Da diversi decenni l’uomo si è ritrovato a vivere immerso in un mondo tecnologico completamente diverso rispetto a quello a cui era abituato, in cui le norme e le leggi che lo regolamentano sono ancor oggi qualcosa da decodificare. Viene perciò spontaneo chiedersi: quanto il digitale ha mutato le nostre vite? Il digitale è la causa o la soluzione a problemi etichettabili come “problemi di salute mentale”? Quanto il digitale può realmente compromettere la salute mentale dell’uomo facendogli raggiungere un punto di non ritorno?
Oggi più che mai viviamo in una società che non solo dipende dalle tecnologie digitali, ma ne è anche dipendente, un aspetto che, soprattutto con il verificarsi della pandemia da Covid-19, si è amplificato ancor di più. In questo senso la pandemia non ha “creato” nulla di nuovo, ma ha evidenziato le già esistenti ma poco considerate conseguenze che si possono verificare nei casi di estrema dipendenza dal digitale.
Ecco quindi che quest’ultimo può esser considerato causa e soluzione di una stessa problematica che sta alla base della salute mentale. Partendo da questo presupposto nasce questa riflessione volta ad esaminare, senza voler esser in alcun modo dogmatica, le conseguenze che questo mondo tecnologico ha causato nella vita psicologica dell’essere umano.
Sommario
Che cos’è la “Salute mentale”
Anzitutto è doveroso e necessario, al fine di evitare incomprensioni ed equivoci, definire che cosa si intenda per salute mentale. Per farlo si prenda in considerazione la definizione che ne da la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS):
“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”. Chi presenta questa problematica spesso dimostra un’incapacità nel gestire processi psicologici, biologici, sofferenze nelle abilità sociali o occupazionali. Ecco quindi che si cercano delle soluzioni proprio nell’ambito che spesso può causare questo disagio: il digitale.
Non è un caso che nella definizione fornita dall’OMS si faccia riferimento anche al benessere fisico. Potrebbe infatti risultare fuorviante quell’aspetto, dato l’apparato alla quale questa problematica è spesso collegata, ossia il cervello. Tuttavia, sempre l’OMS sottolinea come la salute sia fisica che mentale sia strettamente correlate: se infatti da un lato il benessere fisico consente all’individuo di potersi relazionare normalmente con il mondo che lo circonda, dall’altro è imprescindibile uno stabile e sano stato della salute mentale dello stesso perché ciò avvenga.
Cosa può inficiare e danneggiare la salute mentale?
Quando si pensa a ciò che può influenzare negativamente la salute mentale di un soggetto è inevitabile trovare più fattori che, in modo diverso, possono inficiare il suo stato e conseguentemente causare dei disturbi psicologici. L’ambiente che una persona frequenta abitualmente può, qualora presentasse delle caratteristiche avverse e in contrasto con la personalità piuttosto che con gli interessi del soggetto, risultare la causa scatenante di problematiche riconducibili alla salute mentale: ad esempio le condizioni meteorologiche possono condizionare un aumento dei casi di suicido. Ancora si prenda l’aspetto biologico, ossia la componentistica genetica e neuronale che tutti noi abbiamo: spesso, all’interno di una famiglia, determinati disturbi come il deficit dell’attenzione o l’iperattività possono essere ereditati geneticamente.
L’elemento che però interessa questa riflessione non è da ricercarsi in aspetti “naturali” della vita delle persone, quanto piuttosto in uno strumento che ha sin da subito occupato uno spazio di rilievo nella vita delle persone: il digitale. Il cosiddetto “Internet of Things” ha arricchito l’esistenza dell’essere umano fornendogli una serie di strumenti chiamati device, intelligenti sempre più sviluppati e con una caratteristica sempre più presente e pressante: la necessaria presenza e contatto con la persona per poter funzionare. Questo aspetto ha comportato un cambio di paradigma: la realtà vissuta fino ad allora offline si è pian piano unificata fino a diventare un tutt’uno, a tratti indistinguibile, con la nuova realtà online compromettendo la vita, le relazioni e il modo di essere “classici” dell’uomo.
Ed è proprio a partire da quest’ultimo aspetto che negli ultimi anni la scienza e la psicologia hanno riscontrato diversi disturbi psicologici che hanno come causa scatenante proprio la digitalizzazione del mondo e delle nostre vite.
Come si manifestano i danni mentali provocati dal digitale?
Prima di rispondere al quesito sopra riportato è doveroso fare una premessa: il presupposto con il quale stiamo definendo il digitale come una delle cause dei problemi di salute mentale è che il suo essere tanto pericoloso è direttamente proporzionale al suo poter essere uno strumento utile, se usato nel modo corretto, per migliorare l’esistenza delle persone.
A tal proposito è possibile evidenziare come spesso e volentieri gli elementi introdotti dal digitale a cui si viene ricondotti quando si ricerca la causa del tema qui trattato siano i social network.
