Assemblaggio

L’idea da cui nasce questo testo è che la teoria della rete e il pensiero complesso risultino fondamentali nel riconoscere e descrivere la realtà sociale, tentativo sempre più lontano e ineffabile dai tradizionali metodi e strumenti di analisi sociale. 

Il filosofo Manuel De Landa di origine messicana ma di formazione europea, oggi docente della Columbia University e dell’ European Graduate School, riprendendo e re-interpretando il pensiero di Gilles Deleuze, sembra essere tra coloro che più approfonditamente si son dedicati alle implicazioni che il paradigma delle rete produce nel campo dell’ontologia sociale ed è oggi una delle principali voci del cosiddetto “nuovo materialismo”.

Purtroppo gran parte del suo lavoro non è ancor oggi diffuso in Italia e scarseggiano le traduzioni nella nostra lingua.

Nuovo materialismo e ontologia realista

Secondo DeLanda, se compito della filosofia è quello di essere l’ancella di tutte le scienze, allora il paradigma della “rete” deve diventare non solo oggetto di indagine filosofica ma anche strumento e metodo a sua disposizione. L’ontologia sociale e altre discipline filosofiche da tempo denunciano la limitatezza di un pensiero dualista, ereditato dalla tradizione e storia dell’Occidente, limitatezza che spesso nasconde e rende ciechi di fronte al presente noi contemporanei.

Applicando l’ontologia realista di Deleuze, DeLanda propone l’idea di un’ontologia descrittiva che tenta di cogliere le fragile e mutevoli architetture, gli Assemblages che costituiscono il divenire materiale di uomo, natura e mondo.

In A new Philosophy of society. Assemblage theory and social complexity (2006), De Landa propone un’ontologia della realtà sociale da egli stesso chiamata Realist Social Ontology mirata a risolvere l’aporia che l’incontro di -micro e -macro, di individuo e società scatena.

manuel-de-landa-2009

Aporie conseguenti all’approccio riduzionistico

A differenza della realtà materiale, parlare di una comunità di individui, un gruppo di amici, un Nazione e altre realtà sociali ha da sempre rappresentato un problema di cui il linguaggio comune può non curarsi ma che scienze sociali e umanistiche hanno il dovere di affrontare.

Si prenda ad esempio la frase ‘Una società è formata da un certo numero di individui’. Significa che la società è riducibile alla somma di questi individui? Ovvero che i caratteri e i valori, lo spirito di questa sono il risultato di una rete di relazioni e connessioni tra i singoli individui componenti la società?

Micro-

E’ chiara la natura riduzionistica e semplicistica di questa prima interpretazione, se la società fosse un mero aggregato di enti-agenti, di individui, non spiegheremmo i fenomeno che la fanno risultare come un “tutto” le cui proprietà (dell’insieme, della rete) sono distinte dalla somma delle proprietà delle sue componenti (nodi).

Dal punto di vista della micro analisi sociale qualsiasi indagine che tenti di risolvere la molteplicità e la differenza delle unità nel generale e universale deve ammettere di non poter rispondere a un gran numero di questioni.

Torniamo alla frase ‘Una società è formata da un certo numero di individui’. Significa cioè che questi individui, in quanto parti di una totalità, sono identici alla totalità stessa?

Macro-

Se fosse così, l’indagine e lo studio della società in quanto tale, tout court sarebbero sufficienti a chiarire anche i più piccoli livelli di cui questa si compone. Ma ciò è nuovamente falso perché ogni indagine a macro livelli sociali non riesce a spiegare le peculiari caratteristiche delle sue componenti, ad esempio le singole persone.

I meccanismi che regolare l’agire (materiale e mentale) di un singolo individuo sono infatti ben lontani dal venir diagnosticati attraverso un index delle proprie -macro proprietà come: sesso, nazione e cultura di appartenenza, età e classe di generazione, etc.

In Durkheim, Parsons e Marx i valori sociali sono talmente internallizzati da far diventare gli individui epifenomeno della struttura. Anche Giddens e Bauman, tentando di mediare tale aporia risolta nel concetto di praxis sociale – che diventa quindi l’unico riferimento ontologico a disposizione – non sfuggono a questa critica. Anche questa seconda interpretazione è quindi confutabile in quanto riduzionistica.

server

Cosa significa quindi la frase ‘Una società è formata da un certo numero di individui’? (Piuttosto che da popolazioni di server, per esempio?) E’ forse questa una frase falsa? Priva di senso?

Società e individui appaiono disgiuntamente necessari, in quanto sembra impossibile ridurre l’uno all’altro, ma diventano paradossali qualora vengano pensati insieme.

