Il disagio dell’uomo nel comprendere un mondo ormai dominato da dispositivi tecnologici altamente complessi è manifesto nell’ambiguità del presente.
La società contemporanea è liquida (Bauman, 2000, 2002) o a rischio (Beck, 1999, 2000) perché appare impossibile chiarire il significato degli apparati mediatici, delle reti sociali di interessi, dei meccanismi di potere e delle politiche di dominio che a differenza del passato superano per complessità la ragione del singolo individuo.
Sommario
Alla ricerca di metodo
Le discipline funzionano sempre di più come tecniche per fabbricare individui utili.
Foucault, M. 1975
I diversi approcci alla questione della tecnica sono il riflesso dei molti sentimenti in gioco, della pratiche quotidiane, delle azioni e relazioni in cui l’umano incontra il non-umano, il materiale. Tali sentimenti si può dire stiano all’origine della molteplicità dei punti di vista e delle prospettive di ricerca.
Ne parlano infatti in modo diverso pubblicazioni commerciali rivolte a un ampio pubblico, articoli di giornale, ricerche finanziate da società private, circoli di commentatori e ambiente universitari e il pensiero della e sulla rete si configura come il primo argomento intrinsecamente multidisciplinare e globale del nostro tempo. Si parla di tecnica, società a rete e governance nell’ambiente IT e della telecomunicazioni, in informatica, economia e politica, ne discutono giuristi, critici d’arte, medici e filosofi e religiosi. Le università, spesso statunitensi o afferenti al mondo accademico in lingua inglese si affrettano a istituzionalizzare nuove discipline nel campo delle scienze umane:
- Media and Cultural Studies,
- SNA – Social Network Analysis,
- HST – History of Science and Technology,
- STS – così come in quello delle scienze dove all’epistemologia classica sono sostituiti i Science and Technological Studies.
In generale, di fronte alle questioni:
Quali sono le caratteristiche della network society?
La rete è un fenomeno puramente contemporaneo o tecnica e società hanno sempre agito nella e grazie alla struttura di rete?Le azioni e i pensieri degli individui sono modificati nel ricorso all’uso quotidiano di nuovi mezzi di comunicazione, di tecnologie mobili? Se sì, come la distribuzione ri-definisce l’architettura sociale?
Cos’è cambiato nel modo di gestire la politica e la governance di uno stato sovrano?
Il network muta l’idea di organizzazione e controllo sociale delle masse di individui?
sono possibili due ordine di risposte: risposte semplici e articolate disposte lungo una linea ascendente di complessità. Al momento non disponiamo di una teoria unica, completa e autosufficiente e le riflessioni in ambito accademico sono solo quantitativamente diverse dal senso comune del discorso nel senso che dispongono generalmente di una quantità di dati maggiore che rende probabilisticamente più attendibile l’argomento di ricerca.
Ciò nonostante, qualitativamente, ogni riflessione è distante o vicina alla verità al pari di altre.
Visione ingenua
La risposta più semplice è il sì o il no. Il rifiuto totale o la completa approvazione. Chiamerò, seguendo la distinzione proposta a suo tempo da Umberto Eco (1964), queste due figure, entrambe figlie del determinismo tecnologico, l’Apocalittico e l’Integrato.
Nonostante le principali università (in particolare quelle di formazione angloamericana) negli ultimi anni abbiano all’unanime decretato una lotta serrata contro ogni visione puramente determinista, tale approccio utopistico e semplicistico è ancor oggi diffuso specialmente tra non addetti ai lavori, opinione pubblica e scuole di primo grado tanto che quest’approccio può tutt’ora esser pensato come la vulgata del nostro secolo ripetuta insistentemente dai principali mezzi di comunicazione: dal momento che ogni innovazione tecnologica determina la modalità di agire dell’uomo, la tecnica è assolutamente benevola o totalmente maligna.
Tentativi di risposta articolata a confronto
Vi è poi un secondo ordine di risposte più articolate in parte proveniente dall’ambito filosofico e in parte afferenti alle più recenti indagini nel campo delle scienze umane.
La filosofia contemporanea in Occidente ha visto nel tempo numerosi tentativi di risposta, tra cui vanno sottolineati almeno tre.