Più nello specifico alcuni esempi delle problematiche più gravi e frequenti che sono state individuate sono: iperconnessione; disformismo; F.O.M.O; vaping; nomofobia.
Iperconnessione
Il disturbo dell’iperconnessione deriva dal bisogno compulsivo di alcuni soggetti non solo di voler essere sempre connessi ad internet, ai social network, alle piattaforme digitale ma anche nel voler essere sempre in stretto contatto (concreto, tangibile) con i device che permettono di connettersi.
Il bisogno d’esser sempre connessi nasce dalla necessità e volontà delle persone di voler ESSERE, nel senso di esistere, all’interno del digitale. Per poterlo fare perciò, si ha la necessità di “postare”, come si dice oggi, tutto ciò che si fa, che si vede, che si vive. Come spesso si sente dire “pics or it doesn’t happen”, tradotto “immortalalo o non è accaduto.” Siamo spinti a voler creare, per poter essere, un’identità social all’interno del digitale, in grado di rappresentare, secondo la nostra convinzione, chi siamo e ciò che vogliamo che gli altri pensino di noi. Per farlo sfruttiamo tutto ciò che realmente accade nella nostra vita e lo trasformiamo in qualcosa di virtuale con la conseguenza che sia vissuta più l’esperienza online che offline.
Disformismo
Con il termine “disformismo” s’intende l’insoddisfazione che un individuo può provare nei confronti della propria immagine corporea. Spesso questa frustrazione è accompagnata da preoccupazioni per uno o più difetti dell’aspetto fisico, atteggiamenti reiterati come risposta alla suddetta preoccupazione oppure da un rimodellamento compromissorio del proprio funzionamento quotidiano.
Avendo ora un’idea generale sulla Dismorfofobia risulta intuitivo il collegamento con il digitale, in particolare i social. È infatti all’interno di questi ultimi che da sempre vengono proposte immagini di uomini o donne rappresentative la bellezza secondo i canoni della società odierna. Spesso ritoccate con software e AI, le foto ritratte accentuano ancor di più questo disturbo nella mente dei soggetti più fragili e a rischio, suscitando in loro un senso di imperfezione e malessere verso loro stessi. Ciò li porta inevitabilmente ad assumere dei comportamenti che, per quanto errati e lontani dall’essere naturali, li convincono di potersi avvicinare a quei falsi modelli.
Il tutto, con la pandemia, si è accentuato, dovendo obbligatoriamente restare chiusi in casa con i social come unico strumento di contatto con il mondo che si era vissuto sino a quel momento.
F.O.M.O.
Letteralmente “Fear Of Missing Out”, ossia la paura di essere esclusi, una problematica che si è riscontrato specialmente in un pubblico più giovanile.
È possibile riconoscere questo disturbo osservando due elementi in particolare:
- ansia nel non poter partecipare ad esperienze che altri soggetti si possono permettere di vivere;
- il desiderio irrefrenabile di voler monitorare tutto ciò che accade agli altri utilizzando i social network
Anche in questo caso si parla di un disturbo che non è nato a causa del digitale, ma sicuramente in quest’ultimo si può riscontrare la causa di una sua preoccupante accentuazione. Proprio grazie alle nuove tecnologie siamo costantemente connessi con gli altri e le nostre vite sono messe al vaglio di altri soggetti, all’interno di vetrine di dimensioni mondiali che chiamiamo social network.
La possibilità offerta da questi mezzi di poter osservare e monitorare le esperienze e i vissuti delle altre persone ci ha portati a sviluppare una paura ancor più concreta e presente di non poter vivere la vita che vediamo essere vissuta da amici, conoscenti o personaggi pubblici.
Vamping
Termine che indica una pratica che si è diffusa in particolar modo negli ultimi anni, specialmente tra i giovani. Si tratta di un atto che trasforma metaforicamente gli adolescenti in vampiri: sostanzialmente si predilige l’utilizzo di strumenti digitali quali smartphone, computer, ipad soprattutto alla sera se non addirittura nel cuore della notte. Ciò comporta inevitabilmente uno scombussolamento del ciclo del sonno con conseguenti ricadute circa la salute mentale come, ad esempio, un’incapacità attentiva causata dalla stanchezza e un’iperattività in orari anomali rispetto la normalità
Nomofobia
Questo disturbo mentale che deriva dall’inglese “no mobile phone phobia” indica una situazione in cui si prova forte angoscia data da un evento direttamente connesso, per esempio con lo smartphone personale. Se fate mente locale non vi sarà difficile ricordare quando, per più di una volta, sia Instagram che Whatsapp hanno smesso di funzionare a livello internazionale o addirittura mondiale in tutti i dispositivi digitali. Ecco, in quella situazione molti di noi probabilmente si son sentiti persi, abbandonati e distanti da tutto ciò che sino a quel momento aveva caratterizzato le nostre vite. Un senso di esclusione amplificato dal fatto di non potersi mettere in contatto o restare aggiornati su quanto stava accadendo. Queste sensazioni, questi stati d’animo, danno vita alla Nomofobia.
