A questo punto mi sembra giunto il momento di chiarire la ricchezza semantica che il termine “rete” ha assunto nel tempo. Nella lingua quotidiana utilizziamo spesso la parola per definire cose che apparentemente non hanno nulla in comune.

Cosa condividono le reti elettriche, la rete di autostrade di una nazione, il metro, gli scambi finanziari di Wall Street, la rete di affetti stabiliti tra i membri di un piccolo paese di montagna, la lista dei miei amici su Facebook?

Una collezione di oggetti

Ma la rete oggi non è solo un termine abusato, questa parola grazie alla confusione generata anche dalla propria duplicazione linguistica in network, è sempre più il mito di un nuovo stile di vita, che fa della condivisione e della relazione con altri, nel lavoro così come nella vita privata, la direzione del proprio agire e pensare.

Proprio la recente apparizione e uso di massa degli online social network e di altre piattaforme di comunicazione istantanea e continua (si pensi solo alla penetrazione di Skype nel mercato italiano e dei messaggi inviati da Blackberry in quell’estero) sembra confermare questa sorta di necessità umana contemporanea e globale:

essere connessi ovunque, costantemente e a qualsiasi costo.

Perché è vero che, nonostante stampa e ideale comune tendano a ingigantire l’argomento e i dati pubblicati dalle aziende siano più utili alla pubblicità che alla ricerca scientifica, il fenomeno Facebook non possa più venir considerato una moda giovanile ma un permanente modo di comunicare ed essere. È tuttavia possibile distinguere tra diversi tipi di rete.

In generale una rete definisce il luogo in cui le azioni di determinanti enti (siano questi agenti o oggetti) sono affette da azioni di altri. Secondo tale definizione il pensiero a rete – ovvero la capacità di pensare la rete – può venir applicata quasi universalmente ad ogni cosa: epidemiologia, fisica, ingegneria, tecnologia, biologia, medicina e scienze sociali e comportamentali.

Ciò significa che le azioni, le scelte e le relazioni non sono compiute in isolamento, non sono determinate da questo o da quell’ente ma sono sempre contingente a questo e a quest’altro ente in un gioco continuo di riverberi e moltiplicazioni (Findaly, K. 2010). Nella stessa direzione va Watts (2002) quando definisce il network:

(…) a collection of objects connected to each other in some fashion.

In questo senso le reti sono utili strumenti di pensiero che giocano un ruolo chiave nel comprendere sistemi dinamici e non lineari, ovvero la quasi totalità dei sistemi presenti nel nostro universo dal livello atomico a quello cosmico.

A prescindere dalla natura delle relazioni (che possono essere fisiche – magnetismo, trasmissione elettrica – o concettuali – ad esempio i legami sociali) e da quella dei nodi in sé della rete, è importante sottolineare che in un network le componenti non agiscono mai e solo indipendentemente ma sempre in connessione le une alle altre.

Concerterò ora l’attenzione su reti biologiche e informatiche dedicando il capitolo successivo alle reti sociali.

Life networks

Quaking Aspen Mount

Con rete biologica intendo:

  • la diffusione di malattie,
  • i network neuronali (umani e artificiali),
  • la rete di proteine e di geni che compone il nostro corpo,
  • cellule staminali e altri tipi cellule,
  • le piante e il sistema faunistico (come il Quaking Aspen ai confini tra Canada e USA, tra i maggiori organismi sul pianeta, un insieme di alberi che in realtà rappresenta un singolo organismo data la condivisione delle radici).

Le reti biologiche sono di solito auto-evidenti e quindi semplici da concepire; in effetti alcuni tra i più elementari processi naturali – come la fotosintesi – nascono proprio dal comportamento a rete delle componenti del processo: la crescita naturale sia nella sua forma evolutiva sia in quella iterativa avviene in quanto ogni nuova crescita è il risultato di una crescita precedente

Mentre le prime reti informatiche si distinguevano dal tipo biologico per la relativa semplicità del sistema – si pensi alla reti per la diffusione e lo scambio di informazioni come la lettera portata da un luogo all’altro da un uomo a cavallo o da un piccione viaggiatore – oggi le reti informatiche assomigliano sempre di più a quelle biologiche tanto che l’ingegnere (in passato pensato come un fisico o un chimico) assomiglia sempre più al biologo.

