– Introduzione

La comunicazione politica è ormai oggetto di studi dagli anni cinquanta, quando negli USA si cominciò a sentire l’esigenza di stabilire una relazione fra politica e cittadino attraverso un attento studio dei messaggi riguardanti la politica pubblicati nei mass media.

Non esiste una definizione precisa della materia ma sappiamo che è stata studiata e analizzata dalle principali discipline della scienza sociale: sociologia, psicologia sociale, antropologia, semiotica e scienze politiche.

In base alle peculiarità del contesto analizzato si predilige un approccio rispetto ad un altro, al fine di enfatizzare un fenomeno e osservarne gli effetti.

Nel corso degli anni tutti i mass media hanno dimostrato di poter condizionare l’opinione pubblica attraverso gli strumenti quali i giornali, le radio e la televisione.

L’avvento del web nei primi anni duemila ha portato a numerose novità, come per esempio la nascita delle comunità online, cerchie di persone che condividono uno stesso interesse, molto utilizzate per cercare di aprire il dialogo con gli elettori.

Con la nascita dei social media ormai nessun politico può esimersi da gestire degli account in uno o più social e le persone possono reperire le informazioni desiderate direttamente dall’emittente.

Lo storytelling è diventato lo strumento con il quale il politico costruisce la sua immagine e la associa a dei valori facilmente riconoscibili dagli elettori.

Al giorno d’oggi gli strumenti della comunicazione sono così importanti nelle campagne elettorali da influenzarne la decisione dei contenuti.

 

-Prima dei Social Network

Scena di “Quarto Potere” di Orson Welles.

“-Dunque, signor Carter, c’è un titolo su tre colonne in prima pagina del Chronicle.
-Perché l’Inquirer non ha un titolo su tre colonne?
-La notizia non era importante.
-Signor Carter, se il titolo è grande la notizia diventa subito importante.

Questo dialogo fra Charles Foster Kane e Herbert Carter, estratto dal film “Quarto Potere” di Orson Welles, ci fornisce un’idea di come funzionasse la comunicazione attraverso l’uso dei giornali.

Del resto, Orson Welles ci abituò a iniziative davvero esilaranti, come ad esempio la cronaca del finto atterraggio sulla terra degli alieni utilizzando la radio.

In tutti i casi, nei primi anni del novecento, si reputava vero e assolutamente indiscutibile e rilevante, tutto ciò che veniva scelto e pubblicato dai mass media.

La situazione politica in Italia era assai bene diversa rispetto a quella degli USA: nella prima abbiamo assistito a partiti di massa molto solidi che hanno resistito a lungo, grazie anche al fatto che c’era una forte partecipazione popolare.

Negli States a partire dal dopoguerra i partiti politici si sono formati come organizzazioni elettorali, dove il candidato per raccogliere consensi doveva condurre una sorta di tour, venendo a contatto con migliaia di potenziali elettori, la cosiddetta “politica delle strette di mano”.

In questi anni, gli strumenti e le tecniche della comunicazione politica fra i due paesi sono molto simili.

Con la nascita della tv aumentano le differenze nel modello economico americano, basato sulla privatizzazione di qualsiasi bene pubblico. Anche la televisione ragionava attraverso logiche commerciali, infatti, nell’immediato dopoguerra abbiamo episodi quali gli spot di Eisenhower:

 

Negli anni sessanta assistemmo a nuovi modelli di dibattito politico, come ad esempio il celebre confronto tra Nixon e Kennedy.

In Italia, invece, nello stesso periodo la tv era sotto il controllo del governo principale e si prediligeva un approccio che tutelasse i valori di tutti, il tentativo era quello di istituire una televisione pubblica che fosse un punto di riferimento per la popolazione.

Ne è un esempio Il programma di Alberto Manzi “Non è mai troppo tardi” che insegnò la lingua italiana in una terra doveva regnava l’analfabetismo e dove non c’era una forte coesione culturale e nazionale. La bella televisione aveva un’accezione pedagogica, in America invece le prime file delle convention erano occupate dalle telecamere: il vero pubblico non era mia quello presente, ma quello a casa.

