Introduzione

Viviamo nel 2022, nel cuore di una grande rivoluzione digitale che ha cambiato la nostra società. Negli ultimi anni la tecnologia ha spiccato il volo, numerosi studiosi hanno rilevato notevoli possibilità di crescita del settore e, di conseguenza, tutto il mondo si è mosso per apportare il proprio contenuto. In breve tempo sono state sviluppate numerose piattaforme social alle quali la gente ha dovuto adattarsi, comprenderne il funzionamento e successivamente farne uno strumento di vita quotidiana. Questa rapida digitalizzazione ha evidenziato d’altro canto una profonda mancanza di insegnamenti volti al corretto utilizzo dei social media e della rete Internet. Siamo entrati nell’era digitale e, di conseguenza, è necessario colmare quelle lacune alle quali la società non è riuscita a far fronte. La mancanza di istruzione digitale può apportare un grave danno ai bambini, forzati a crescere senza però avere delle basi solide su cui poggiare, distanti dagli amici, impossibilitati da perseguire i propri hobby. In questo articolo andremo ad analizzare più approfonditamente gli effetti che il mondo digitale causa ai giovani, le opportunità ed i benefici che possono apportare alle nuove generazioni se istruite di dovere all’interno delle istituzioni scolastiche.

1.0 I social network: 

“Con l’espressione Social Network si identifica un servizio informatico online che permette la realizzazione di reti sociali virtuali. Si tratta di siti internet o tecnologie che consentono agli utenti di condividere contenuti testuali, immagini, video e audio e di interagire tra loro. Generalmente i social network prevedono una registrazione mediante la creazione di un profilo personale protetto da password e la possibilità di effettuare ricerche nel database della struttura informatica per localizzare altri utenti e organizzarli in gruppi e liste di contatti. Le informazioni condivise variano da servizio a servizio e possono includere dati personali, sensibili (credo religioso, opinioni politiche, inclinazioni sessuali) e professionali. Sui social network gli utenti non sono solo fruitori, ma anche creatori di contenuti. La rete sociale diventa un ipertesto interattivo tramite cui diffondere pensieri, idee, link e contenuti multimediali.” Questa è la definizione che viene fornita dall’enciclopedia Treccani all’espressione: “social network”. 

Il primo social network è arrivato nelle nostre vite intorno al 1997, assumeva il nome di “SixDegrees e venne creato da Andrew Weinreich. Questo sito web aveva l’obiettivo di combinare incontri amorosi senza il pericolo delle false identità e senza la presenza di malintenzionati. La logica del suo funzionamento era basata sulla “teoria dei sei gradi di separazione”, di Stanley Milgram (da cui molto probabilmente prendeva anche il nome), secondo la quale una persona può contattare qualsiasi persona al mondo che non conosce, con non più di cinque passaggi intermedi. Il network però, permetteva agli utenti di usare solo tre gradi di separazione, che si possono esprimere con la frase: “un amico dell’amico del mio amico”, perché aveva anche lo scopo di raggruppare persone coetanee e di un ceto sociale simile. 

Come tutte le novità, i social hanno richiesto del tempo per instaurarsi del tutto nella nostra quotidianità, ma con il passare degli anni, degli aggiornamenti, di nuovi investitori e programmatori siamo arrivati ad oggi. Facebook in questo percorso è stato sicuramente un game changer in quanto il suo creatore Mark Zuckerberg insieme a Eduardo Saverin, Andrew McCollum, Dustin Moskovitz e Chris Hughes per farlo diventare il social network più utilizzato al mondo. Facebook, con oltre due miliardi di iscritti, gli ha apportato svariati cambiamenti e trasformazioni, tanto che è quasi banale definirlo solamente un social network. Oramai è una piattaforma a 360 gradi che offre un sistema di messaggistica (Messenger), una piattaforma video (Facebook Watch) e tanti altri servizi pensati per gli utenti. Nasce però ad Harvard, in una notte di ottobre del 2003, quando uno studente, appunto Mark Zuckerberg, reduce da un appuntamento andato a male, si siede davanti al computer e guardando l’annuario universitario ha un’idea: creare un sito dove caricare tutte le foto degli studenti del college.

