L’avvento di Internet e dei social media ha portato ad una sostanziale rivoluzione all’interno della nostra società. Oggigiorno, l’accesso costante e illimitato a queste fonti di informazioni ed intrattenimento è diventato un elemento essenziale della vita quotidiana di milioni di persone in tutto il mondo.Tuttavia, l’abuso di Internet e la dipendenza dai social media stanno emergendo come problematiche significative, dannose per il cervello umano.
Per questo motivo, il seguente articolo ha lo scopo di esaminare il fenomeno dell’Internet Addiction Disorder (IAD) e il modo in cui il nostro cervello reagisce ai social media, fornendo inoltre una panoramica dei fattori coinvolti e degli effetti collaterali.
Sommario
Internet Addiction Disorder (IAD): che cos’è?
L’Internet Addiction Disorder (IAD) è una “dipendenza comportamentale” caratterizzata da un forte e insistente desiderio di connettersi al Web. La perdita di controllo (loss of control) rappresenta un’inarrestabile e improcrastinabile spinta a compiere un’azione o ad assumere una sostanza, che spesso travalica la forza di volontà (craving); essa è considerata la caratteristica essenziale dell’addiction.
Oramai tutti quelli che ci circondano hanno il volto abbassato sullo schermo di un cellulare per consultare molto spesso la home del proprio social network. E non appena la rete Internet si rende irreperibile, ecco che la persona è visibilmente sconvolta, agitata: chiaro sintomo di dipendenza.
Secondo K. Young (2000), la dipendenza da Internet si sviluppa secondo tre fasi distinte: il coinvolgimento; la sostituzione; la fuga. Nella prima fase prevale solo una certa curiosità e voglia di sperimentazione che porta, infine, a scegliere una particolare applicazione di Internet. Nella seconda fase si vive un’immersione profonda nell’esperienza, nelle attività e nelle relazioni offerte dalla rete. La rete sostituisce ciò che sembra mancante o inaccessibile nella vita reale: nel giro di qualche mese o di qualche settimana, ecco che hai sempre più amici.
È solo nella terza fase che s’instaura realmente la dipendenza: il soggetto si rivolge alla comunità di Internet sempre più spesso e per periodi sempre più lunghi.
La rete diventa un antidoto efficace a ogni tipo di stress e sofferenza, e la persona sperimenta una profonda angoscia se non può connettersi. Tanto che non è in grado di evitare di farlo, anche se lo vuole. Questo stato interferisce negativamente sullo studio, sul lavoro e sui rapporti sociali. Il soggetto può arrivare persino a mentire a familiari e medici sul reale numero delle ore che trascorre collegato.
Gli effetti collaterali
I social media, come Facebook, Instagram, Twitter e Snapchat, sono diventati una parte integrante delle nostre vite quotidiane. Tuttavia, l’uso eccessivo dei social media può avere conseguenze negative sul nostro benessere psicologico e sul nostro cervello.
Gratificazione immediata
Uno studio condotto da Meshi, Tamir e Heekeren (2015) ha rivelato che il numero di “mi piace” e commenti ricevuti sui social media attiva il nucleo accumbens, una regione del cervello coinvolta nel sistema di ricompensa che rilascia neurotrasmettitori come la dopamina, che ci fa stare bene. Questo meccanismo di gratificazione può portare a un comportamento compulsivo di ricerca di conferme sociali attraverso i social media, alimentando la dipendenza.
FOMO (Fear Of Missing Out)
Il soggetto coinvolto controlla ossessivamente l’applicazione social perché ha il timore che le altre persone, i suoi “contatti”, stiano facendo qualcosa di più interessante di quello che stia facendo egli stesso. Si tratta di una dipendenza dal controllo accompagnata dal pensiero, la maggior parte delle volte non veritiero, che altre persone si stiano divertendo o stiano facendo qualcosa migliore di quello che possa fare il FOMO-addicted.
Secondo uno studio del centro americano Kleiner Perkins Caufield & Byers (2013) un utente internet addicted guarda lo smartphone circa centocinquanta volte il giorno, una volta ogni sei minuti. Il soggetto, controllando compulsivamente la home, ad esempio di Facebook o di Instagram, giungerà ad avere la paura di non vivere “al meglio”, come gli altri.