Dobbiamo forse ammettere che esista:

  1. un certo numero di individui (individuo 1, individuo2 , individuo 3, …) e allo stesso modo una società distinta dai primi?
  2. O meglio un certo numero di società (la famiglia di individuo 1, la famiglia di individuo 2, le relazioni private tra individuo 1 e individuo 3, l’insieme delle relazioni tra gli individui dell’ufficio in cui lavorano individuo 2 e individuo 3, …)?

Personalmente risponderei: – Ovviamente no! Nonostante vi siamo filosofi che sostengono simili teorie.

Più che una contraddizione decisa e per sempre, la mia è una problematizzazione generale della questione: se infatti ammettiamo che ogni individuo e la società siano due entità ontologicamente distinte dobbiamo poi spiegare come queste si relazionano e anche, e soprattutto, moltiplicare infinitamente il nostro bagaglio ontologico.

Una terza via, la complessità sociale

Secondo DeLanda (2006) le realtà sociali (Un gruppo di individui, un’associazione culturale, una nazione ma anche il denaro, un quotidiano, un certificato di morte o l’invito a un matrimonio, …) non sono oggetti né umani né materiali, o inumani.

Il loro essere e le loro proprietà cioè non dipendono interamente dalla mente e dalle azioni dei singoli individui (micro livello di analisi) né questi ne sono completamente indipendenti ed immuni.

Per sviluppare questo pensiero è però necessario abbandonare il pensiero dualista e le sue opposizioni individuo/società, uomo/macchina, nodo/rete e organizzare nuovamente lo spazio sociale facendo posto al concetto di Assemblage, già presente in Deleuze ma da De Landa altamente personalizzato tanto da poter parlare di Assemblage theory 2.0 o Neo-assemblage theory.

L’argomento funziona così:

La sintesi delle proprietà del tutto non è riducibile alle sue parti

Ciò nonostante e contrariamente a Hegel, sembra però ancora possibile una comprensione delle proprietà di parti e tutto a partire dal flusso storico di relazioni e connessioni che si instaurano tra elementi organici, inorganici dando vita alla realtà sociale, che a questo punto però non è più popolata essenzialisticamente da enti (oggetti chiusi), ma da assemblaggi sociali privi di alcun impegno ontologico nel senso tradizionale del termine.

Once historical process are used to explain the synthesis of inorganic, organic and social assemblages there is no need for essentialism to account for their enduring identities. This allows assemblage theory to avoid one of the main shortcomings of the other forms of social realism: as ontological commitment to the existence of essences.

DeLanda, M. 2006

DeLanda esplicitamente riconosce i precedenti lavori che hanno contribuito alla formazione del suo pensiero. Oltre all’onnipresente Deleuze, i concetti di institutional organisation in M. Weber, i social encouters di E. Goffman, C. Tilly e il social justice movement e l’intero campo di ricerca Social Network Theory, di cui si è ampiamente discusso in precedenza.

Assemblaggi sono relazioni interpersonali tra singoli individui, stati formati da un relazioni tra regioni, provincie, città e piccoli paesi, assemblaggi sono le organizzazioni internazionali non governative che riuniscono interessi e modalità d’essere di associazioni, organizzazioni, compagnie private e Stati nazione.

Assemblage theory can provide the framework in which the contributions of these and other authors […] may be properly located and the connections between them fully elucidated. This is because assemblage, being wholes whose properties emerge from the interaction between parts, can be used to model any of these intermediate entities: interpersonal networks and institutional organizations are assemblages of people; social justice movements are assemblages of several organizations; cities are assemblages of people, networks, organizations, as well as of a variety of infrastructural components, from buildings and streets to conduits of matter and energy flows; nation-state are assemblages of cities, the geographical regions organized by cities, and the provinces that several such regions form.

Il concetto di Assemblage risolve la questione delle totalità e quella delle essenza. Per comprendere a pieno tale concetto è necessario ora spendere un po’ di tempo sulla seconda.

Essenza e totalità

La prima questione, quella sulla totalità, si chiede ‘Esiste la società come un tutto?’ o più pragmaticamente, ragionando come un ontologo, ‘Sono l’impegno, lo sforzo e il prezzo pagato per asserire l’esistenza della società come un tutto giustificati?’.

Società come organismo

La società è da sempre stata pensata come una realtà organica che nasce, si sviluppa e cresce al pari del corpo di un individuo.

La metafora dell’organismo secondo cui le diverse parti di una comunità sono “organi” del corpo sociale che interagiscono tra loro al pari delle diverse parti di cui si costituisce il nostro corpo biologico è presente sia nella cultura europea che in quella asiatica sin dalle origini:

  • il libro IV della Politica di Aristotele,
  • tra i romani Cicero, Livio, Seneca e Paolo
  • in Hobbes e una certa lettura di Rousseau
  • in Hegel, Schelling, Krause, Ahrens, Waitz
  • in sociologia, Spencer e Parsons.