Da qui i social si moltiplicano e ognuno ha una peculiarità che più lo caratterizza e lo rende utilizzato. Instagram, per esempio, nasce come piattaforma dedicata esclusivamente agli amanti della fotografia, a coloro che con un’immagine vogliono esprimere il loro stato d’animo o condividere con i propri amici l’ultima foto scattata in vacanza o al lavoro. Negli anni la piattaforma è cambiata profondamente, prima dando la possibilità agli utenti di personalizzare i propri post aggiungendo gli hashtag e successivamente aggiungendo l’opportunità di caricare anche video di breve durata. Il successo di Instagram è legato soprattutto all’istantaneità, alla possibilità di caricare un’immagine in pochissimi secondi, di modificarla applicando un filtro e di condividerla con una platea di oltre 1 miliardo di utenti attivi ogni mese. In seguito è stato acquistato proprio da Facebook e oggi insieme anche a WhatsApp fa parte di quello che è l’universo Meta. TikTok, invece, rappresenta l’ultima novità ad aver fatto veramente scalpore. Nasce dall’idea dell’imprenditore cinese Zhang Yiming. Laureato in ingegneria informatica, detentore di una quota di Bytedance (colosso cinese che gestisce piattaforme internet e sviluppo app su sistemi di machine learning), intuì la crescente influenza del suo Paese nel settore della tecnologia. Mosso da questa idea, nell’agosto 2018, lanciò TikTok dopo aver acquistato il già noto Musical.ly, con l’obiettivo di far sì che chiunque nel mondo possa dare libera espressione alla propria immaginazione. Il focus è il doppiaggio: il social mette a disposizione migliaia di audio di canzoni e di film, ricercabili tramite hashtag ed una serie di strumenti di editing. In poche e semplici mosse l’utente (che deve avere minimo 13 anni) può interpretare chiunque e pubblicare video nel feed. Lo slogan di TikTok è “Make every second count” (fai che ogni secondo duri) ed è proprio la sua parola d’ordine: i video devono essere brevi, con una durata compresa dai 15 ai 60 secondi. Per impostazione predefinita tutti gli account sono pubblici. È possibile anche inviare messaggi, ma solo ai propri amici. Il social ha superato ben presto i confini cinesi e oggi conta, globalmente, oltre un miliardo e mezzo di utenti attivi, 700 milioni di utenti attivi al mese.

Un social che ha ricevuto molto successo, ma che in Italia non è mai riuscito a diventare completamente virale è Twitter. Il più particolare dei social network. All’inizio non fu progettato per esserlo. Il suo ideatore Jack Dorsey lo pensò per farlo funzionare come piattaforma di comunicazione per dispositivi mobile. Col passare del tempo, però, la sua sopravvivenza dipese sempre più dagli adattamenti informatici dei suoi programmatori, che per farlo diventare più competitivo tra i vari sistemi di comunicazione, lo fecero diventare un vero e proprio social network. Più precisamente è un servizio di microblogging, cioè un network basato sullo scambio di messaggi brevissimi, più corti di un sms. Questa è la caratteristica di tutti i servizi di microblogging e di Twitter in particolare. Nacque nel 2006 dall’idea di J. Dorsey e altri due colleghi (Evan Williams e Biz Stone), che avevano già realizzato insieme una piattaforma di comunicazione per blog. Cominciarono a sviluppare un software per pubblicare messaggi più brevi di un sms. L’iniziativa fu progettata per essere completata in poco tempo. Il gruppo di programmatori si dedicò intensamente allo sviluppo del servizio con l’intento di adattarlo all’uso del cellulare. Nei primi mesi dalla sua pubblicazione non ebbe un grande successo, poiché veniva utilizzato solo da una nicchia di appassionati  intorno all’area di S.Francisco. Ma nel 2007 diventò più simile a un social network e si diffuse in tutto il mondo. 

