L’idea che ogni teoria politica contemporanea debba tener conto che

  • il potere è decentrato, ovvero che non esiste come in passato un agente del potere privilegiato e definito; 2
  • il potere ha a che fare con la realtà materiale tout court e non è al contrario qualcosa di puramente umano;

è sottolineata da un certa scuola di sociologia – quella di Manuel Castells e del suo gruppo di ricerca – particolarmente attenta ai nascenti paradigmi della rete e della preminenza di relazioni sociali sui cosiddetti fatti sociali.

Manuel Castells e il potere della comunicazione

In Communication power (2009), il sociologo spagnolo Castells propone un’inedita topologia del potere in atto nella società contemporanea. In effetti, questo testo può essere considerato tra i migliori lavori che tentano di chiarire e rendere utilizzabile il senso delle intuizioni di Foucault.

A differenza del passato, dove il potere è da sempre pensato come debole e coercitivo alla Gramsci e alla Foucault (una mano che impugna la pistola, forza bruta, intimidazione, tortura corporale) o come forte e persuasivo alla Weber (il potere di costruire significati attraverso l’azione dei discorsi, la costruzione e distribuzione di un immaginario collettivo), nell’epoca presente vanno distinti 4 diversi tipi di potere:

Networking power

Il potere di esclusione / inclusione di una rete. Simile alla cosiddetta teoria gate-keeping, è il tipo di potere che nasce dall’esclusione di alcuni membri, organizzazioni, attori dal sistema della società globale.

Network power

E’ l’ordine protocollare di comunicazione che gestisce le regole di inclusione di nuovi membri e gli standard applicati a tutti i membri della rete. Di fatto è il potere di coordinare un particolare network.

Networked power

In ogni sistema alcuni attori hanno una posizione distinta e privilegiata dalla quale è possibile governare almeno parzialmente le relazioni tra altri nodi.

Pur non essendoci infatti, in una rete sociale decentrata, un’unica fonte di potere (né un’unica élite globale che condivida obiettivi e metodi) va ammessa l’esistenza di diversi attori privilegiati (ad esempio: il Governo Statunitense, il Presidente Berlusconi, la confederazione degli stati più ricchi sul pianeta).

Tali attori costituiscono distinti network di potere scientifico, economico, politico, sociale, mediatico, finanziario, legislativo e amministrativo, ecc…

Network-making power

Riferito non al potere degli standard in sé ma al potere di chi ha la possibilità di decidere lo standard.

potere della rete

Programmers // Switchers

L’idea è già presente in Castells (2000) nei termini di programmers e switchers.

I primi pianificano, programmano e ri-programmano la rete al fine di mantenere gli interessi degli attori privilegiati attraverso norme e protocolli (le norme imposte internazionalmente da Washington, gli accordi commerciali, la proprietà intellettuale e altri sistemi di copyright, gli standard nel mondo della tecnologia), i secondi – gli switchers – permettono o meno lo scambio di risorse e dati agevolando la distruzione dei portatori di interesse in competizioni con i programmers di un determinato sistema.

È qui fondamentale comprendere che, a differenza di ANT e Latour, secondo Castells la funzione di programmers e switchers è svolta solamente da attori umani. Sono essi persone, individui, uomini, cervelli.

Tra le due categorie, le più importanti sono le seconde. Gli switchers infatti più che preoccuparsi del contenuto delle informazioni gestiscono la loro possibilità di circolazione fornendo quella linea comune, a common cultural glue, su cui le singole informazioni sono di fatto innestate e lasciate libere di essere.

Castells (2009), come vedremo in modo non dissimile da Galloway (2004), considera l’informazione come la materia alla base del processo di costituzione del potere nella società contemporanea.

In una rete sociale globale ad alta densità tecnologica, il ruolo di preminenza sociale è ricoperto dall’attore in grado di coordinare e regolare le reti tradizionali di relazioni sociali e l’infrastruttura tecnica che processa la comunicazione. Insomma non è importante quello che il media televisivo dice ma ciò che nasconde e non dice.

Ad esempio Rupert Murdoch non gestisce un’azienda di prodotti ma di relazioni. Negli Stati Uniti (e recentemente in Inghilterra) è risaputo come la sua piattaforma di network supporti, a prescindere dai contenuti politici, diversi partiti a seconda degli interessi personali del momento. Allo stesso modo, il MIT e altre università statunitensi non sono considerate le migliori al mondo per ragioni puramente accademiche ma in quanto la relazione tra queste e l’esercito degli Stati Uniti, per esempio, garantisce loro sinergie, contratti e disponibilità economiche impensabili nel contesto europeo.

