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Digitalizzazione. Un fenomeno tutt’altro che green!

30 Maggio 2022
|In Ricerca / IUSVE Team
|By IUSVE VE 001

La digitalizzazione è un fenomeno che possiamo, senza alcun dubbio, considerare positivo per noi e per le nostre vite. Il digitale assottiglia, se non addirittura elimina, le distanze tra gli individui, che grazie alle architetture online hanno la possibilità di comunicare e svolgere tutta una serie di attività (una lezione scolastica o universitaria, un meeting di lavoro, una reunion di famiglia o con i propri amici) senza che sia necessaria la compresenza fisica.

Tale aspetto si è ancor più oggi accentuato con la pandemia da Covid-19 che ci ha costretti per lunghi periodi all’interno delle nostre abitazioni senza potervi uscire per recarsi, ad esempio, nel proprio posto di lavoro, a trovare parenti ed amici o, più semplicemente, per raggiungere un negozio o un ristorante nel quale cenare nel weekend. Sono nate così numerose nuove piattaforme nelle quali, ad esempio, ordinare cibo pronto o, ancor prima, la propria spesa (per poter cucinare le pietanze preferite), acquistare abbigliamento o vendere i capi che non si utilizzano più nella smania di dare nuova vita al proprio guardaroba. Questi sono alcuni esempi di come la rete abbia condizionato e continui ad operare un cambiamento di visione nelle nostre vite.

Non che prima non svolgessimo queste attività, ma la pandemia ha contribuito ad acuirle e ne consegue che oramai siamo dotati di una “app” per ogni aspetto della nostra vita.

Ma siamo proprio convinti che tale rivoluzione digitale sia priva di impatto?

E’ pur vero che la digitalizzazione ci ha permesso di rendere numerosi dei nostri processi quotidiani più snelli e veloci. Grazie alla migrazione verso il virtuale, molte azioni di routine come, ad esempio, fare un bonifico, stampare un documento di trasporto, una fattura, un catalogo, sono stati sostituiti da un’analoga operazione virtuale che avviene direttamente e nella sua interezza nella rete internet. Questo ha permesso così l’abbattimento di un grande quantitativo di carta stampata che porta così alla conseguente riforestazione di molte aree deturpate e distrutte prima dall’intervento dell’uomo. Oppure basti pensare al periodo della pandemia, appunto, quando eravamo tutti barricati nelle nostre case a fare videoconferenze e lezioni online in favore di un taglio netto dei nostri spostamenti, che ci hanno in questo modo condotto a respirare un’aria più pulita, con basse concentrazioni di smog e PM10.

I dati che qui verranno presentati, però, smentiscono purtroppo tale visione utopistica per la quale il mondo digitale, perché intangibile, sia quindi privo di ricadute sulla sostenibilità e, di conseguenza, sul nostro pianeta.

Negli ultimi anni infatti è stato definito il concetto di “inquinamento digitale” che altro non è che “ il fenomeno causato dalle emissioni di Co2 che si originano dalla produzione, utilizzo e smaltimento di risorse ICT ”. Un fenomeno di cui poco si parla e che per questo è stato definito da Legambiente “inquinamento dormiente”.

Ma vediamo concretamente quanto questo nuovo aspetto ha influenza sul nostro ecosistema e come, con le nostre azioni, possiamo decidere di abbattere il nostro impatto su di esso.

Sommario

  • I GRANDI RESPONSABILI
  • LE SOLUZIONI PER UN MONDO MIGLIORE
  • CONCLUSIONI
  • SITOGRAFIA
  • PRESENTAZIONE AUTORE

I GRANDI RESPONSABILI

Secondo il Lean ICT report towards digital sobriety, nel 2008, computer, dispositivi elettronici ed infrastrutture digitali hanno contribuito per il 2% alle emissioni di Co2 globali, nel 2020 al 3,7% e si prevede che toccheranno l’8,5% nel 2025, pari alle emissioni di tutti i veicoli leggeri in circolazione.

Alla luce di questi dati se immaginassimo internet come un Paese del globo esso si troverebbe al quarto posto dopo Usa, Cina e India per emissioni di gas serra inquinanti.