1.1 Si può parlare di dipendenza?

La domanda che molti si pongono è: i social possono creare una dipendenza? La risposta è complessa. Il documentario “The Social Dilemma” diretto da Jeff Orlowski presenta Ben, un ragazzo con una chiara dipendenza da social media che, costretto dalla madre a non utilizzare il cellulare per una settimana, entra in uno stato di crisi. I sintomi sono legati alla dipendenza da internet, ossia la necessità di stare sempre più connessi per raggiungere uno stato di temporanea soddisfazione personale. L’astinenza dà a Ben una sensazione di disagio psicofisico e un vero e proprio “craving”, ovvero il desiderio incontrollabile di qualcosa che porta gratificazione a chi lo utilizza, caratterizzato dall’aumento di pensieri fissi e da forti impulsi. Il protagonista cerca in tutti i modi di sfuggire all’attenzione della madre per connettersi; da questo si capisce quanto i sintomi assomigliano a quelli di una qualsiasi altra dipendenza. Nel film vengono mostrate in parallelo le vicende di un gruppo di esperti che attraverso l’utilizzo di impulsi, immagini e informazioni personalizzate manipolano l’attenzione di tre avatar diversi che corrispondono a Ben. Nei titoli di coda sono presenti le raccomandazioni degli intervistati sopra citati che consigliano di ridurre drasticamente il tempo passato al cellulare, di evitare di creare profili social a ragazzi troppo giovani, di disattivare le notifiche e di ampliare gli interessi seguiti attraverso queste piattaforme. Tutto questo con il fine ultimo di ‘spiazzare’ gli algoritmi ed evitare che ci condizionino oltre misura. Vari studi dicono che la dipendenza da social network è uno stato di dipendenza psicologica in cui gli utenti sono eccessivamente preoccupati riguardo alle attività svolte sui social e sono spinti ad un uso incontrollabile di queste piattaforme sino al punto da arrivare a interferire con le loro normali azioni quotidiane. Demograficamente, gli adolescenti fanno parte della maggioranza a rischio di soffrire di certi disturbi per via della loro maggiore capacità di adattamento alle nuove tecnologie e alla loro costante ricerca di nuove sensazioni. Tuttavia, la rapidità con cui la comunicazione online si evolve non ha ancora permesso di raggiungere un consenso tra gli esperti riguardo alla possibilità di aggiungere questo tipo di dipendenza al “Manuale diagnostico e statistico dei disordini mentali”. L’avvento delle stories sui vari social ha cambiato l’approccio delle persone alle varie piattaforme. Piano piano il fenomeno si è esteso e molti hanno cominciato a notare come pubblicare determinate tipologie di situazioni portasse più interesse ed interazioni sul proprio profilo. Si è dunque arrivati ad un punto dove molte persone hanno cominciato a fare determinate attività solo per poterle pubblicare e per ricevere gratificazione dall’approvazione altrui.  Come può sembrare ovvio, non è il like di per sé ad essere codificato dal cervello come uno stimolo gratificante. Bensì il suo significato, il senso e le implicazioni che il like può riversare nella vita di chi lo riceve. È chi lo riceve che gli attribuisce un significato. In base a quello i circuiti del sistema cerebrale coinvolto, eventualmente, rispondono con un aumento del tono del neurotrasmettitore. Questo produce la sensazione di piacere e costituisce l’effetto di rinforzo, infatti motiva la ripetizione del comportamento. Diventa dipendenza, possibilmente, se non hai altri modi per gratificarti. Questo significato è anche indotto dal contesto culturale e del social network, infatti il like è altamente significativo in tale contesto, essendo una fra le azioni possibili di riscontro, insieme al commento e al messaggio. Il desiderio di esporsi e di mostrare il proprio io, quella parte riflessa dagli altri, dal loro sguardo e dalle loro risposte è la ricerca di un riconoscimento. Esistono svariate tipologie di utenti su ogni piattaforma, quelli più attivi, quelli che utilizzano molto il social ma non pubblicano, quelli che lo usano di meno e via dicendo. Molto spesso però questi utenti hanno un atteggiamento compulsivo nei confronti di queste piattaforme. 

1.2 Pro e contro dell’utilizzo dei social:

I social network vengono usati sempre più spesso e ad oggi si contano circa 2 miliardi di persone che ne fanno uso nel mondo. Ai primi posti nella classifica degli utenti dei Social media ci sono America e Europa, rispettivamente 70% e 66% di tasso di penetrazione. La ricerca ha mostrato che fra i teenagers americani, YouTube, Instagram, e Snapchat sono i social più frequentati, e il 45% dei ragazzi intervistati ha affermato di usarli quasi di continuo durante la giornata.  L’OMS (2014) si è occupata di questo uso massiccio dei social, soprattutto per cercare di capire se, per una minoranza di questi utilizzatori, potesse essere appropriato parlare di dipendenza. I social media sono strumenti che permettono di comunicare con persone che risiedono in qualsiasi parte del mondo: è un ottimo modo per restare in contatto con amici e conoscenti lontani e la sensazione di vicinanza che essi consentono migliora lo stato di benessere delle persone. Quando però si trascorre il proprio tempo con gli occhi incollati sullo schermo, si va a cercare in modo compulsivo la presenza di notifiche o richieste di amicizia su questi siti, questo può comportare seri problemi per la salute psichica. Le persone che hanno queste abitudini, si è visto, sono scarsamente soddisfatte della propria vita ed hanno effettivamente una qualità della vita piuttosto bassa. Non è più solo una forma di svago. L’apertura e la chiusura dell’app viene spesso fatta quasi senza accorgersene. La ricerca di Nesi e Prinstein (2018) è uno studio longitudinale sul comportamento compulsivo di alcuni adolescenti sui social. I risultati mostrano che i ragazzi molto “social” facevano anche uso di sostanze e si esponevano a comportamenti sessuali a rischio. Uno studio di Sarabia e Estévez (2016) invece, si è concentrato sui comportamenti su Facebook di alcuni adolescenti spagnoli, scoprendo che le ragazze usavano con gli altri metodi prevalentemente seduttivi per ottenere approvazione sociale, mentre i ragazzi si proponevano come seduttori. Anche in Italia, emerge dal rapporto Censis, l’utilizzo dei social sta crescendo in tutte le fasce d’età ed anche da noi si comincia a parlare di abuso o di dipendenza. Tutti possiamo osservare come nei luoghi pubblici (treni, ristoranti, hotel) le persone non parlano più, ma siano tutte concentrate sul proprio cellulare, muovendosi da un social all’altro, alla ricerca di costante approvazione e di un ideale stereotipato di successo