Come per tutte le cose, c’è chi ne è affetto più di altri: in questo caso la salute mentale vacilla, portando l’individuo a controllare compulsivamente mail, messaggi, social, notifiche durante l’arco di tutta la giornata. Non è infatti un caso che alla nomofobia si ricolleghi spesso e volentieri anche l’Internet Addiction Disorder, ossia l’uso compulsivo di internet.
Salute mentale e digitale in epoca pandemica
Il periodo pandemico a cui il mondo è stato sottoposto ha condizionato inevitabilmente e tassativamente la vita delle persone, costringendole per un lungo periodo chiuse in casa, per poi limitare gli spostamenti circoscritti in determinate zone. Ecco che il sommarsi delle diverse situazioni ha spinto i più a rivolgersi al mezzo che si è rivelato, specialmente nel suddetto periodo, più utile e concreto per poter vivere relazioni ai limiti della normalità.
Il problema tuttavia, sorge nel momento in cui assieme alle numerosissime possibilità fornite dal digitale e, nello specifico, dai social network, si è misurato un aumento dei casi di problemi legati alla salute mentale causati proprio dallo stesso mezzo. Il poterci connettere agli altri, il poter restare aggiornati e in contatto con il resto della rete sociale ha portato le persone a confrontarsi, ancor più di prima, con la realtà dei social network. Una realtà perciò filtrata e omogeneizzata secondo determinati filtri e canoni. Il tutto si è tradotto nell’incremento di disturbi come il Disformismo precedentemente citato.
Se da un lato la pandemia ha dimostrato al mondo le potenzialità del digitale, consentendo a tutti di poter svolgere, chi più e chi meno, le proprie attività, di restare in contatto con amici e parenti, di poter proseguire con il percorso scolastico, dall’altro ha sottolineato anche la pericolosità che deriva dall’esserne dipendenti e tutte le conseguenze annesse.
L’E-Mental Health: una possibile soluzione
È stato anticipato all’inizio di questa ricerca, che il digitale può essere considerato (e lo è da molti) la causa e la soluzione dei problemi/disturbi che si verificano quando si parla di salute mentale.
La pandemia si è rivelata in questo senso un “ottimo” pretesto per poter sfruttare positivamente le possibilità offerte dal digitale. In particolare si è iniziato a parlare di E-Mental Health, ossia della salute mentale digitale, un’opera che ha preso avvio sia negli Stati Uniti D’America, che in Europa. Per essere più concreti ed esemplificare quanto appena detto, si prenda in considerazione il servizio MioDottore: una piattaforma che ha permesso (e permette tutt’oggi) di potersi mettere in contatto con il proprio medico o con uno specialista della salute mentale anche quando il contatto non era possibile, garantendo così a chi ne avesse avuto bisogno di poter esser seguito da uno specialista senza dover incorrere in fatiscenti soluzioni proposte dal web.
Le ricerche che si effettuano su MioDottore hanno diverse caratteristiche quali: l’essere geo-localizzate per città/regione; possibilità di prenotare e decidere l’orario; costruzione di un profilo sia utente che “medico” (per gli addetti ai lavori).
Conclusioni
Come avviene per la maggior parte delle cose presenti in questo mondo, l’abuso del digitale spesso si tramuta in una criticità.
Il problema della salute mentale che ne può derivare, è un argomento che solo negli ultimi anni, a causa di ciò che ci ha colpito, ha assunto un ruolo e un’importanza di rilievo, tanto da portare più paesi ad investire affinché i disturbi di questo tipo si verificano sempre meno o vengano ridotti. Tuttavia potrebbe non essere necessario il solo impiego delle tecnologie digitali per curare danni da loro creati, ma anche formare tutti, sin dalla tenera età, al loro corretto utilizzo in modo tale da poter prevenire il verificarsi di quanto qui esaminato.
Sitografia
https://www.ipsico.it/news/dismorfismo-corporeo-pandemia-e-social-media/
https://www.hsr.it/news/2023/gennaio/fomo-fear-of-missing-out
https://icavalieridiarianna.forumfree.it/?t=76937468
https://www.i-com.it/2022/12/16/gli-effetti-della-pandemia-sulla-salute-mentale-secondo-locse/
https://pro.miodottore.it/come-funziona
Autore
Ciao a tutti, mi chiamo Massimiliano Brollo mi sono laureato in Scienze e tecnologie della comunicazione all’Università di Ferrara. Attualmente sto frequentando il primo anno di magistrale all’Università Iusve di Mestre con indirizzo Web Marketing and Digital Communication.
Mi ritengo un ragazzo curioso ed energico. Sono appassionato di sport e nutro un particolare interesse verso il mondo del marketing e della comunicazione a 360°.
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Da qui nasce una riflessione, che parte dall’analisi dei disturbi psicologici legati al mondo virtuale in cui ci interfacciamo ogni giorno e che trova una conclusione ottimistica nella possibilità di affrontarli con lo stesso strumento che li ha generati: il digitale.