Negli anni ottanta la logica televisiva cambiò con l’arrivo della televisione commerciale:

Anche in Italia la comunicazione politica passa attraverso spot televisivi, dibattiti nei talk show, che inaugurano un periodo, che potremmo dire ancora in corso, in cui contano molto di più i numeri dell’auditel rispetto ai contenuti dei candidati.

In questo senso i dibattiti e i comizi diventano degli show, dove i partecipanti si scannano, si insultano, promettono e si indignano.

Con l’arrivo del web le cose cambiano.

Si costruiscono delle vere e proprie comunità online nelle quali si ha un contatto diretto con il candidato, il quale può costruire l’agenda della sua campagna elettorale direttamente con i consigli e suggerimenti dei suoi promotori ma anche dei suoi detrattori, invitandoli al dialogo e distruggendone le critiche.

Un’ esempio importante da questo punto di vista fu la campagna elettorale di Barack Obama alle presidenziali degli Stati Uniti.

Per sostenere la sua candidatura, l’ormai ex-presidente plurieletto, si è rivolse a Chris Hunghes, co-fondatore di Facebook, per creare MyBarackObama.com, sito online dove sostenitori, si incontrarono virtualmente (e poi anche nel mondo reale), creando iniziative, auto-organizzandosi.

Principalmente l’adesione fu di tipo volontario, all’interno di questa schiera si potevano trovare dai Millenials agli ex sessantottini e ognuno di loro poté collaborare economicamente con la cifra che riteneva più opportuna.

Il risultato fu incredibile, vennero raccolti circa 700 milioni di dollari per la sua campagna, vennero organizzati 200.000 eventi sulla sua rete e circa 1 miliardo di minuti di video realizzati dai suoi sostenitori. L’utilizzo del web gli permise di creare contatto diretto con gli elettori ma allo stesso tempo lo allontanarono dalle logiche degli accordi elettorali con le lobbies e quindi fu più svincolato nell’agire non avendo obblighi da rispettare.

-L’era dei Social Network

L’arrivo dei Social Network ha trasformato il modo di comunicare la politica.

I Social hanno una serie di logiche come ad esempio 140 caratteri diventati ormai 280 su Twitter, come limite per snellire gli stati degli utenti in modo da evitare contenuti prolissi.

Una comunicazione di questo tipo deve per forza ragionare attraverso l’uso di metafore e immagini che rendano più veloce il processo di apprendimento di una notizia da parte degli user.

Ne consegue una comunicazione politica sempre più breve, che necessita di slogan e motti come ad esempio “#tuttiacasa” o ancora “#ruspe”, adottati dal nostro attuale ministro degli interni Matteo Salvini, che si spogliano di contenuti ma son altrettanto efficaci, come abbiamo potuto vedere dai risultati delle ultime elezioni europee.

È su Facebook che in italia il fenomeno ha raggiunto dimensioni davvero preoccupanti: esistono pagine o gruppi che condividono notizie false o dal contenuto vizioso definite “fake news”, provenienti da blog esterni, spesso con nomi simili a giornali veri, o dal titolo evocativo “Resistere”, “Tutto quello che non ti dicono”, spesso creati su indicazioni dei partiti politici stessi, che hanno lo scopo di creare notizie false per suscitare varie emozioni, per lo più di carattere negativo, quali sconforto, sfiducia, odio, rabbia agli utenti.

Ne abbiamo visto gli effetti su candidati o personaggi politici quali Monti, Renzi, Kyenge o personaggi della televisione quali Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, attraverso innumerevoli post in cui questi venivano accusati di rubare soldi alla collettività, di eccessivo “buonismo” fino ad una vera e propria costruzione di surreali e strambe realtà.

Al di la di ciò che la cronaca vera ci racconta sui candidati, queste persone hanno perso statisticamente credibilità e non godono di stima da parte del quarto potere, l’opinione pubblica.

Questo fenomeno è in parte legato all’analfabetismo funzionale di ritorno, ossia l’incapacità di astrarre concetti dopo aver effettuato una lettura, nel nostro paese.