2.0 Essere social nel contesto odierno: come le nuove generazioni interagiscono online?

Viviamo in una società in continuo sviluppo, dove le distanze si sono completamente annullate grazie allo sviluppo della tecnologia ed alla forte crescita dei social networkCome abbiamo precedentemente analizzato, i social network sono dei canali di comunicazione attraverso i quali gli utenti del web possono interagire in maniera attiva all’interno di una comunità virtuale. La società ha introdotto le persone dentro questa nuova realtà che si è sviluppa in maniera graduale, partendo da cellulari con un traffico di dati considerato al giorno d’oggi misero, arrivando agli smartphone con i quali è possibile svolgere un numero di operazioni infinite, tutto questo con un semplice click. 

Essendo gli smartphone alla portata di tutte le famiglie, in maniera più economica e viceversa, questi hanno un potere molto forte: la diffusione di informazioni, dunque, ci focalizziamo principalmente sull’educazione digitale.

I giovani tendono a trascorrere praticamente gran parte della loro giornata, dal momento che si svegliano e ad eccezione del tempo a scuola, utilizzando dispositivi elettronici, smartphone, computer. Possiamo notare sempre di più come la crescita collettiva prosegua in maniera lineare tralasciando aspetti fondamentali per i giovani, infatti stiamo vivendo in un’era dove all’interno delle scuole il tema relativo al digital ed ai social è ancora sottovalutato, se non letteralmente omesso, lasciando una quantità indiscutibile di giovani senza basi dove poggiare il sano utilizzo dei media.

E’ doveroso insegnare ai giovani il ruolo dei social network, l’impatto che possono causare nelle proprie vite e nelle relazioni con il mondo esterno, in maniera pienamente efficace essendo diventata per tutti la realtà dei giorni nostri. Non parliamo dell’utilizzo dei media per manipolare gli interessi e le azioni delle altre persone, bensì della vera e propria educazione diretta ad istruire il quiete vivere ed il sano approccio all’interno di una comunità globale proiettata nel digitale.

2.1 L’impatto dei social media sui giovani

Come possiamo vedere da un sondaggio del 2018 da parte di Pew Research Center, i social media sono una parte talmente importante della vita di molti adolescenti che su una stima di 750 ragazzi tra i 13 e i 17 anni ha rilevato che il 45% è quasi costantemente online mentre il 97% utilizza una delle diverse piattaforme di social media, come YouTube, Facebook, Instagram o Snapchat.

I giovani utilizzano i social per creare il proprio spazio in maniera da combattere quel sentimento di solitudine diffuso in giovane età, offrendo loro uno spazio nel quale possono sentirsi liberi di esprimere i propri pareri personali senza vincoli, dando un forte valore alla voce permettendole così di raggiungere l’intera comunità.

Inoltre, permettono di rimanere in contatto con i propri coetanei da qualsiasi parte del mondo favorendo e velocizzando la reperibilità. Determinate piattaforme permettono, mediante l’utilizzo di specifici filtri, di mettersi in contatto con persone aventi gli stessi interessi, culture, o semplicemente permettono di creare legami grazie alle diverse community creandosi così un proprio ruolo nella società.

Al giorno d’oggi, i ragazzi non sono più abituati ad utilizzare i libri come strumento di ricerca, infatti questa funzione è stata digitalizzata permettendo il libero accesso alle informazioni mediante l’utilizzo di Internet. In tema di adolescenti, un recente studio di un professore di psicologia alla San Diego State University chiamato Jean Twenge, ha evidenziato come negli anni ‘80, nelle scuole superiori, i giovani tendevano a svolgere diverse attività come andare a feste, al cinema oppure a fare dei giri in macchina tutti insieme molto di più che oggi. Infatti, nel 2016 questo confronto ha riportato come gli adolescenti d’oggi trascurino molto di più le interazioni dirette con le persone e, così facendo, in media trascorrono un’ora al giorno in meno interagendo faccia a faccia.

A questo fattore è stato associato nel corso degli anni un maggiore utilizzo dei media digitali per comunicare con le persone il che lo si può vedere sotto due punti di vista, sia positivo che negativo. All’interno dei social media i ragazzi, soprattutto in età adolescenziale, possono reinventarsi un vero e proprio personaggio attraverso il quale farsi conoscere all’interno della comunità. Infatti, tra i fenomeni più distorti che i social hanno portato si evidenzia maggiormente la falsa immagine che si può dare di se stessi. Dietro ad uno schermo, con un nickname ed una foto profilo, le persone possono svolgere un numero elevato di azioni, sia positive che negative, come dare il proprio supporto nella sensibilizzazione di diverse tematiche come l’equità salariale tra i sessi, il gap tra ricchi e poveri, la deforestazione ed il cambiamento climatico. Attraverso i media le iniziative assumono un ruolo molto importante, infatti ci si ritrova spesso a leggere ed ascoltare post ed interviste di personaggi famosi volte a sensibilizzare questi temi, dando forte esempio ai giovani che, nei nostri giorni, danno l’impressione di dare più valore alla voce dei propri idoli piuttosto che degli insegnanti. 