Programmare o venir programmati? Di Douglas Rushoff

Ecco due video del popolare e best seller D. Rushoff. In Program or be Programmed: Ten Commands for a Digital Age”  riflette sul significato sociale del codice e del software:

Nel secondo, riprende l’argomento ospite del New Your Institute nel 2010:

La tribù sociale di David Grewal

In una conferenza del 2008 nell’ambito di USC Annenberg in cui vengono discussi possibili e alternativi modelli di biopotere, David Grewal, giovane ricercatore del gruppo “Castells”, propone la necessità di una ricognizione storica depurata da ogni residuo antropologico e basata sulla teoria della rete e lo fa a partire da Communication power (2009).

communication power

Riprendendo e parafrasando Castells qui la questione è: che tipo di potere è in azione nella network society? Com’è strutturato il potere nello spazio a rete? Differenti tipi di rete sociale danno origine a differenti tipi di potere?

L’idea di Grewal è che il termine “società” vada pensato come un etichetta per indicare l’evoluzione e la progressiva complessificazione di una molteplicità di reti sociali (e delle forme di potere in gioco in queste reti).

Mentre alcune di queste sono già da sempre in opera (tribù, clan, famiglia estesa), altre sono emerse nel corso della storia (organismi internazionali, forum sociali) ma ecco il punto importante, nessuna è stata interamente rimpiazzata nel divenire del processo storico.

Al contrario di ciò che comunemente si pensa, lo Stato Nazione non sostituisce completamente la rete di relazioni informali tra gli abitanti di una regione, né viene sostituito da confederazioni e assemblee tra e di nazioni. Non viviamo in un mondo composto da rigide istituzioni (alla Foucault) ma da sottili sfumature, linee di giuntura, spazi deserti e hub centrali di scambio e produzione delle informazioni.

I diversi tipi di potere, al pari delle diverse realtà sociali, convivono nel continuum del presente storico.

Si rende allora necessaria un’indagine diacronica, una storia del potere, con l’obbiettivo di tracciare una topologia delle distinte reti sociali considerando: le peculiarità di ciascuna rete e la transizione, lo sviluppo della moltitudine di reti nel corso della storia.

Secondo Grewal tale argomento è sviluppabile tenendo conto dei cosiddetti network effects, effetti imprevisti o esternalità per i quali

  1. il coordinamento, lo standard e il protocollo di potere operante in una rete sociale migliora all’aumentare delle parti che lo sostengono e promuovono;
  2. tale miglioramento può portare in linea di principio a una progressiva eliminazione delle possibilità in cui il singolo esercita la propria libera scelta.

manuel-castells

In altre parole, Grewal (2008) sostiene che sin dall’inizio della storia, gli individui si son riuniti in comunità perché in essa avevano capito di poter realizzare, previo un accordo collettivo di reciproca fedeltà che egli chiama reciprocity, un sempre più equo regime di distribuzione delle risorse, redistribution. 

La storia del potere è quindi la storia dei diversi tipi di potere, o con altri termine delle diverse biopolitiche, sperimentati al fine di migliorare lomogeneità della distribuzione delle ricchezze tra i diversi gruppi di portatori di interesse nella comunità tutta.

L’idea è già presente in Neither Market not hierarchy (Powell, W. 1990) e poi sviluppata da J. Lipnack e J. Stamps (2000) per i quali è possibile una topologia del potere a partire dalla distinzione:

team virtuali – piccoli gruppi, nomadismo – gerarchia, agricoltura – burocrazia, industria – rete di informazioni

e in D. Ronfeldt (2006) secondo il quale tutte le forme di rete sociale convivono e si accumulano così come i loro peculiari meccanismi di amministrazione e gestione, in ordine:

clan basati sul potere regale, tribù come reti di famiglie estese, istituzioni gerarchiche (esercito, chiesa, Stato), libero mercato (commercio, finanza, compagnia privata), multi-stakeholder network (società civile, gruppi di attivisti).

Ne sarebbe un esempio la sanguinosa e recente guerra in Iraq.

Qualora il tipo di forza sociale dominante venga disinnescato, i nodi di una rete, gli individui della comunità, retrocedono alla precedente forma di organizzazione. La violenza, documentata dai network televisivi di tutto il mondo, va letta quindi come il ritorno alla tradizione, l’emersione di forme di relazione sociali più tradizionali che si pensava ormai fossero relegate al passato e alla memoria.

Ecco perché quando gli Stati Uniti e altri stati della coalizione eliminano le istituzioni irachene, gli iracheni si rifugiano in piccoli gruppi dominati da meccanismi tribali e locali.