I principali responsabili di questo fenomeno sono senza dubbio i data center, nei quali vengono immagazzinati ed archiviati tutti i nostri dati condivisi e salvati in rete. Essi, secondo l’Agenzia mondiale per l’energia, sarebbero responsabili di circa l’1% della domanda mondiale di energia annuale per un consumo totale di circa  200 terawattora l’anno. Dobbiamo quindi essere coscienti che ogni azione che svolgiamo all’interno della rete ha un peso in termini di consumo di elettricità: dall’invio di una mail, alla riproduzione di un video su Youtube, dalla musica che ci piace ascoltare su Spotify, alla più scontata ed apparentemente innocua ricerca su Google. Tali data center, server e switch sono responsabili della produzione di un’ingente quantità di calore e pertanto per permetterne il raffreddamento è necessario impiegare grandi quantità di energia elettrica. Alcune aziende come Amazon, Google e Verizon stanno già sperimentando, però, delle tecniche atte ad abbattere drasticamente tali consumi, come ad esempio l’impiego di energie rinnovabili, attraverso la progressiva sostituzione delle fonti di energia a carbon fossile in favore, ad esempio, del solare o dell’eolico, oppure attraverso l’intelligenza artificiale, grazie soprattutto al machine learning. Ma le responsabilità non possono essere tutte imputate a questi centri di raccolta dati, in quanto ogni azione svolta online dai semplici utenti: aziende, associazioni, ognuno di noi, insomma, ha una ricaduta molto importante nell’ambiente.

Secondo il Global Carbon Project, infatti, il semplice invio di una mail con allegati ha un consumo pari ad una lampadina accesa per un’intera giornata, oppure, guardare un’ora di video da smartphone equivarrebbe al consumo annuale di un frigorifero.

INQUINAMENTO VS TECNOLOGIA.

Altro spinoso tema è dato dal reperimento e dal relativo smaltimento, delle materie prime utili alla produzione dei dispositivi elettronici (smartphone, tablet, laptop), che non sono infinite e che impongono l’utilizzo delle energie fossili per la loro lavorazione.

Tali materiali sono in primis il rame, seguito poi da oro e argento, che sono impiegati per creare tutti i componenti microelettrici; non meno importante il coltan, un minerale reperibile in grandi quantità in Congo e indispensabile per poter ultimare la realizzazione di uno smartphone, o di un tablet, grazie alla sua potenzialità di ottimizzare il consumo di energia elettrica nei chip di nuova generazione, per permettere, quindi, all’utente di avere una batteria di maggior lunga durata nel proprio dispositivo elettronico.

Per poter rispondere all’elevata domanda del mercato, dovuta ad una studiata e programmata obsolescenza dei prodotti digitali nel giro di pochi anni, spesso, tale minerale viene raccolto sfruttando la manodopera degli abitanti della terra africana, impiegando talvolta, in questa mansione, anche bambini e bambine che non solo non possono avere così accesso all’istruzione, ma nemmeno alla loro infanzia e adolescenza, costretti e sfruttati per pochi dollari di salario.

Questa corsa al reperimento dei materiali sopra elencati, oltre a portare ad un’ulteriore impoverimento delle popolazioni sfruttate, a beneficio invece dei grandi brand di telefonia e computeristica, oltre che agli stati già profondamente industrializzati, porta anche ad un forte deturpamento ambientale, con un impatto non indifferente sul nostro pianeta, ed in particolare sulla biodiversità che è quella che più ne subisce le conseguenze. Il coltan è, inoltre, un minerale ricco di uranio e pertanto la sua estrazione selvaggia può portare a seri problemi di salute a causa della sua radioattività.

Tutte queste informazioni dovrebbero farci riflettere e prendere posizione rispetto all’abuso dei nostri device, che sostituiamo, come asserito grazie agli studi svolti da “il Sole 24ore”, in media ogni 18-24 mesi. Abitudine questa che, fomentata dai brand del settore, che propongono costantemente nuovi modelli con funzioni sempre più accattivanti, porta alla non trascurabile e pericolosa problematica dello smaltimento di tutti questi dispositivi.