Multitasking immediato
Yeykelis L., Cummings JJ, e Reeves B hanno misurato il multitasking mediatico dei partecipanti tra diversi tipi di contenuti mediatici online mentre utilizzavano un solo dispositivo (laptop personale) e hanno scoperto che i passaggi avvenivano con una frequenza di 19 secondi e che il 75% di tutti i contenuti sullo schermo veniva guardato per meno di un minuto. Lo studio ha rilevato che l’eccitazione aumentava nei secondi precedenti il passaggio da un media all’altro, raggiungendo un punto massimo al momento effettivo in cui lo switch avveniva, seguito da un calo successivo.
L’impegno nel multitasking attraverso i media digitali non migliora le nostre prestazioni di multitasking in altri contesti, anzi sembra diminuire questa capacità cognitiva riducendo la nostra abilità di ignorare le distrazioni in arrivo, danneggiando così l’attenzione e la memoria delle persone.
Sindrome da vibrazione fantasma
Il fenomeno delle vibrazioni fantasma, cioè l’impressione che il cellulare in tasca stia vibrando quando invece non è vero, è una distorsione percettiva molto diffusa. Secondo Alex Blaszczynski, questa sensazione sarebbe provocata dalle onde elettromagnetiche emesse dal telefonino che, interferendo con le terminazioni nervose più vicine, ingannano il cervello distorcendone la percezione. Il cervello è, infatti, esposto a un numero di stimoli sensoriali elevato e per riuscire a gestirli tutti applica dei filtri basati sull’esperienza: quindi se nella zona del corpo vicino al cellulare qualcosa si muove, probabilmente è dovuto a una vibrazione del telefono.
Relazioni Interpersonali
Come detto in precedenza, i social media innescano un rilascio di dopamina, la sostanza chimica del benessere. Utilizzando la risonanza magnetica, gli scienziati hanno scoperto che i centri di ricompensa nel cervello delle persone sono molto più attivi quando parlano delle proprie opinioni, rispetto all’ascolto degli altri.
Si è scoperto che mentre il 30-40% delle conversazioni faccia a faccia riguarda la comunicazione delle proprie esperienze, circa l’80% della comunicazione sui social media riguarda se stessi. La stessa parte del cervello legata alla motivazione e all’amore viene stimolata dall’uso dei social media, e ancora di più quando si sa di avere un pubblico. Il nostro corpo ci ricompensa fisiologicamente per aver parlato di noi stessi online.
Ma non è tutto così egoistico. Infatti, alcuni studi sulle relazioni di coppia hanno rilevato che i partner tendono a piacersi di più se si incontrano per la prima volta online piuttosto che con un’interazione faccia a faccia. Forse perché le persone sono più anonime o forse più chiare sui loro obiettivi futuri, c’è un aumento statistico delle relazioni di successo iniziate online.
Sei soggett* a questa dipendenza?
Nel 1995 Kimberley Young ha fondato negli Stati Uniti il primo “Centro di recupero per dipendenti da Internet”. Per prima, ha pensato e proposto un inquadramento diagnostico, secondo cui per essere considerata dipendente da Internet la persona deve aver posseduto cinque (o più) delle seguenti caratteristiche nel corso dei precedenti ultimi sei mesi (e che non siano sinonimi di una fase maniacale):
- É eccessivamente assorbita da Internet (pensa alle attività online tenute in precedenza o anticipa quelle che farà nel suo prossimo collegamento).
- Ha bisogno di usare sempre più frequentemente e per periodi sempre più lunghi per ottenere la stessa soddisfazione. («Appena torno da scuola mi collego e gioco, oggi ho perso troppo tempo e non sono riuscito a finire il settimo livello»);
- Ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre o interrompere l’uso di Internet. («Anche oggi è andata, ancora sei ore di collegamento, ma giuro che domani non saranno più di tre»);
- È irrequieta, lunatica, depressa o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere l’uso di Internet. («Non ci riesco proprio! Ho fatto l’alba per finire il gioco e non ho sonno»);
- Rimane su Internet un periodo di tempo più lungo di quello che aveva preventivato. («Altri cinque minuti e poi smetto»);
- Ha messo a repentaglio o rischiato di perdere una relazione significativa, il lavoro, lo studio, e opportunità di avanzamento professionale, a causa dell’uso di Internet. («Se continuo così mia moglie mi lascai di sicuro, mi ha già detto che stare con me è come stare da soli»);
- Ha mentito ai familiari, al terapeuta, o ad altri per occultare l’entità del coinvolgimento con Internet. (“Se mamma sapesse che sono cinque notti che faccio l’alba a giocare e praticamente dormo a scuola”);
- Usa Internet come un modo per fuggire dai problemi o per alleviare il proprio umore disforico (per es. senso d’impotenza, senso di colpa, ansia, depressione).
