Sommario
Il medium è il messaggio
I “nuovi” mezzi di comunicazione come la televisione digitale, i computer e i cellulari sono dei potenti condizionatori di pensiero non nel senso che ci dicono che cosa dobbiamo pensare ma nel senso che modificano, in modo radicale, il nostro modo di pensare spostandolo da un approccio analitico, strutturato, sequenziale (tipico dei “vecchi” mezzi di comunicazione) verso un approccio più generico e vago.
Ciò che voglio affermare, in altre semplici e note parole è che “Il medium è il messaggio” e i mezzi di comunicazione del nuovo millennio stanno progressivamente eliminando il “pensare sequenziale” in favore di un “pensare simultaneo”. In corrispondenza di questa transizione si è verificato anche il passaggio da un’ intelligenza sequenziale a un’ intelligenza simultanea.
Intelligenza sequenziale
L’intelligenza sequenziale è quella che usiamo per leggere. Prevede una decodifica in successione molto rigida dei codici grafici che sono disposti in linea. Questo tipo di intelligenza richiede uno sforzo mentale significativo che consiste nel tradurre in significati una sequenza lineare di simboli visivi che sono le lettere dell’alfabeto. Ad esempio, la parola “cane” è un insieme di lettere che deve essere tradotta in significato. La forma grafica e fonica della parola non hanno nulla a che fare con il cane, e allora la visione dei codici alfabetici comporta un esercizio della mente che la visione di un video di un cane non richiede.
Intelligenza simultanea
La seconda forma di intelligenza è quella simultanea che è caratterizzata dalla capacità di trarre più informazioni nello stesso tempo senza però essere in grado di stabilire una gerarchia e quindi un ordine. È l’intelligenza che usiamo ad esempio quando guardiamo un quadro, e siamo in grado di assorbire una vasta gamma di informazioni visive contemporaneamente. Possiamo notare i colori, le forme, i dettagli e i vari elementi presenti, ma non vi è una sequenza specifica o un ordine in cui guardare tali informazioni. Possiamo “assorbire” l’intero quadro in una sola volta, senza dover eseguire una scansione sequenziale per elaborare i dettagli.
La transizione
La cultura occidentale, sin dall’invenzione della scrittura, ha trovato fondamento nell’intelligenza sequenziale e nel pensiero lineare. Prima dell’esistenza della scrittura, la comunicazione avveniva principalmente attraverso il linguaggio orale e l’arte rupestre. Tuttavia, con l’avvento della rivoluzione digitale, l’intelligenza sequenziale è stata messa in crisi a vantaggio dell’intelligenza simultanea.
I computer, i telefonI e i media digitali a loro associati prevedono un primato dell’udito e della vista. (E la vista non è impegnata come nella lettura alla decodificazione dei segni grafici ma semplicemente alla percezione di immagini che si susseguono negli schermi). Dunque ciò che ne consegue è una regressione da una forma di intelligenza più evoluta ad una più elementare.
È evidente che non possiamo prescindere da questo scenario, poiché l’intera cultura, in tutte le sue forme, è ormai mediata dagli strumenti digitali. Per entrare in contatto con il mondo circostante, è diventato necessario passare attraverso i media digitali. Ignorarli equivarrebbe a un’autoesclusione sociale, poiché gran parte delle interazioni e delle informazioni si svolgono attraverso questi mezzi.
È importante riconoscere che l’uso dei media digitali produce modificazioni nell’essere umano, indipendentemente da come li utilizziamo. Il semplice fatto di utilizzarli ha un impatto sul nostro modo di pensare, relazionarci e apprendere. Questi mezzi di comunicazione influenzano le nostre abitudini cognitive, le nostre modalità di elaborazione delle informazioni e la nostra percezione del mondo.
È fondamentale comprendere che l’effetto dei media digitali va oltre il loro utilizzo specifico. Anche se li utilizziamo in modo consapevole e mirato, continuano a influenzarci a livello cognitivo e sociale. Sono strumenti potenti che plasmano le nostre opinioni, influenzano i nostri comportamenti e modellano la nostra cultura in modi talvolta sottili e impercettibili.