In particolare, secondo il Global E-waste monitor 2020, il volume annuale di ewaste è in forte crescita in questi ultimi anni e si stima che entro il 2030 si arriverà a 74 milioni di tonnellate di device da smaltire. L’aspetto più preoccupante è senza dubbio, però, che pochi di questi rifiuti vengono effettivamente riciclati e riutilizzati. Attualmente infatti, sempre secondo l’organizzazione sopra citata, solo il 17,4% dei rifiuti elettronici viene correttamente rimpiegato per la produzione di nuovi oggetti; perciò, su 57 miliardi di dollari di materiali impiegati solo 10 miliardi vengono effettivamente recuperati. Un’ingente perdita e spreco per un pianeta già martoriato dall’intervento sconsiderato dei suoi abitanti ed, in particolare, da un’orda di imprenditori guidati solo dalla sete di potere e profitto.

LE SOLUZIONI PER UN MONDO MIGLIORE

Combattere il sordido inquinamento digitale è un dovere di tutti e ogni singolo individuo può, nel suo piccolo, attraverso delle azioni mirate, diminuire la pericolosità di un escalation che potrebbe portarci a distruggere in modo definitivo il pianeta che ci ospita.

Alcune semplici buone pratiche da mettere in atto per perseguire questo obiettivo sono secondo Avantgrade:

1.    No fotografie a tutto: può sembrare impossibile ma anche una fotografia in meno può fare la differenza. E’ importante, infatti, non scattare un numero eccessivo di fotografie ad ogni aspetto della nostra vita e soprattutto eliminare dal nostro telefono, con cadenza regolare, quelle che sono magari doppie o che non riteniamo di dover conservare. Le nostre immagini infatti quando effettuiamo il back-up dei nostri dispositivi, vengono salvate in un cloud, che altro non è che un piccolo spazio all’interno degli enormi data center di cui già si è parlato.

2.    Scegliere cosa visitare: secondo alcuni studi, svolti sempre da Avantgrade, alcuni siti sono più sostenibili di altri, ed in particolare è stato analizzato che pagine come quella dell’insospettabile WWF, produce oltre 3,6 tonnellate di anidride carbonica l’anno e non è meno impattante quella del movimento per la salvaguardia del pianeta “Friday’s for future” che supera del 228% il valore medio di emissioni di Co2 per pagina web. Note di demerito vanno anche ai grandi colossi dell’agroalimentare e dell’automobilismo come Barilla, Ferrero e Peugeot che producono rispettivamente con i loro siti il 129%, il 236% e il 136% di emissioni inquinanti in più rispetto al valore medio. Meglio fa invece Volkswagen che si è posto come obiettivo quello di produrre oltre un quarto in meno della media di emissioni. Virtuosi, e dai quali trarre il buon esempio, sono i fashion brand che sono molto attenti alla tematica dell’inquinamento digitale e si posizionano, al momento, tra le aziende più green e sostenibili. Parliamo di grandi firme come Hugo Boss, Louis Vuitton, Yves Saint Laurent e Fendi. Non fa, invece, altrettanto bene Moncler che sarebbe responsabile di oltre il 950% di emissioni di anidride carbonica in più rispetto alla media. Alla luce di questi dati sta a noi quindi decidere quali brand privilegiare e su quali siti orientare le nostre ricerche per risultare meno impattanti sull’ambiente e, quindi, in definitiva, sul nostro pianeta, privilegiando magari anche motori di ricerca che fanno del loro focus la sostenibilità come, ad esempio, Ecosia che per ogni ricerca pianta un albero o Lilo, che finanzia progetti ambientali a scelta dell’utente.

3.    Utilizzare il cloud per salvare il mondo: è sempre preferibile, se dobbiamo condividere dei contenuti ad altre persone, soprattutto se molto pesanti, in termini di byte, utilizzare i cloud come Google Drive o ICloud, o meglio ancora dei tool online come WeTransfer, perché saranno in grado di comprimere tali file, in modo da ottimizzare l’energia necessaria per trasferirli attraverso la rete.