Biologia e chimica

Le reti fisiche e chimiche sono la forma più semplice di rete i cui nodi sono spesso legati da una forma geometrica semplice e piana, simile a una griglia, un gruppo uniforme o a un cristallo.

Tale griglia ha un basso grado di legame dal momento che i nodi sono collegati solo agli elementi più vicini ed è altamente distribuita. La lunghezza media dei passaggi per raggiungere ogni elemento della rete è alta poiché non esistono luoghi centrali o hub. Il vantaggio di questo modello è la sua facilità di calcolo e visualizzazione nonostante sia difficile applicarlo nella realtà. Nuovamente, gli unici campi di applicazione sono quello fisico e chimico: una matrice geometrica, una molecola non complessa come il cristallo di Diamante o di Bismuth.

Al contrario, nella realtà ci troviamo di fronte a reti in media più complesse che come vedremo nelle prossime pagine sono ben definite dalle teoria del Piccolo Mondo (anche detta dei Sei Gradi di Separazione) in cui la maggior parte dei legami non mettono in comunicazione nodi confinanti e nella quale quindi un gran numero di elementi possono venir raggiunti grazie un relativo basso numero di passaggi (o balzi).

La presenza di luoghi ad alta intensità di relazioni (high clustering co-efficient), metaforicamente di centri, piazze e spazi affollati garantisce un’alta connessione interna all’intero sistema. Tale situazione è comune alle reti biologiche – dagli ecosistemi naturali alle reti di geni regolatori del sistema corporeo come il DNA – così come alle più recenti reti informatiche: Internet e altri protocolli informatici, la rete di messaggistica istantanea e quella di altri funzioni rese possibile dalla diffusione di apparecchi mobili.

Protocolli e livelli gerarchici

Alexander Galloway nella sua più recente pubblicazione (2006) traccia un interessante parallelo tra reti biologiche e informatiche, mostrando la vicinanza teorica tra DNA e i due principali protocolli che di Internet TCP / IP. Entrambi i tipi di reti sono infatti caratterizzati dalla stessa forma di organizzazione e individuazione, ovvero di controllo e potere, un controllo decentrato e ubiquo che Galloway chiama – come vedremo meglio in seguito – potere protocollare.

Secondo l’autore i network come Internet possono facilmente venir compresi come non solo tecnici (ergo, non solo materiali) qualora la loro comprensione sia organizzata a livelli gerarchici:

  • il livello dell’applicazione che ha il compito di mediare tra l’utente umano e il linguaggio macchina ed è per questo una sorta di traduttore (per esempio, il Web);
  • il livello del trasporto che ha il compito di rendere possibile – o negare – la navigazione dei dati attraverso i legami tra le componenti della rete (ad es., il linguaggio TCP o protocollo di trasmissione e controllo);
  • Internet o livello fondamentale responsabile del movimento dei dati da un posto all’altro (ad es. IP, il vero e proprio Internet Protol, una sorta di rubrica degli indirizzi che ignora il contenuto dei dati trasmessi concentrando la propria attenzione sull’attuale passaggio dei dati) e la struttura fisica (in Europa solitamente la banda Ethernet ovvero la linea telefonica fissa ma oggi e sempre più i nuovi sistemi 3G o Wifi).

Emergenza e processo di individuazione

Tale modello, per molti aspetti simile a quello proposto da Dijk (si vedano i prossimi articoli) ha il merito d’illustrare l’implicita molteplicità ed emergenza delle topologie che possono descrivere e caratterizzare una medesima rete allo stesso momento.

Protocolli di differente natura producono nel sistema a rete quello che Galloway (2002) chiama “cecità diacronica” ovvero la possibilità che il sistema sia contemporaneamente cosciente e no del proprio esserci. L’astuto esempio per chiarire tale idea è la contrapposizione tra i protocolli TCP e IP.

Mentre il primo funziona grazie a un certo sapere che riguarda il passato della rete (funziona cioè se e solo se è capace di garantire una certa quantità di memoria) il secondo protocollo ne prescinde completamente, com il risultato che la rete Internet da un punto di vista tecnico è contemporaneamente cosciente e meno della propria memoria.