Pertanto, è essenziale sviluppare una consapevolezza critica sull’impatto dei media digitali nella nostra vita e nella società nel suo complesso. Dobbiamo essere attenti alle dinamiche di potere e di influenza che sottostanno a questi mezzi e cercare di utilizzarli in modo responsabile e consapevole, preservando al contempo la capacità di pensare in modo autonomo e critico al di là delle loro influenze.
Leggere un libro o guardare un film?
Un esempio per sostenere quanto affermato può essere trovato nella semplice ma profonda differenza tra guardare un film e leggere un libro. Quando una persona dice: “non ho letto il libro, ma ho visto il film”,ciò che cambia sono i nostri processi di decodifica e di interpretazione dell’ informazione.
Innanzitutto, cambia il ritmo mentale che nella lettura è autotrainato e nella visione è eterotrainato dall’emittente. Chi legge ha la possibilità di fermarsi, di attingere alla sua enciclopedia di conoscenze precedenti e riflettere. Al contrario, chi guarda è costretto a seguire il ritmo imposto dalla narrazione visiva, senza la possibilità di interrompersi e approfondire. La concentrazione, il silenzio sono essenziali per chi legge, mentre si può guardare collettivamente e addirittura facendo altre cose. Condizioni queste che non favoriscono affatto la riflessione e l’approfondimento delle tematiche trattate. In compenso la visione esercita la multisensorialità per cui se si perde quel che trasmette il canale uditivo è possibile seguire quello visivo e viceversa.
Nel contesto del web la situazione si aggrava ulteriormente: Lev Monovich parla addirittura del “principio di “interpelazione”, secondo il quale le persone che consumano contenuti mediatici, finiscono per scambiare la struttura della propria mente con quella deli programmatori che pianificano l’esperienza digitale.
Un’altra importante questione da considerare è che, a differenza della lettura, l’atto di guardare e ascoltare permette di afferrare a prima vista il proprio oggetto e quindi di coinvolgere immediatamente le emozioni, catturando l’interiorità delle persone senza dar loro il tempo di un’ adeguata elaborazione cognitiva.
Conclusioni
La fatica di leggere non può competere con la facilità di guardare e ascoltare. Di conseguenza, la conformazione della nostra mente si orienterà sempre di più verso la simultaneità, l’ambiguità, il generale e il superficiale. Raffaele Simone afferma che l’homo sapiens, capace di decodificare segni ed elaborare concetti astratti, è sul punto di essere soppiantato dall’homo videos che non è portatore di un pensiero, ma fruitore di immagini. I mezzi ci plasmano indipendentemente dagli scopi per cui li utilizziamo, ci plasmano ancora prima di assegnare loro uno scopo. In tal senso, ripropongo una delle frasi piu iconiche di Umberto Galimberti secondo cui “Non importa ciò che noi possiamo fare della tecnica, ma ciò che la tecnica può fare di noi”.
Bibliografia
Capelletti N., Caos digitale, Flaccovio Dario, Palermo, 2019.
Galimberti U., I miti del nostro tempo, Feltrinelli, Milano, 2010.
McLuhan M., Gli strumenti del comunicare,Garzanti, Milano, 2015
Raffaele S., La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Bari, 2000.
Wolf M., Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, Vita e pensiero, Milano, 2012.
Autore
Sono Francesca Levorato, una studentessa del primo anno del corso magistrale di Web Marketing e digital Communication allo IUSVE di Mestre. MI sono laureata all’Università degli Studi di Ferrara in scienze e tecnologie della comunicazione: un percorso accademico che mi ha arricchito molto a livello culturale e mi ha permesso di sviluppare uno spirito critico su diverse tematiche sociologiche. Oggi mi trovo ad essere pienamente consapevole di alcune implicazioni del digitale sul piano sociale che ho voluto approfondirle in questo articolo.
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