono. Essa fugge loro senza posa. Le forze che resistono si appoggiano proprio su quello che il potere investe, cioè sulla vita e sull’uomo in quanto essere vivente.
Foucault, M. 1985, La volontà di sapere. Storia della sessualità 1
Nei prossimi capitoli vedremo come, in forme diverse, Castells, Deleuze, Agamben, Galloway e altri hanno tentato questa via.
Penso sia corretto interpretare il biopotere, nei termini della teoria delle reti, come la forma contemporanea di potere de-territorializzato, se volgiamo decentrato o acefalo, un potere di controllo politico su ogni aspetto della vita sociale.
Se questa interpretazione è corretta, oggi, rispetto al tempo di Foucault, disponiamo di migliori e più sofisticati metodi di indagine per comprendere il significato della parola biopotere, analisi dalle quali è forse possibile dare una teoria biopolitica, una teoria politica della rete.