“Come ti chiami su Instagram?”: questa la domanda più gettonata mentre lavoravo come animatrice presso un campo estivo la scorsa estate. La cosa che più mi ha colpito è stato il fatto che a pormi questa domanda non erano i miei coetanei ventenni bensì bambini di quarta o quinta elementare. A tal proposito mi sono chiesta cosa possa comportare l’utilizzo dei social media da parte di adolescenti e pre adolescenti. Questa curiosità è nata anche dal fatto che io stessa sono un utente dei social media ed ho iniziato ad utilizzare tali canali all’inizio della mia adolescenza.

Una ricerca condotta da YouGov  ha riportato il fatto che il 18% dei ragazzi compresi tra i 16 e i 25 anni concorda con la seguente affermazione: “la vita non sia degna di essere vissuta”. Questo dato è abbastanza allarmante: nel 2009 solamente il 9% condivideva tale pensiero. La ricerca condotta è stata effettuata somministrando un questionario online a 2162 giovani inglesi compresi tra i 16 e il 25 anni tra il 13 Novembre e il 2 Dicembre 2018. Questa situazione di insoddisfazione nei confronti della propria vita sembra essere causata in parte dall’utilizzo dei social media. Infatti è risultato che il 46% dei giovani sostenga di sentirsi inadeguato ogni volta che si trova a vedere come conducono la loro vita gli altri basandosi su ciò che condividono nei social media. Questo porta i giovani ad un continuo confronto, che non risulta pertanto positivo. Inoltre il 57% sostiene che i social media creino una pressione costante relativamente al fatto di avere successo nella propria vita. Risultano in aumento anche i casi di suicidi giovanili. Quindi, secondo Nick Stace, il direttore generale inglese di The Prince Trust  (un ente di beneficienza che si occupa di aiutare e sostenere i giovani tra gli 11 e i 30 anni per la loro formazione e il lavoro), la presenza costante dei social media sta rendendo più difficile una fase della vita, quello dell’adolescenza, che già di per sé risulta un periodo di incertezza ed emozionalmente instabile.

Leah Shafer in un articolo  per “Usable Knowledge”, piattaforma online di informazione professionale coordinata dalla Harvard Graduate School of Education, evidenzia come molti esperti hanno identificato un aumento di solitudine, preoccupazione e insonnia tra i giovani, iniziato con l’uscita del primo iPhone dieci anni fa. Shafer riporta la visione di Lindsey Giller, una psicologa clinica del Child Mind Institute specializzata nei disturbi dell’umore dei giovani, che evidenzia come l’ansia, l’insicurezza, la tristezza e la scarsa autostima siano causati almeno in parte dall’utilizzo costante dei social media. Ciò è dovuto dal fatto che tali tecnologie permettono un continuo confronto con gli altri pari e risulta difficile per i giovani interrompere il loro utilizzo. È importante tenere presente però come non tutti i giovani utilizzino i social media allo stesso modo e che in alcuni casi usufruire di tali piattaforme non sia del tutto negativo. Condividere momenti con persone distanti e poter condividere il proprio pensiero può risultare molto gratificante ad esempio. Emily Weinstein, una ricercatrice che sta realizzando un dottorato presso l’Harvard Graduate School of Education, condivide questa visione leggermente più rosea riguardante le conseguenze dell’utilizzo dei social media sui giovani. Weinstein sottolinea come in realtà il desiderio di essere parte di un gruppo, la difficoltà di creare delle relazioni con i pari, capire la propria identità e come rappresentarle, non siano delle complicanze o tematiche esclusivamente associabili all’avvento dei social media, bensì si tratta di questioni sociali relative all’adolescenza identificate da anni. Secondo Weinstein si trattano di dinamiche comuni associabili alle conseguenze di un periodo di sviluppo.

Quindi i social media non sono la causa di tutti i mali adolescenziali, ma a questo punto comunque influiscono in qualche modo a livello emotivo sui giovani utenti. Secondo Amanda Lenhart, esperta di giovani e tecnologia, ci sono dei fattori di stress che provengono dall’utilizzo dei social media, come il fatto di vedere persone partecipare ad un evento a cui non siamo stati invitati, sentire la pressione di postare contenuti attraenti e positivi riguardanti sé stessi, avere la preoccupazione di non ricevere like e commenti ai propri contenuti e il fatto di trovare contenuti che ci riguardano online e non poterli controllare (ad esempio qualcuno che posta video dove siamo presenti che non vorremmo fossero resi pubblici). La ricercatrice Weinstein ha identificato ulteriori elementi di stress che caratterizzano i social media:

  • Il fatto di sentirsi rimpiazzabili, in quanto se uno non interagisce in modo sufficientemente rapido o con entusiasmo ai contenuti di un proprio/a amico/a, questo/a potrebbe trovare un amico “migliore” di noi.
  • Essere continuamente in comunicazione: le persone potrebbero offendersi se non siamo in grado di rispondere in maniera sufficientemente rapida ai loro messaggi.
  • Il cosiddetto digital FOMO (fear of missing out), ossia il fatto che se non si è costantemente connessi è possibile che ci si perda qualche notizia e quindi si possa provare un sentimento di esclusione in quanto non si capiscono le conversazioni che avvengono tra gli amici.
  • Attaccamento ai dispostivi tecnologici e sensazione di smarrimento e ansia quando non si hanno a portata di mano.