2.2 Come la pandemia ha incrementato l’utilizzo della rete

La pandemia è stato il momento giusto per incrementare l’utilizzo dei social media come una manna e sfruttare le diverse opportunità che questi ci hanno fornito infatti nel 2020 l’utilizzo dei mezzi digitali nel territorio Italiano è aumentato in maniera considerevole tanto che l’impiego degli smartphone all’interno della nostra vita quotidiana è salito all’83,3% (con una crescita record rispetto al 2019: +7,6%), nel mentre è lievitato complessivamente al 76,6% gli utenti dei social network (+6,7%).

Tra le tante attività che l’utente può svolgere, si sono affermate delle vere e proprie posizioni lavorative come il social media marketing, figura a cui i giovani ambiscono molto, specialmente tra il pubblico femminile. Piattaforme come Instagram e Tiktok hanno facilitato l’accesso alle informazioni di qualsiasi campo, dalla scienza alla cucina, dalle news provenienti da tutto il mondo all’istruzione. I giovani associano queste applicazioni a delle vere e proprie fonti dalle quali è possibile ricevere consigli, guide ed insegnamenti. Oltre ad essere uno strumento col quale reperire informazioni rapidamente o mettersi in contatto col mondo, i social rappresentano una ormai affermata realtà con la quale poter fare business con il digitale, non è sottovalutabile infatti l’incremento delle spese in campo di marketing e media da parte delle aziende. Questa rientra dentro le diverse ragioni per le quali nei nostri anni è necessario approfondire il tema relativo all’educazione digitale, istruire i ragazzi sin dalla giovane età per tenersi al passo coi tempi con le passioni, la scuola ed il lavoro.

Al giorno d’oggi invece, secondo il report del Digital 2022 in Italia, la percentuale di persone che sono in possesso di uno smartphone ha subito un leggero rialzo (al 97,3%), seguita dai possessori di computer desktop o laptop (oltre il 75%). Per di più, ci sono evidenti crescite nell’acquisto di smartwatch e smart home. La percentuale degli utenti attivi sulle piattaforme social sono oltre 43 milioni (+5,4%) e le principali motivazioni che spingono le persone verso i social media sono evidentemente legate al rimanere aggiornati, da un lato con l’attualità (news, al 48%), e dall’altro lato con amici e famiglia (47%). Un’ampia fetta invece spetta a coloro che utilizzano i social con il solo scopo di riempire il proprio tempo libero (46%).

2.3 La digitalizzazione dell’istruzione

Durante la pandemia di COVID-19, c’è stato un blocco totale o parziale, in tutto il mondo. 

Nel 2020, con l’avvenire della pandemia, anche il sistema scolastico ha subito notevoli cambiamenti infatti ha dovuto seguire l’onda della rivoluzione ed immergersi in un mondo del tutto sconosciuto per la nostra società: l’istruzione scolastica online.

Da un giorno all’altro è stato chiesto alle famiglie di acquistare smartphone, tablet o computer in maniera da poter frequentare le lezioni da remoto, trasformando le dinamiche a cui noi tutti eravamo abituati, facendoci immergere in un futuro che sembrava prossimo ma oramai è parte integrante delle nostre giornate all’interno della società.
Le persone dunque sono state catapultate in queste nuove realtà dove possono esprimere la propria opinione liberamente, senza barriere, ed è proprio qui che focalizziamo la nostra analisi. Infatti, tra i problemi sorti con maggiore frequenza troviamo il tema relativo al cyberbullismo, dove a subirne sono le persone con un carattere molto più debole e fragile. All’interno delle piattaforme, specialmente Facebook senza nulla togliere ad Instagram, le critiche hanno un peso molto intenso ed è per questo motivo che c’è bisogno di ampliare le conoscenze circa la consapevolezza digitale.