A) La prima risposta data è la possibile realizzazione del “dominio assoluto dell’uomo sull’universo” ovvero la lunga tradizione di positivismo e razionalismo secondo cui attraverso la ragione e lo sviluppo delle tecnica l’uomo sarà un giorno in grado di dominare, controllare e potenziare il mondo materiale.
=> L’argomento funziona in questo modo: nonostante l’artificiosità e i limiti del sistema tecnologico, lo sviluppo della tecnica funziona e permette la costruzione del migliore tra i mondi possibili.
Il fatto che sia possibile tracciare limiti e imperfezioni del sistema non può nascondere la sua intrinseca utilità, ovvero esser il più utile possibile per il maggior numero di persone. Tale sembra l’idea di Kant, Descartes ma anche e più recentemente di Wittgenstein, Kuhn e la cosiddetta svolta postmoderna del pensiero scientifico.
B) Una seconda e opposta risposta è caratterizzata dall’approccio romantico del “giovane Werther” secondo il quale ragione e tecnica non possono constitutivamente illuminare il non-conosciuto, il nocciolo materiale e non umano di cui la totalità è anche formata.
=> Il mondo antico è definitivamente perduto e la modernità diviene qui sinonimo di lavoro indotto, privo di fine e meccanico, aridità di sentimenti e passioni, in fine la vita non è che un gioco di forze dettate dalle leggi della fisica. Secondo tale prospettiva l’unica via d’uscita dal sistema uomo-mondo è l’esperienza poetica (nella duplice versione di fuga ascetica o immersione nel fondo della propria intimità) che avvicina l’uomo alla propria verità, o salvezza.
Tale salvezza non è mai lì fuori nel mondo ma sempre nel proprio hic et nunc. Heidegger, Deleuze, Badiou sembrano condividere questa quasi-mistica visione del mondo che allontana azione e politica nel mito, nella poesia e nel ricordo del passato.
C) In fine la recente filosofia post-strutturalista (Derrida e Barthes in particolare) ha proposto un terzo tentativo di risposta che potremmo definire “ludico” secondo cui nonostante il grigiore del dispositivo meccanico, il deserto di sentimenti e la gabbia del sublime sistema tecnologico, è sempre possibile data l’indicibilità del presente storico l’emergenza del nuovo, del giocoso, dell’inutile.
Secondo questa terza prospettiva gioia ed eccesso costituiscono la controparte necessaria che rende ogni agire tecnico nuovamente e sostanzialmente umano. Tale prospettiva è condivisa da coloro che in breve tempo si son arricchiti grazie a Internet e nuove tecnologie: i fratelli Google, il giovane Zuckerberg e altre centinaia di manager e start-up.
Il metodo scientifico
Ma la questione della tecnica e la relazione che questo sistema intrattiene con il puramente umano non è un argomento solamente trattato dalla filosofia (Parte II).
Recentemente l’universo in continua evoluzione delle scienza sociali si è popolato da nuove prospettive di ricerca e d’indagine difficilmente rintracciabili in parte perché la maggioranza dei lavori non sono tradotti nella nostra lingua, in parte perché spesso più che vere e proprie discipline tali risposte sono il frutto di isolate teorie – molte delle quali difficilmente comprovabili – o di singoli gruppi di ricerca.
Riprenderò in modo esteso tale punto più avanti, qui sia sufficiente delineare a grandi linee un panorama non esauriente ma il più possibile generale. Un buon punto di partenza per chi non avesse familiarità con questo genere di argomenti sembra essere il già citato wikipedia dedicato agli studi di scienza e tecnologia, Science and Technological Studies (STS). Quest’etichetta va considerata come un termine generico per indicare la totalità degli studi, si è detto prevalentemente di origine angloamericana con alcune eccezioni provenienti dalla scuola francese.
In generale le numerose e spesso divergenti prospettive nascono dalla contrapposizione tra il passato determinismo tecnologico che caratterizza il trentennio tra gli anni ’50 e gli anni ’80 e un più moderno approccio che negli anni ha preso il nome di costruttivismo sociale secondo cui tecnica e uomo si influenzano reciprocamente tanto da invalidare al principio la questione posta nel passato. In altre parole chiedere chi determina cosa è un falso dilemma al pari di “E’ nato prima l’uovo o la gallina?”.