Instagram in Italia viene utilizzato da parte di figure politiche come ad esempio Di Battista o ancora Salvini, allo scopo di creare affinità con l’elettore.

Una foto di un piatto di pasta suggerisce “io mangio quello che mangi tu” di conseguenza è facile che si crei nell’utente una connessione mentale di tipo “mangia quello che mangio io, è come me, dunque lo voto perché mi capisce”.

Nel 2018 il segretario della Lega è diventato il politico italiano più seguito su Instagram.

Dal 2017 Donald Trump è il 45° presidente degli Stati Uniti, e ha dimostrato di conoscere la forza dei social ancora a inizio campagna.

Lo staff dell’attuale presidente ha investito in pubblicità televisiva l’1% speso da Jeb Bush, dati Nbc News, mentre il secondo spendeva 28,9 milioni di dollari in spot televisivi.

I spot di Trump erano più targettizzati, più frequenti e più autentici.

Ogni insulto, invettiva lanciata da Trump è stata ripresa dalle varie testate giornalistiche che ne aumentavano la portata, messaggi politicamente scorretti che non sarebbero mai finiti davanti gli occhi di tutti, finendo con il colpire i frustrati dalle politiche Obama.

Marco Montemagno sostiene in modo provacatorio:

La radio ha fatto vincere Franklin Delano Roosevelt. Televisioni e giornali di carta hanno fatto vincere Silvio Berlusconi. Facebook ed e-mail marketing hanno fatto vincere Barack Obama. E senza i social network Trump non sarebbe mai diventato Presidente degli Stati Uniti”.

-Conclusioni

Apocalittici e integrati si ritrovano ancora oggi a giudicare gli effetti della comunicazione politica mediata dall’utilizzo del digitale.

Credo che non siamo ancora in grado di dire se il web e in particolare i social abbiano rappresentato un luogo democratico di partecipazione e confronto come si pensava fino ad almeno dieci anni fa.

È vero che in alcuni casi come le emblematiche campagne presidenziali di Obama, i social abbiano aiutato in modo positivo l’elettore a creare un “touch point” con il candidato, abbiamo però molti esempi in cui vige il concetto dell’“omofilia”: creazione di comunità in cui si sta con i propri simili e si è restii al contatto con opinioni diverse.

I social sotto pressioni da parte della comunità, si stanno muovendo per eliminare i “bug” di disinformazione e cercare di essere utili alla costruzione del pensiero del cittadino.

Come al solito si ritorna a dire che la colpa non è certo dello strumento ma dalla modalità di utilizzo.

– Bibliografia e Sitografia

Johnny Ryan, “Storia di internet e il futuro digitale”, Einaudi, 2011

 

Luciano Clerico, “Barack Obama. Come e perché l’America ha scelto un nero alla Casa Bianca”, Dedalo, 2008

 

https://www.lascimmiapensa.com/2018/04/15/quarto-potere-miglior-film-americano/

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Comunicazione_politica

 

https://www.ninjamarketing.it/2011/02/23/la-campagna-elettorale-di-obama-emblema-della-politica-2-0-case-study/

 

https://www.wired.it/attualita/politica/2018/02/15/matteo-salvini-strategia-social-network/?refresh_ce=

 

https://www.ninjamarketing.it/2019/01/30/matteo-salvini-strategia-social/

 

https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/12/trump-e-social-network-donald-ha-vinto-perche-il-cellulare-e-la-nuova-televisione/3183801/

 

– Chi sono 

Mi chiamo Lorenzo Marcato e sono uno studente di laurea magistrale in Web marketing & Digital Communication all’università Iusve di Venezia.

Il primo contatto con il mondo del web marketing avvenne 6 anni fa, quando decisi di provare a gestire la promozione della mia band del tempo attraverso i vari canali social.

Quell’incontro casuale con il mondo del digital ha condizionato la scelta del mio percorso di studi e, un passo alla volta, ho cominciato a collaborare con piccole realtà aziendali occupandomi della gestione dei canali social.

Durante il mio percorso di studi mi sono appassionato al sound design, naturale collegamento tra la mia più grande passione, la musica, e il mondo del marketing.