Un’ulteriore conseguenza di questo modello è quello di mettere in crisi, o meglio, di “liquefare” l’idea di sostanza e individuazione. Che cosa compone Internet? Quale è il soggetto proprio del Web?

Dal momento che le reti informatiche sono sempre considerate materiali nel senso che sono costituite da tecnologie materiali (come macchine elettriche e apparecchiature fisiche di metallo, aria, luce e plastica), vi è una certa reticenza nel voler utilizzare le classiche nozioni filosofiche di soggetto, individuo e sostanza. Secondo l’autore, al contrario, tale processo di definizione delle informazioni e di attuazione di esse è meglio comprensibile quando pensato come un processo di progressiva individuazione, al pari di una situazione sociale.

Informatica

Tutte le discipline che hanno a che fare con l’informatica hanno necessariamente a che fare con questa questione. In informatica, attraverso un processo come vedremo non dissimile dal suo equivalente biologico, certi artifici sono utilizzati per ordinare dati originariamente indifferenti tra loro in unità discrete o parole che abbiano un senso dal punto di vista dell’utente, un processo alla base di questa convenzione è quello di raggruppare una serie binaria di 8 bit in un byte.

Dall’atra parte, i linguaggi informatici sono designati da dettagliate tecnologie d’individuazione che associano determinati valori matematici (un segmento di memoria) a specifici tipi artificiali di valore meglio riconoscibile dall’occhio umano (come i numeri interi decimali o le lettere dell’alfabeto occidentale).

Artificialità e sostanza

Ciò significa che nel campo delle scienze informatiche, generici valori d’informazione possono venir “informati” o individuati e quindi ordinati e regolati, entro specifiche strutture (come oggetti, indici, cartelle e file).

Tale modello “a differenti livelli” non rappresenta che un’estensione del privilegio che i modi d’individuazione hanno sempre avuto sulla sostanza: i vari livelli sono artificiali e arbitrari dalla prospettiva del dato grezzo d’informazione e tuttavia, grazie alla connessione di diverse tecnologie informatiche, la “sostanza” del dato è informata e individuata in modo specifico e tecnologicamente intelligibile.

In questo senso Galloway, che sembra parafrasare Foucault, può scrivere delle reti informatiche:

Last is the principle of distributed sovereignty, the idea that control e organization are disseminated outward into a relatively large number of small, local decisions.

Parallelamente, dagli anni cinquanta in poi, è diventato sempre più comune riferirsi a geni, proteine e cellule in termini di “informazione” e “codice” che significa trattare reti biologiche naturali al pari di reti informatiche artificiali. Ad esempio, il recente sviluppo delle biotecnologie non è che il campo interdisciplinare d’incontro tra cibernetica, biologia, scienze naturali e ingegneria.

Informazione e codice

Tale incontro ha prodotto più di un effetto positivo: il progetto di mappatura del Genoma Umano (HGP, completato solo qualche anno fa), farmaci, organi e tessuti geneticamente adattati alle specificità dell’individuo per scongiurare il rischio di un successivo rigetto, cibi transgenici e piante geneticamente modificate, la prevenzione della diffusione di infezioni e la guerra al bio- o eco- terrorismo.

Tale incontro ha radicalmente trasformato il modo in cui noi oggi pensiamo la “vita” in termini di “codice” e “protocollo” perché ogni processo oggi trova la propria origine in un modo o nell’altro in ciò che è chiamato genericamente flusso d’informazioni biologiche (DNA e RNA).

Ma tale coppia complementare di basi azotate non solo implica un approccio informatico allo studio della vita ma anche e inoltre sviluppa la nozione di “controllo biologico” il cui comportamento è nuovamente individuato da un tipo di potere “protocollare”.

Al pari delle reti informatiche, l’alto grado di complessità delle reti biologiche è generato da un apparentemente semplice meccanismo (da 4 basi azotate di DNA).

Risolvendo la complessità biologica delle molecole in un codice ordinato, in una sequenza lineare, in un protocollo di informazioni, vengono gettate le basi perché a biologia e cibernetica sia sostituita un’unica disciplina. Dal punto di vista della teoria delle reti, la distinzione tra umano e non-umano, biologico e materiale già non regge più.

Lo sviluppo integrato di scienze cibernetiche e biologiche genera una visione “informatica” della vita che è meglio descritta come visione della vita come una rete.