Eliminando queste barriere l’intera comunità si è ritrovata ad indossare svariate maschere dietro ad uno schermo, evidenziando uno dei più grandi problemi che ci sono stati (e ci sono anche oggi) ovvero il tema riguardante l’empatia. Spesso il non riuscire a distinguere la realtà digitale dalla realtà vera e propria crea delle dinamiche nelle quali i giovani (senza nulla togliere ai più anziani) dimenticano l’importanza dei valori della società, infatti l’empatia spesso volentieri viene letteralmente eliminata dando spazio a discriminazioni ed a libertà di pensiero unidirezionale, dove si dicono cose che possono ferire altre persone ma lo si fa ugualmente, senza pensarci troppo. Da questo concetto torniamo all’interno delle aule di scuola, dove tutto ha inizio, dove i ragazzi stringono i rapporti con le persone più durature e fanno i primi passi verso la vita che li circonda.

Nel 2022, in mancanza di un’adeguata istruzione in merito allo sviluppo digitale, i ragazzi che già crescono sommersi dall’avanzamento della tecnologia rischiano di perdere quella sensibilità necessaria in tema sociale, la diminuzione delle interazioni faccia a faccia ha ridotto i dialoghi e dunque lo scambio di idee e punti di vista indispensabili per valutare il livello di empatia necessario da persona a persona. Stando dietro ad uno schermo le persone si allineano tutte sulla stessa linea d’onda, ma così facendo ci si dimentica delle diverse personalità di ognuno, dunque dei diversi toni da utilizzare in base alle persone a cui ci si rivolge. L’inserimento di una materia come l’educazione digitale all’interno del programma scolastico è di fondamentale importanza per limitare i danni che si possono creare alla società nel futuro, in quanto tutto parte dal presente. Con la pandemia le istituzioni si sono dovute reinventare, ma facendolo in maniera così rapida sono venuti a mancare diversi step fondamentali per la buona riuscita di un’evoluzione sana e futura. Parliamo di evoluzione futura proprio perché è necessaria la coesistenza dell’istruzione sia offline che online, il contatto tra gli insegnanti e gli studenti, il gesticolare ed esporsi davanti alle persone in maniera da favorire una crescita più completa, cosa che con la didattica a distanza viene a mancare, ma non è da escludere quanto fondamentale quest’ultima sia al giorno d’oggi per gli studenti specialmente universitari, magari che abitano fuori sede dove la presenza fisica comporta spesso dei veri e propri cambiamenti nello stile di vita. 

2.4 La mancanza di privacy nel digitale

Tra i diversi valori troviamo anche quello della gelosia, infatti i social media e la tecnologia assumono un ruolo attivo nell’alimentare la forma di dipendenza che la gelosia può creare. Tra le diverse piattaforme, se ci focalizziamo su Facebook possiamo notare come questa espone gli individui a delle informazioni vaghe e ambigue sugli utenti iscritti che non fanno altro che incrementare la preoccupazione e i pensieri negativi, trasformando il social in un mezzo usato per raccogliere sempre più informazioni gli uni sugli altri.

Facebook aumenta l’esposizione a diverse informazioni sulle persone che possono generare l’invidia e la gelosia, ed a loro volta queste possono aumentare il tempo speso su Facebook a ricercare informazione rilevanti, innescando un forte circolo vizioso.

All’interno di questi circoli viziosi però ci sono proprio le persone più insicure, principalmente i giovani, che utilizzano i social per conoscere nuove persone e, grazie alle diverse funzioni che i social media offrono, scoprire curiosità inerenti le altre persone innescando un meccanismo di stalkeraggio. Le molestie online sono un tipo di stalking che si verifica quando una persona utilizza varie piattaforme di media elettronici e social per molestare un’altra persona. Questo tipo di stalking viene solitamente effettuato sotto forma di e-mail, post sui social media e messaggi di testo. Molto spesso si sentono al telegiornale notizie riportanti cronache nere, come la scomparsa di giovani che, tratti in inganno dagli utenti online, vengono adescati per delle challenge di cattivo gusto. 

Ma non solo, i social media se utilizzati con cattive intenzioni possono arrecare danni psicologici permanenti alle persone, come per esempio i ragazzi che vengono presi di mira e subiscono cyberbullismo con tanto di offese e discriminazioni da parte dei propri coetanei, come se li facesse sentire superiori.

Si creano dunque questi gruppi all’interno delle diverse piattaforme come Facebook, Discord e Twitter dove si radunano le persone con gli stessi interessi ed ideologie, come possono esserci gruppi relativi al calcio, alla cucina, ai viaggi, ma sono sempre più in crescita le cosiddette “sette” aventi come unico scopo quello di diffondere notizie non veritiere e creare disagi nella società.

Le fake news sono una delle conseguenze della mancanza di istruzione nel digitale, sono sempre esistite ma ora più che mai hanno preso potenza data la rapidità con la quale gli utenti possono scrivere e diffondere notizie da ogni parte del mondo. E’ necessario partire dalla base, dai bambini sin dai primi anni, trasmettere loro gli insegnamenti dovuti in ottica futura in quanto sarà necessario convivere con questa nuova realtà, che continuerà a svilupparsi negli anni, per cui avere occhio a riguardo andrebbe a diminuire i conflitti che si creano nella comunità.