Il costruttivismo sociale include oggi:
- il rigido programma Sociology of Scientific Knowledge (SSK) da prima delineato da Kuhn ed oggi ripreso da B. Barnes, S. Fuller, e A. Schutz;
- SCOT – Social Construction of Tecnhnology, il cui principale autore è il filosofo americano Don Ihde;
- SNA – Social Network Analysis e la per molti versi simile Social Network Theory (SNT) basate sul celebre argomento del “Piccolo Mondo” pionieristicamente elaborato da Granovetter e poi ripreso e ultimato dal matematico australiano D. Watts oggi consulente della compagnia Yahoo e autore della teoria dei “Sei Gradi di Separazione”.
- Inoltre gli studi sulla diffusione di innovazioni e sull’emergere di network sempre più complessi (Rogers in primis ma anche Katz, Lazarsfeld con Two Step Flow e Tipping Point theory).
La prospettiva ontologica
Vi è poi il problema ontologico (Parte III e IV) perché ciascuna delle direzioni appena elencate presuppone l’esistenza di un determinato numero di enti e una classificazione di ciò che l’ente è in realtà.
Mentre la maggior parte delle risposte a carattere filosofico preferisce affidarsi alla tradizione – e mantenere lo status di parole come io, soggetto, individuo, società – alcune delle indagini proveniente dalle più recenti scienze sociali hanno tentato di “saltare”, di liberarsi, di alleggerire lo spessore della propria argomentazione rinunciando a termini che, sebbene nella maggior parte delle trattazioni non rappresentino un problema, diventano equivoci quando si tratta di risolvere il tema della rete sociale intimamente connesso a quello dell’agire tecnico e della forza di potere.
Il caso più celebre tra questi, che discuterò ampiamente nella parte II, prendere il nome di Actor-Network Theory (ANT) e nasce con il filosofo francese Latour negli anni ’70 per esaurirsi nel quindicennio successivo ed è il tentativo di descrivere la realtà senza una rigida distinzione tra attori umani e non umani, insomma senza distinguere i tipi di realtà materiale. Parte di questa scuola di pensiero, quando è intimamente legata alla posizione filosofica di Martin Heidegger prende il nome di ANTHEM.
Come suggerisce Cooper (2002), la riflessione sulla tecnica è nello scorso secolo legata al pensiero politico e al tema del potere: è infatti possibile tracciare con una certa determinazione una linea di continuità che lega Heidegger, la Teoria Critica della Scuola di Francoforte (Horkheimer e Adorno in primis), Lukàcs e il Club di Budapest, Foucault, parte dell’esistenzialismo e del post-strutturalismo francese.
Questi autori condividono lo sforzo della decostruzione di termini che seppur cari alla tradizione filosofica sono ontologicamente equivoci. Questa tesi si impegna a ricostruire tale sforzo avvicinandolo a quello di certe scienze umane che nel secondo dopo guerra e parallelamente allo sviluppo delle nuove tecnologie di comunicazione hanno contribuito a sviluppare quello che oggi potremmo definire il paradigma della rete, o network.
In queste pagine, il termine “rete” non è usato come una parola tra le tante ma assume un significato tecnico ben specifico. Qui non si intende “rete” come un cosa costituita da punti e legami tra questi punti ma come un ente originario e ontologicamente precedente a entrambi.
Allo stesso modo, gli individui, le informazioni scambiate costantemente tra questi, i diversi ambienti e luoghi della rete non formano più la rete ma emergono da e grazie ad essa non come entità distinte ma come parti di questa. Ciò che è sempre stato pensato come derivato e conseguente diventa quindi originario. La rete non come insieme di nodi e legami ma come l’origine di essi.
Mi sembra giusto proseguire questo capitolo analizzando il pensiero di due tra i massimi filosofi contemporanei, Heidegger e Foucault, che in modi, tempi e con strategie diverse hanno proposto l’abbandono del cammino filosofico della tradizione occidentale.
In entrambi è infatti evidente il tentativo di raggiungere una chiarificazione del reale che non dia luogo a equivoci ontologici né trovi appoggio su termini che in realtà non denotano nulla. Il primo, sottolineando l’intimità della tecnica con l’uomo e quindi del non-umano con l’umano, il secondo decostruendo il soggetto così come pensato dalla tradizione occidentale, sono due momenti necessari per chiunque sia interessato alla teoria delle reti e alle leggi che guidano e governano queste.