COSA SONO E COME FUNZIONANO GLI ALGORITMI DEI SOCIAL?

Negli ultimi anni si sente spesso parlare di algoritmi, riferendosi in particolare al mondo del web e dei social. Dandone una definizione generale, un algoritmo è “una successione ordinata, finita, deterministica e non ambigua di istruzioni e passaggi che definiscono le operazioni da eseguire per ottenere determinati risultati”.
Gli algoritmi sono alla base del funzionamento dei motori di ricerca e social media, con lo scopo di offrire agli utenti un’esperienza personalizzata all’interno delle piattaforme, mostrando contenuti in linea con i loro interessi. Quindi, gli algoritmi cercano di cogliere quali sono le preferenze di ogni utente per proporgli contenuti in linea con le sue esigenze.

Per garantire contenuti sempre più affini ai desideri degli utenti, gli algoritmi vengono spesso aggiornati, e si possono differenziare per ogni piattaforma.
L’algoritmo di Instagram, ad esempio, valuta diversi fattori legati al comportamento degli utenti singoli come il numero di account seguiti, il numero di interazioni e propone contenuti simili a quelli con cui si ha interagito. L’obiettivo di TikTok è invece quello di creare contenuti capaci di mantenere più a lungo possibile l’utente incollato allo schermo e invogliarli a visualizzare i contenuti successivi. L’algoritmo analizza quindi le informazioni di ogni singolo video, come hashtag, musiche, tematiche che sono interessanti per l’utente, la sua disponibilità a vedere il contenuto per intero. Altri aspetti del funzionamento dell’algoritmo di TikTok si basano in particolare sull’interazione, cioè sulle attività svolte precedentemente dall’utente sulla piattaforma, che includono i video salvati, quelli guardati e le persone che si seguono. Sono rilevanti anche le impostazioni del dispositivo, come la lingua e la posizione geografica.

IL FENOMENO DEL FILTER BUBBLE

I contenuti proposti dagli algoritmi delle piattaforme saranno sempre più in linea con gli interessi degli utenti e la loro visione del mondo. Ciò però porta al fenomeno definito Filter Bubble, cioè bolla di filtraggio. Gli algoritmi che regolano l’ordine con cui compaiono i contenuti servono a ricreare un’atmosfera piacevole in rete e tendono a proporci post con argomenti e toni simili ai propri. L’algoritmo naturalmente è indispensabile perché senza di esso sarebbe impossibile fruire del gigantesco flusso di contenuti che viene dalle nostre connessioni sui social, ma allo stesso tempo è bene essere consapevoli che l’effetto che crea è quello di alimentare la nostra tendenza a vedere i contenuti che rispondono alle nostre aspettative.

IL FENOMENO “ECHO-CHAMBER”

Un fenomeno conseguente a quello del Filter Bubble è quello di “camera dell’eco” (o echo-chamber), un meccanismo per cui entriamo in contatto solo con informazioni coerenti e vicine alle nostre idee e visioni. La dinamica degli algoritmi potenzia quindi la tendenza degli individui a unirsi in gruppi con opinioni simili, in cui ci si scambia contenuti che confermano una certa visione del mondo, aumentando questa sensazione di conferma.

Il potere di Facebook nel referendum della Brexit del 2016

All’interno delle echo chambers possono nascere e rafforzarsi credenze anche errate e formarsi di conseguenza nuove forme di costruzione del consenso. Esempio recente è quanto accaduto per la Brexit in Gran Bretagna.
Nel giugno 2016, quando la Gran Bretagna decise di uscire dall’Unione Europea, il quotidiano “The Observer”, fece uscire un articolo sulla città di Ebbw Vale, nel Galles del sud. È il luogo in cui i cittadini avevano espresso la più alta preferenza per “Uscire” dall’UE (62% delle persone). In questa città molte opere e strutture, come un centro sportivo o il piano autostradale sono state finanziate dall’Unione Europea, e il tasso di immigrazione era uno dei più bassi del paese, al contrario invece di come dicevano i cittadini.
Per questo referendum è stato usato Facebook, perciò di fatto si è svolto nel buio più assoluto. C’è da precisare che quello che accade su Facebook rimane su Facebook, perché solo gli utenti coinvolti vedono i contenuti, che poi svaniscono, e quindi risulta difficile, se non impossibile svolgere un’indagine. Perciò nessuno sa quali annunci siano stati diffusi, quale impatto abbiano avuto, quali dati siano stati usati per puntare a queste persone, e nemmeno chi ha inserito gli annunci, quanti soldi sono stati investiti, o la provenienza geografica degli investitori.

La questione sorprendente è che Facebook ha tutte queste risposte, ma si rifiuta di condividerle per il fatto che durante il referendum sono stati commessi molti illeciti sulla piattaforma. Infatti, in Gran Bretagna esiste un limite, ormai dal XIX secolo, che impone un limite massimo sul denaro spendibile in campagna elettorale. Queste leggi, oggi, hanno perso completamente di valore, perché si può investire qualsiasi importo su Facebook, Google, YouTube senza che nessuno ne venga a conoscenza. Il referendum della Gran Bretagna è un esempio di tutto ciò. La campagna “Vota Uscire” ha scatenato un’ondata di disinformazione con annunci falsi. La maggioranza delle persone, però, non ha mai visto questi annunci, perché non era il target di destinazione dei contenuti. “Vota Uscire” ha individuato un piccolo gruppo di persone, considerate influenzabili, e solo a loro sono stati indirizzati i contenuti. Questo referendum si è dimostrato essere la più grande frode elettorale del Regno Unito degli ultimi 100 anni. Un voto che ha cambiato le sorti di una generazione, deciso dall’1% dell’elettorato.