Tradizionalmente, seppur in modi diversi, l’essenza del concetto di società – e quindi la possibilità di definire il concetto stesso di ‘società’ – è pensata a partire dall’identità come relations of interiority con se stessa. Ovvero si pensa che le componenti siano costituite dalle relazioni che intrattengono con altre nel tutto. Nella fisica meccanica, nel corpo umano e nella società, le parti trovano il loro senso d’essere nel gioco complessivo di richiami e relazioni tra esse.

G. Deleuze | relations of exteriority

Al contrario il filosofo francese Gilles Deleuze è noto per aver proposto la tesi secondo cui nel tentativo di salvare l’autonomia delle parti self-subsistent nel tutto, l’identità debba esser pensata a partire da relations of exteriority per la quale:

  1. le componenti individuali possono venir scollegate da un certo assemblage e poste in un altro in cui queste interagiscono diversamente;
  2. le proprietà del tutto (dell’assemblaggio) non possono venir ridotte alla risultante delle proprietà delle sue componenti.

Deleuze era solito tentare di spiegare la propria tesi attraverso la metafora dell’impollinazione e della vita simbiotica delle piante. La realtà non è quindi un essenza eternamente data ma il prodotto temporaneo di un “montaggio”.

Deleuze Assemblage Montaggio

Questa idea è fondamentale negli scritti sul Cinema, Immagine-movimento e Immagine-senso entrambi degli anni ottanta del secolo scorso (1983, 1985) e ampiamente anticipata in Differenza e ripetizione (1968) e Logica del Senso (1969).

Il “montaggio” sociale

Manuel-Delanda

Manuel De Landa è da tempo profondamente affascinato dalla tesi del pensatore francese tanto da averla ripresa e approfondita (per un approfondimento si leggano i suoi articoli su Ctheory, il materiale nel sito del Institute for the Unstable Media di Rotterdam, una risposta di Shaviro, infine qui la sua bibliografia completa).

Secondo DeLanda non solo è possibile pensare a partire dall’idea di Assemblage il mondo biologico ma ogni ente materiale, vivente e non, umano e non. Mentre un sistema (rete di relazioni) tradizionale è definito dalle proprie relazioni che son pensate come logicamente necessarie, in un Assemblage queste sono solo contingentemente obbligatorie.

Quella che può apparire come una banalità a prima vista, è al contrario fondamentale. Vediamo come. Il tutto non è definibile a partire dalla risultante delle sue parti perché ogni ente è sempre assemblaggio di altre parti in un determinato momento. Ogni cosa è considerabile un tutto ad un livello e un’insieme di parti ad un secondo livello di indagine.

L’Assemblage non è in quanto essenza ma in quanto processo – meccanismo sintetico. Non è ma continuamente si produce essendo. Questo meccanismo è dotato di due dimensioni (o assi) e le caratteristiche di questo vanno definite a partire dalla posizione, dal momento, dalla posizione relativa rispetto agli estremi dei due assi.

Presenza materiale vs espressiva

La prima si riferisce alle variabili del ruolo giocato dalle parti nel tutto, i cui estremi sono un presenza puramente materiale ad una puramente espressiva.

Territorializzazione vs Deterritorializzazione

La seconda territorializzazione – deterritorializzazione descrive i processi nelle quali queste parti sono coinvolte, il livello di densità, o concentrazione di relazioni, raggiunto dalle parti nell’assemblaggio.

Un’alta densità garantisce in un sistema un periodo di stabilità e interna omogeneità delle diverse componenti, l’identità con se stesso, la sua “nitidezza” e “rigidità”. Un basso grado di territorializzazione al contrario è indice di una predisposizione del sistema al cambiamento, alla diffusione di innovazione, e garantisce una rapida e mutevole interazione tra le parti. Il punto di incontro delle due assi rappresenta lo stato, il momento dell’Assemblage.

Ente come medium che esprime l’identità con se stesso

DeLanda inserisce una terza dimensione al concetto deleuziano contribuendo a rendere maggiormente complessa l’architettura del sistema. Secondo il filosofo ogni ente è almeno in linea di principio in grado di esprimere la propria identità, expresses the identity.

Si tratta di un espressione fisica e priva di funzione per cui ogni ente è sin da subito un mezzo espressivo specializzato, specilized expressive media in grado di codificare e decodificare la propria identità.

Ricapitolando ora

Assemblage è definito da 2 dimensioni / assi

  1. Materiale – Espressiva
  2. Territorializzazione – Deterritorializzazione

architettura manuel de landa

Diversi esempi di assemblaggio:

assemblage theory

Nel corso della storia tale dimensione dell’assemblaggio si è fatta evidente due volte:

  • nel linguaggio così come
  • nel codice genetico.