4.    Guardare responsabilmente: i file multimediali, ed in particolare i video ad alta definizione, sono i maggiori responsabili dell’utilizzo di energia. Ad oggi infatti secondo Eni, il 60% del traffico totale dei dati che transitano via internet, generando oltre 300 milioni di gas serra ogni anno, sono appunto i video in streaming. Essi rappresentano infatti l’1% delle emissioni globali e sono in grado di consumare la medesima quantità di energia di uno Stato come la Spagna. Tale inquinamento, inoltre, non accenna a fermarsi ed è in continua crescita in quanto le piattaforme di streaming, e la sempre più elevata definizione delle immagini, stanno contribuendo ad acuire questo fenomeno. Lo stesso, anche se in forma minore, si può riscontrare anche nello streaming musicale. Meglio quindi sempre guardare le nostre serie tv preferite, il video simpatico su Youtube, o ascoltare la nostra playlist o podcast preferito solo quando sappiamo di poterci dedicare la giusta attenzione. E magari adottiamo piccoli accorgimenti come scegliere di ascoltare una canzone senza necessariamente riprodurne ogni volta il video musicale, che nella maggior parte dei casi, nemmeno guardiamo e disattivare la riproduzione automatica dei video sui social media.

5.    Trovare del tempo per la “pulizia digitale”: è buona norma fissare una giornata al mese di “pulizia digitale” nella quale eliminare tutti i contenuti non necessari all’interno dei nostri device e ottimizzare la propria casella di posta elettronica andando a rimuovere tutte le mail non più necessarie o superate.

6.    Non lasciarsi APPesantire: le app scaricate sul proprio smartphone o tablet, oltre che rendere più difficoltosa la corretta operatività del dispositivo, se inutilizzate, sono comunque in grado di scambiare dati e consumare energia. E’ sempre bene quindi disinstallare le app di cui non si fa più uso ed evitare di scaricarne di inutili, ma di conservare solo quelle di cui abbiamo effettivamente bisogno e che effettivamente utilizziamo.

7.    Videomeeting solo se necessario: la soluzione della videochiamata è uno strumento davvero utile per poter permettere a chiunque, in qualsiasi luogo e momento, di potersi connettere per poter dialogare: dalla riunione di lavoro, alla lezione scolastica, alla chiacchierata con gli amici. Con la pandemia, in particolare, questo strumento ha avuto un’ascesa senza precedenti diventando l’unica alternativa per l’ordinaria prosecuzione di diversi ambiti della nostra vita quotidiana. Ricordiamo però, che anche in questo caso, il dispendio di energia è molto elevato per poter mettere in connessione le persone. Fondamentale è quindi effettuare tali call solo quando è realmente necessario e magari decidere di non attivare la webcam, se non indispensabile, in modo così da consumare una quantità molto più bassa di dati.

8.    Scritto è sempre meglio: sempre più oggi con le nostre vite frenetiche ci troviamo a dover rispondere ad una miriade di messaggi in tempi molto brevi. Lo strumento dell’audio, quindi, può tornarci molto utile per poter rispondere al nostro interlocutore anche mentre siamo impegnati in altre attività. Quest’ultimo però è accusato di consumare molti dati e, quindi, è sempre consigliabile, se possibile, ricorrere al buon vecchio messaggio di testo che è, invece, molto meno impattante.

9.    Non abusare dei backup: il backup è uno strumento davvero utile per poter liberare le memorie dei nostri device, con la conseguenza positiva di poter avere una maggiore autonomia della batteria e un miglior funzionamento del sistema operativo. Ma il backup non deve essere una costante, ma uno strumento che viene utilizzato con parsimonia, in modo da non accumulare volumi enormi di dati, che si ripetono identici e che portano ad un elevato consumo di energia e al sovraccarico dei data center.

10.  Non aprire troppe finestre: sembra impossibile ma anche l’apertura contemporanea di troppe finestre sul proprio laptop o di un numero eccessivo di app sul proprio smartphone o tablet hanno il potere di sovraccaricare il device e quindi di aumentarne il consumo di energia e anche un piccolo gesto come quello di chiudere le finestre, che al momento non stiamo utilizzando, è in grado di ridurre il nostro apporto di inquinamento digitale.