In riferimento agli elementi che causano stress relativi ai social media, è opportuno segnalare come negli ultimi anni sia stata identificata una nuova forma di dipendenza, ossia quella relativa ai social media. Questa dipendenza porta l’individuo a controllare costantemente i propri profili social e ad avere difficoltà a distaccarsi da essi per qualche ora. Questa forma di dipendenza è stata identificata come disturbo d’ansia da social media (FOMO) e viene identificato come una condizione di salute mentale associabile al disturbo d’ansia sociale (SAD). Il disturbo d’ansia sociale, o anche identificato come fobia sociale, è la paura di trovarsi in una situazione sociale che porta ad avere una reazione emotiva sproporzionata all’esperienza che si sta vivendo. La cosiddetta ansia sociale è una sensazione di paura in riferimento alle esperienze sociali che viene considerato un elemento comune durante l’adolescenza. Se tale sentimento si protrae nel tempo allora per l’appunto si parla di SAD.  Secondo il centro di terapia giovanile per la salute mentale Ignite Treatment Centers, la dipendenza da social media e il disturbo d’ansia sociale sono collegati e studi recenti evidenziano come la dipendenza da social media può causare disturbi d’ansia sociale. La dipendenza è causata dal fatto che il ricevimento di feedback positivi sui social, ossia “mi piace” o aumento di follower, stimola in cervello nella generazione di dopamina. Secondo il centro Ignite quindi l’ansia sociale collegata alla dipendenza da social media ha delle serie conseguenze negli adolescenti, come quelle già elencate in precedenza identificabili con insonnia, problemi di peso e una perdita dell’interesse in relazione al lavoro o alla scuola.

Secondo Rachel Ehmke, il caporedattore di Child Mind Institute, l’utilizzo dei social media come unico strumento di comunicazione da parte dei ragazzi può portare a delle gravi conseguenze nelle loro modalità di rapportarsi da adulti. Se i ragazzi infatti non si abituano a comunicare vis-à-vis tra loro, in futuro risulteranno eccessivamente ansiosi quando si troveranno a dover parlare con altre persone.

Katie Hurley, psicoterapista specializzata per adolescenti e bambini, sostiene come siano presenti anche degli aspetti positivi relativi ai social media. Infatti secondo la dottoressa, il fatto che i giovani possano comunicare tramite i social media non risulta un fattore così negativo in quanto può permette di sviluppare le relazioni e permettere di socializzare anche ai teenager che soffrono di ansia sociale. Inoltre i teenager che si ritrovano in gruppi marginalizzati, come i ragazzi LGBT, possono trovare supporto e amicizie attraverso l’uso dei social media, che può permettere di conoscere persone distanti che stanno passando un medesimo periodo di difficoltà o che sono riusciti a superare. Questi strumenti pertanto possono fare la differenza per alcuni ragazzi, tra il vivere isolati e il fatto di trovare supporto.

Sulla base delle ricerche riportate sembrerebbe non esserci soluzione alla situazione attuale. Secondo lo studio realizzato da Leah Shafer invece, risulta fondamentale il supporto dei genitori. L’errore principale di alcuni genitori è il fatto di cercare di allontanare completamente i propri figli dall’utilizzo degli smartphone e dei social media con l’obiettivo di educarli ad un utilizzo consapevole. Così facendo ottengono l’effetto contrario. Risulterebbe invece opportuno cercare di capire cosa stanno utilizzando i propri figli e in che modo. In seguito bisognerebbe poi riuscire ad inserirsi all’interno delle loro attività con i social media per cercare di educarli al loro utilizzo. Un esempio che viene posto è quello di guardare qualche video su YouTube insieme o cercare di capire come funziona il gioco che tanto li appassiona. L’obiettivo deve essere quindi quello di guidarli verso un utilizzo limitato e consapevole dei social media e dei dispositivi, in modo da sviluppare nei ragazzi una modalità d’uso corretta di tali strumenti.

Riepilogando quindi, i social media sono in continua evoluzione, pertanto gli studi relativi alle conseguenze del loro utilizzo da parte dei giovani sono sempre in corso. Sulla base delle ricerche effettuate e dei dati raccolti, le conseguenze principali sui giovani relativamente all’utilizzo dei social media risultano essere ansia, tristezza e abbassamento dell’autostima a causa del continuo confronto. Come evidenziato nell’ultima sezione, tale situazione può essere controllata e gestita attraverso una corretta educazione all’utilizzo di tali strumenti, grazie alla presenza di una persona adulta di riferimento.