In entrambe queste situazioni, biologia e linguaggio (e informatica), infatti esistono metodi comprovati di codificazione, decodificazione e registrazione che promuovono l’identità dell’assemblaggio, rinforzando e sviluppando il processo di montaggio, o territorializzazione. Si pensi per esempio alle feci del lupo, o alla pipì del cane come marcatori di identità individuali nello spazio.

L’idea di Assemblage risolve dunque la questione della totalità in quanto ricorrente processo – meccanismo che “assembla” le diverse individualità in popolazioni, molteplicità generate appunto dalla ricorrenza delle relazioni tra le diverse unità.

Al pari di nodi in una rete, tale ricorrenza di processi può creare fratture, e luoghi stabili, zone a maggior e minor densità di popolazione all’interno della stessa comunità.

E nonostante in contesti organici, il meccanismo sintetico sia gran parte casuale e quindi descrivibile dalla fisica e da altre scienze, non è necessariamente legato a casualità lineare. Alle ragioni, come già sostenne Weber, vanno aggiunte motivazioni nella comprensione del meccanismo sociale.

Proprietà contingenti (haecceities)

La seconda questione affrontata in DeLanda (2006) riguarda si è detto l’essenza. E’ noto come l’essenzialismo sia il maggior argomento contro il pensiero realista. Sin dagli antichi greci qualcosa è considerato un ente e quindi una realtà indipendente se è possibile procedere alla definizione della sua essenza.

L’essenza è l’identità dell’ente con se stesso sia nella sua versione ingenua, l’Idea di Platone, sia nella sua più complessa versione che indaga e organizza ciò che è secondo una tassonomia e classifica i diversi enti attraverso categorie, in Aristotele: genere / specie / individuo.

Secondo Deleuze prima e DeLanda poi non è invece possibile per principio definire la realtà attraverso il gioco di essenze poiché non esiste alcuna proprietà durevole e necessaria. La proprietà per se stessa diviene contingente.

Per far questo De Landa è costretto a negare l’esistenza di diversi tipi comuni di realtà facendo collassare genere, specie e individui nell’unico tipo ontologico della individual entity, da lui chiamati haecceities.

What this implies is that a biological species is an individual entity, as unique and singular as the organisms that compose it, but larger in spatiotemporal scale. In other words, individual organisms are the component parts of a larger individual whole, not the particular members of a general category or natural kind.

This implies that there is no need to be ontologically committed to the existence of ‘hydrogen in general’ but only to the objective reality of large populations of hydrogen atoms.

Il realismo di De Landa presenta contro l’impegno ontologico per l’essenze un’ontologia sociale basata sul diagramma topologico di un assemblaggio, topological diagram of an assemblage. Si tratta quindi di mappare il reale, di fotografare l’esistente non come elenco di determinate individualità (gli oggetti, le cose, gli enti, …) ma come elenco sempre provvisorio e incompleto di assemblaggi, moltitudini di processi e meccanismi.

cluster

E’ interessante notare che anche De Landa come altri autori già citati ricorra alla metafora fisica delle diverse “fasi di stato” della materia. Per l’autore, facendo ontologia non si tratta più di classificare il reale una volta per tutte ma di comprenderlo come uno spazio di possibilità, sempre in movimento, in gioco, mai completo.

Pur non arrivando al punto limite del pensiero di Latour, secondo cui non esistono oggetti ma solo processi, in DeLanda ammettere l’esistenza di assemblaggi significa ipso facto negare non solo la possibilità di conoscere l’oggetto ma negare l’oggetto attuale in sé.

L’identità come:

(…) the identity of an assemblage at any level of scale is always the product of a process (territorialization and in some cases, coding), and it is always precarious, since other processes (deterritorialization and decoding) can destabilize it. For this reason, the ontological status of assemblages, large or small, is always that of unique individuals. (…) the ontology of assemblage is flat since it contains nothing but different scaled individual singularities (or haecceities).

Il compito dell’ontologia sociale è secondo il filosofo quello di fornire in questa direzione nuovi strumenti per le scienze sociali che permettano l’utilizzo di questo nuovo pensiero complesso nelle diverse discipline.

Contrariamente a Aristotele, invece di popolazioni di cose nel senso di singolarità universali (prodotte cioè dal tipo naturale di distribuzione e classificazione delle anche chiamate invariati topologiche, topological invariants: genere / specie / individuo), vanno pensate singolarità individuali (haecceities) prodotti questa volta dalla differenziazione storica e non logica.

Lo strumento per indagare la topologia dell’assemblaggio è il Diagramma:

(…) a set of universal singularities that would be equivalent of body-plan, or more precisely, that would structure the space of possibilities associated with the assemblage.

In questo modo, ogni ostacolo al realismo è tolto, non solo per gli enti da sempre pensati come oggetti, le cose, ma anche per energia, informazioni, organismi biologici, e relazioni sociali che al pari di altri tipi di cose possono venir descritti come sistemi materiali di popolazioni di individui.