ECOSOSTENIBILITA’ SUL WEB

Come possiamo quindi comprendere le azioni da mettere in atto per diminuire il nostro impatto di inquinamento online sono poche e semplici ma possono fare la differenza.

CONCLUSIONI

Nel 2021, la Commissione Europea riunita ha promulgato il piano d’azione sostenibile per l’azzeramento dell’inquinamento allo stesso tempo atmosferico, idrico, e del suolo, con lo scopo di raggiungere gli obiettivi stabiliti dal Green Deal europeo, che hanno come deadline il 2050. La digitalizzazione è al centro delle soluzioni di cambiamento per diminuire l’impiego di combustibili fossili e, quindi, l’inquinamento tradizionale. Come abbiamo visto però, si sta costituendo un paradosso per il quale le nuove tecnologie, che dovrebbero essere la salvezza, si stanno rivelando a loro volta responsabili di un nuovo tipo di inquinamento. Se vogliamo quindi che la soluzione all’inquinamento tradizionale non sia un nuovo tipo di inquinamento, che potrebbe portarci comunque al tracollo ambientale, dobbiamo percorrere la via della sobrietà digitale e cioè un approccio sostenibile mirato a ridurre per, progressivamente, eliminare l’impronta di carbonio nel digitale e ad adottare soluzioni ragionate e sobrie in termini energetici. Quelli sopra elencati sono alcuni esempi.

Doveroso, infine, è prendersi cura del nostro pianeta e agire secondo una coscienza green, in modo da poter vivere in un mondo migliore, più pulito e maggiormente longevo, che possa ospitarci ancora per molti e molti secoli. Il nostro agire, anche con piccoli gesti, va a beneficio nostro e delle generazioni future. Riflettiamoci nel nostro quotidiano.

SITOGRAFIA

Emissioni di CO2: l’impatto dell’inquinamento digitale

https://www.ilsole24ore.com/art/quanto-inquina-nostra-vita-digitale-e-cosa-possiamo-fare-AEQc2wf

Inquinamento digitale: Internet nemico o amico dell’ambiente?

https://www.eni.com/it-IT/trasformazione-digitale/inquinamento-digitale.html

Inquinamento digitale: cos’è e come ridurlo

https://it.euronews.com/my-europe/2021/11/02/inquinamento-digitale-un-tema-di-cui-si-parla-poco

https://www.insidemarketing.it/inquinamento-digitale-dati/

https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2020/10/alleggerisci-la-tua-impronta-invisibile.pdf

L’inquinamento digitale e l’impatto delle nostre azioni online sull’ambiente

Inquinamento digitale: le azioni online impattano sull’ambiente

PRESENTAZIONE AUTORE

Il mio nome è Nicolo’ De Tuoni. Ho 24 anni e da ormai cinque anni studio il marketing e la comunicazione digitale, due ambiti che scaturiscono in me un forte interesse. La mia formazione in questo ambito inizia quando, al termine del mio periodo scolastico, mi avvicino al mondo della comunicazione e del digital decidendo di iscrivermi all’indirizzo di Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Padova. Al termine del mio percorso di studi prettamente teorico ho deciso, quindi, di continuare nella mia formazione ma dal punto di vista più pratico e laboratoriale, per poter applicare le mie conoscenze teoriche nel concreto e trasformarle, così, in competenze. Mi sono così iscritto al corso di Laurea Magistrale in Web Marketing e Digital Communication offerto dallo IUSVE che sto tutt’ora seguendo con interesse e profitto. Nel futuro il mio obiettivo sarà sicuramente quello di poter trovare un impiego che mi permetta di lavorare in un ambiente giovane e dinamico dove il cambiamento e l’evoluzione sono costanti, in modo da accompagnare la mia preparazione accademica alle mie doti di vendita e di rapporto con i clienti apprese invece sul campo con il mio lavoro presso una nota multinazionale francese, che sto tuttora svolgendo.

Decalogo E-waste Emissioni Green Deal Inquinamento Sobrietà Digitale
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