3.0 Come l’algoritmo impatti sulle scelte delle persone. 

Secondo il report 2022 di We Are Social le persone sono connesse ad internet oltre 6 ore al giorno e 2 ore di queste ultime attraverso l’utilizzo di social network. Questo importante fattore fa riflettere come più di un terzo della giornata la passiamo interconnessi. 

Internet rappresenta un luogo in cui le persone esprimono se stesse, si intrattengono, imparano e fanno esperienza. La morale che guida le persone nelle scelte odierne è indissolubilmente collegata alle esperienze che si esercitano con la realtà esterna quindi la stessa realtà che ci circonda è fondata da regole di comportamento per una maggiore convivenza. Il diritto alla libertà, all’uguaglianza, al rispetto, sono valori che l’essere umano ha combattuto da millenni. Con l’avvento di internet, e con l’aumentare del tempo speso in esso, diventa quindi fondamentale trasporre le regolamentazioni della realtà offline nel mondo online.

Molto spesso internet dà l’impressione di rappresentare di per sé una realtà indistintamente democratica. Attraverso la condivisione di contenuti, la possibilità di poter essere ugualmente presenti e molto spesso può dare la parvenza alle persone di essere all’interno di un contesto sicuro, reale e democratico. Un luogo dove poter essere realmente presenti, capiti e compresi da un gruppo di persone che condividono le stesse passioni. Alla base di tale realtà però, vi sono non esperienze casuali, bensì algoritmi che ci guidano nell’esperienza della realtà stessa. Avere la possibilità di ritrovarsi in un contesto fortemente personalizzato dove i contenuti mostrati sono adeguati all’utente che ne fa uso. 

3.1 Cosa sono gli algoritmi

Gli algoritmi sono una serie di passi o istruzioni che si usano per risolvere un determinato problema. In informatica queste istruzioni o passi sono espressi in codice. L’algoritmo dice alla macchina come comportarsi in una determinata situazione; ad esempio quali notizie presentare a un particolare utente di un social media. In pratica è il modo in cui le macchine compiono azioni, secondo una serie definita ma estremamente complicata di istruzioni che dipendono da diversi fattori. 

Gli algoritmi quindi assumono un valore di “agire morale” delegato dagli umani per compiere scelte e decisioni che hanno spesso un impatto etico. La risposta dell’algoritmo viene considerata esatta poiché basata sui dati acquisiti in base all’esperienza dell’utente. Ma qualsiasi dato che viene generato non corrisponde alla realtà dei fatti, bensì ad una rappresentazione unilaterale della stessa. 

“Qualcuno, in un dato momento, decide esplicitamente di collezionare dei dati su un certo fenomeno. Ciò significa che decide quali sono i parametri e le proprietà rilevanti a tal fine: se andiamo all’ospedale per fare dei controlli ci daranno delle informazioni sulla pressione del sangue, non sul colore delle nostre calze”, commenta a Wired Virginia Dignum, docente del dipartimento di Scienze informatiche dell’Università Umeå in Svezia.

In questa prima fase stiamo quindi già esprimendo preferenze o pregiudizi su cosa riteniamo utile alla nostra classificazione del dato. Oltre a ciò, sono da considerare anche altri due punti. “A volte i dati che raccogliamo per uno scopo A sono potenzialmente utilizzati per uno scopo B, e molto spesso sono combinati con altri dati che non sono stati collezionati con gli stessi requisiti o parametri”Per permettere quindi che l’algoritmo comprenda quali siano le scelte migliori da compiere, diventa quindi  importante insegnare e far comprendere come compiere le scelte stesse. Un modo molto utilizzato è quello del supervised learning (apprendimento sotto controllo, nda), che consiste nel fornire al sistema una serie di esempi che corrispondono a una certa definizione, per esempio identificare o meno un cane in una foto. Tale fase del processo, complessa e che richiede innumerevoli passaggi, viene molte volte trascurata e affidata a personale non adeguatamente preparate. 

3.2 Gli algoritmi come motore del mondo digitale

Ciò che permette alle persone di essere immersa in una realtà in cui immagini, articoli, community, informazioni la fanno sentire appartenente ad un mondo proprio sono appunto gli stessi algoritmi. Ma questi per funzionare necessitano di dati, cioè informazioni dell’utente. L’algoritmo per poter comprendere come determinati contenuti siano realmente utili o interessanti per l’utente che ne sta usufruendo, necessita inevitabilmente di maggiori informazioni dello stesso. Se gli algoritmi quindi rappresentano il motore nel mondo digitale, i dati rappresentano il nuovo petrolio. 