Perché si possa formulare una diagnosi di dipendenza da Internet, un individuo deve manifestare tutti i primi cinque sintomi della lista sopra riportata oltre ad almeno uno degli ultimi tre.
Come trattare l’Internet Addiction Disorder
Possono essere seguiti percorsi terapeutici differenti, anche in relazione alle predisposizioni individuali. I gruppi di auto-aiuto sono formati da persone accomunate dal medesimo problema, per condividere le proprie esperienze, prescriversi delle regole sull’utilizzo di Internet e riacquistare il controllo sulla propria vita. Il gruppo può spezzare la condotta compulsiva interrompendo il sintomo.
I colloqui di psicoterapia sono un valido strumento di cura dalla dipendenza da Internet. Il primo passo dello psicoterapeuta è alfabetizzare il paziente, ottimo “cronista” di se stesso. La psicoterapia individuale è particolarmente indicata nel caso in cui la dipendenza da Internet si accompagni a una patologia pregressa, e permette di giungere alla presa di consapevolezza di parti profonde di sé ed al loro cambiamento.
Anche i familiari di questi pazienti ricoprono un ruolo determinante per la guarigione dall’IAD.
È fondamentale, inoltre, la prevenzione, che rimane un utile strumento per tutti, con speciale attenzione ad alcune regole nell’utilizzo di Internet da parte di chi già è coinvolto in un disagio psicologico. É bene ricordare che occorre limitare la quantità di tempo trascorso quotidianamente online (non più di una o due ore), possibilmente non instaurando un’abitudine quotidiana, che deve essere a tutti i costi rispettata. Inoltre è importante integrare le attività online con attività reali equivalenti (es. acquisti, svaghi o relazioni sociali). La socializzazione reale non deve mai essere totalmente sostituita da quella virtuale e, nel caso in cui si avverta una necessità coatta e incontrollabile di collegarsi a Internet, occorre chiedere un aiuto competente.
Inoltre, oggigiorno, accanto alle varie opzioni terapeutiche, si sono diffusi diversi sistemi di regolazione delle emozioni. È un esempio la mindfulness che riguarda l’essere consapevoli della propria mente e del proprio corpo, con accettazione non giudicante. Dato che l’Internet Addiction Disorder comporta depressione e isolamento, bisogna essere capaci di riconnettere se stessi e riconnettersi con gli altri; bisogna scoprire pratiche che ci consentano di trovare “l’altro”.
In conclusione, è importante trovare un equilibrio sano nell’uso di Internet e dei social media. Ridurre l’uso dei social media, trovare attività alternative gratificanti e cercare il sostegno di amici e familiari possono essere passi importanti per affrontare l’Internet addiction e ripristinare un equilibrio nella nostra vita digitale e offline.
Sitografia
AsapSCIENCE, 5 Crazy Ways Social Media Is Changing Your Brain Right Now (2015), https://www.youtube.com/watch?v=HffWFd_6bJ0
F. Turri, La dipendenza patologica da internet e la compromissione della relazione sociale. Chi, come e dove. (2013), https://ainformazione.files.wordpress.com/2015/02/tesi_turri.pdf
Guardiamo il nostro smartphone 150 volte al giorno (2013), https://www.corriere.it/tecnologia/cyber-cultura/13_maggio_30/occhi-smartphone-150-volte_e79633aa-c937-11e2-b696-db4a64575c16.shtml
Meshi D., Tamir D., Heekeren H., The Emerging Neuroscience of Social Media, https://psnlab.princeton.edu/document/236
Perché a volte ci sembra che il cellulare ci vibri in tasca e non è vero? (2013), https://www.focus.it/cultura/curiosita/perche-a-volte-ci-sembra-che-il-cellulare-ci-vibri-in-tasca-e-non-e-vero
The “online brain”: how the Internet may be changing our cognition (2019), https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/wps.20617
Young K. S. (2000), Presi nella rete. Intossicazione e dipendenza da Internet, Calderini Edagricole – Bologna
Young K. S., Internet Addiction: Symptoms, Evaluation, and Treatment, https://netaddiction.com/articles/symptoms.pdf
Autrice
Mi chiamo Alessia Carnesecchi, ho 23 anni e vivo a Verona. Mi sono diplomata l’anno scorso in Management del Turismo, dello Sport e degli Eventi presso l’università di Bolzano e ora frequento il corso di Licenza “Web Marketing & Digital Communication” presso l’università IUSVE a Verona. Da sempre sono attratta da ciò che si nasconde dietro alle cose e per questo mi definisco una ragazza curiosa, intraprendente e solare.