Il bisogno di appartenenza

Le echo chamber fanno leva su meccanismi psicologici radicati nella mente dell’individuo, per questo non è facile rendersi conto di essere intrappolati in queste bolle digitali. Maslow identifica i 5 livelli della piramide dei bisogni degli esseri umani, ordinati gerarchicamente dai bisogni più essenziali alla sopravvivenza a quelli più immateriali. Uno dei bisogni che viene sfruttato dalle piattaforme è il “bisogno di appartenenza”, ovvero la necessità di ogni essere umano di appartenere ad un gruppo con caratteristiche simili, e di esprimere liberamente opinioni e giudizi, realizzando il desiderio di essere un membro di una comunità.

IL MECCANISMO DEL CONFIRMATION BIAS

Un altro meccanismo psicologico che entra in gioco nel mondo social è il confirmation bias, definito in psicologia come “un fenomeno cognitivo umano per il quale le persone tendono a muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni acquisite”. In altre parole, il meccanismo attuato dagli individui secondo cui tendiamo a selezionare e interpretare le informazioni in modo tale che confermino le nostre ipotesi e opinioni, indipendentemente se siano vere o meno.

Fake news e Covid-19

Uno dei problemi di questo meccanismo è il fatto che le nostre idee si possono rafforzare a causa di informazioni false lette su internet, ed è così che si diffondono le fake news.
A prima vista le fake news appaiono come normali notizie, ma si tratta di notizie false, che vengono diffuse per ragioni diverse come, per esempio, economiche, politiche, ideologiche o anche semplicemente personali. Nella maggior parte dei casi le fake news si diffondono con l’intento di manipolare l’opinione pubblica e di suscitare emozioni, paure e insicurezze. Cogliendo il lato psicologico ed emozionale delle persone, le fake news si fanno strada sui social diventando virali in pochissimo tempo. La circolazione di notizie false si intensifica nei periodi di grande incertezza, come lo è stato nel periodo di emergenza sanitaria causata dal Covid. In questo periodo storico, la diffusione di fake news è stata talmente elevata che si è cominciato a parlare di “infodemia”, termine citato per la prima volta dall’OMS. Secondo l’OMS l’epidemia è “accompagnata da una massiccia infodemia, ovvero un’abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno”. Il momento di incertezza generale e la preoccupazione per la salute delle persone è stata un’opportunità per far risaltare alcune idee, come la propaganda attuata dai no-vax.

In uno studio effettuato dall’Oms “Infodemia e disinformazione sanitaria: una revisione sistematica delle revisioni” è stata esaminata la percentuale di disinformazione sanitaria e dall’indagine è emerso che la percentuale arriva fino al 60% nei post relativi alla pandemia. Inoltre, tra i video condivisi su Youtube riguardanti le malattie infettive emergenti, è stato riscontrato che il 20-30% veicolavano informazioni imprecise o fuorvianti. La ricerca ha rilevato quindi che le persone provano disagio mentale, economico, politico a causa dei contenuti falsi e fuorvianti, condivisi sui social media durante la pandemia, relativi alla salute delle persone. Tra le fake news pubblicate nel periodo pandemia emerge in maniera rilevante il tema dei vaccini, riconoscibile negli oltre 147 mila contenuti online relativi ai vaccini Covid pubblicati nel periodo tra novembre 2020 e maggio 2021. Il bombardamento di informazioni false e senza prova scientifica sui vaccini ha di fatto influenzato il pensiero delle persone e rallentato le vaccinazioni, come afferma Francesco Saverio Mennini, direttore del EEHTA del Ceis.

Per contrastare la diffusione delle fake news è importante rivolgersi a fonti autorevoli, ma spesso vengono ignorate per il lungo tempo che serve per effettuare una verifica di un evento. In un periodo come quello della pandemia di Covid-19, dove prevaleva un grande senso di incertezza, qualsiasi informazione, veniva presa come veritiera. Per contrastare il fenomeno che si era scatenato, l’Unione Europea aveva elaborato e avviato delle piattaforme online, aperte a tutti i cittadini, per promuovere la trasparenza e la veridicità dei fatti, in tempi brevi. Con un portale autorevole, come quello creato dalle istituzioni europee, i cittadini sapevano riconoscere e potevano informarsi sulle notizie importanti e i procedimenti da seguire, contrastando in questo modo i contenuti fuorvianti veicolati sui social.

 

CONCLUSIONI

I social, e in generale il web, sono un mezzo di comunicazione utile e potente, che veicola talmente tante informazioni che è bene prestare sempre attenzione su ciò che viene condiviso. Le nostre emozioni, i nostri interessi e abitudini sono analizzati continuamente dagli algoritmi, per poi presentarci contenuti in linea con il nostro essere, ma bisogna sempre fare attenzione a verificare la veridicità dei contenuti, e talvolta discostarsi dai nostri pensieri per valutare altre prospettive, così da evitare di essere rinchiusi dagli algoritmi del web.

BIBLIOGRAFIA

AUTORE

Mi chiamo Giorgia Tinazzi, sono laureata in Comunicazione presso l’Università degli Studi di Padova. Attualmente sono iscritta al corso di laurea magistrale in Web marketing e digital communication presso lo IUSVE di Mestre. In un futuro vorrei lavorare nel reparto marketing di un’azienda.