Le top 50 aziende che valgono più sul sistema azionario sono inevitabilmente delle big tech. Al vertice possiamo notare appunto Apple, con una capitalizzazione di 2240 miliardi, Microsoft con 1950 miliardi, e Amazon con 1690 miliardi di dollari. Una classifica che per molti non  risulterà nemmeno tanto inaspettata. Poiché le persone fanno utilizzo e passano molto tempo all’intento dei mondi che queste aziende hanno generato. I dati che vengono recepiti dagli stessi algoritmi sono forniti dai motori di ricerca, dalla navigazione web, dai comportamenti che le persone eseguono, giorno dopo giorno online. Quindi dopo aver compreso quali siano le leggi che caratterizzano le persone e come esse stesse agiscano all’interno della realtà digitale, comprendiamo quindi alcuni esempi di come tale fenomeno, oltre ad avere ingenti vantaggi, possa rappresentare un forte rischio per le persone. 

3.3 Giurisprudenza e algoritmi: il caso Compas 

Un esempio di forte impatto può essere l’algoritmo COMPAS. Un algoritmo usato in ambito giuridico per terminare la tendenza dell’imputato di poter commettere nuovamente il reato a lui accusato. Tale strumento, di fortemente rilevante per l’imputato, fu considerato illegittimo poiché si sono notate metriche di valutazione predittiva altamente discriminatorie. Ma il vero fulcro del problema non sono le regole che strutturano lo stesso algoritmo, bensì i dati scelti per far imparare all’algoritmo come compiere tali decisioni. 

 

Il software predittivo Compas funziona attraverso un algoritmo che,utilizzando alcune risposte date a un questionario di 137 domande (riguardanti età, lavoro, vita sociale e relazionale, grado di istruzione,uso di droga, opinioni personali e percorso criminale), sarebbe in grado di prevedere il rischio che l’imputato commetta nuovamente un reato. L’elemento che ha fatto scalpore è stato senza alcun dubbio la mancanza di etica di tali dispositivi, che limita inevitabilmente la possibilità che l’individuo possa cambiare. 

Gry Hasselbach, esperta autrice in etica dell’informazione afferma: “Penso che concentrarsi sul design dell’Ai non sia la strada da percorrere. Abbiamo bisogno di un approccio più orizzontale: il bias può iniziare e finire ovunque in un sistema di intelligenza artificiale. Nella scelta del modello, nella progettazione dei compiti, nell’elaborazione dei dati prima e dopo, nell’uso e nell’adozione. Ma anche se ci sedessimo e aggiungessimo manualmente immagini di persone non bianche a un database di persone bianche, i bias troverebbero sempre un modo per entrare nell’intelligenza artificiale. Perché i pregiudizi derivano dalle dinamiche generali del potere nella società”. 

 

3.4 I social network e gli algoritmi: Facebook compromette la salute?

Il famoso caso di inchiesta del Wall Street Journal, mostra come i social network, più nello specifico Facebook e Instagram causino gravi danni dalle persone in età adolescenziale. Si è notato nell’ultimo periodo un aumento dei casi di suicidio in ragazze di età compresa tra i 14 e i 16 anni di età. Ansia e depressione poi sono in aumento esponenziale. Di tale condizione sociale vi sono una moltitudine di cause esterne e anche i social hanno fatto sfortunatamente la loro parte. Lo studio di Keles, McCrae & Grealish del 2020 ha indagato l’influenza dei social media sulla depressione, l’ansia e lo stress psicologico negli adolescenti. I dati mostrano la presenza di una relazione significativa tra il tempo speso sui social e l’aumento di problemi psicologici, rilevando soprattutto un aumento di sintomi depressivi. Gli studiosi hanno infatti trovato un incremento sostanziale dei sintomi depressivi in soggetti dipendenti da Facebook.

Nei social network viene mostrato un mondo irrealistico, caratterizzato da corpi scultorei, obiettivi impossibili, persone idealizzate, senza o raramente mostrare i punti deboli, o la quotidianità continua. I social network così strutturati come Facebook e Instagram, possono rappresentare una instantanea della realtà senza contestualizzare il fatto, il post, la foto, all’intento del suo contesto originario. Vediamo sono strascichi di stelle irraggiungibili e da lì arriva il malessere di una reale consapevolezza della propria realtà, così distante, così irraggiungibile. 

3.5 Cambridge Analytica: come gli algoritmi influenzano le decisioni

Un caso molto noto di come i dati degli utenti, inseriti all’interno di algoritmi in grado di comprendere la personalità e suggerire contenuti adeguati fu Cambridge Analytica

Essi infatti furono accusati di aver acquisito in modo illegittimo a oltre 50 milioni di utenti Facebook dati sensibili, in grado di comprendere essenzialmente la loro personalità e proponendo contenuti in grado di influenzare le loro scelte elettorali. Alla sbarra sono stati messi molti casi politici, tra i più famosi sorge inevitabilmente l’elezione del presidente americano Donald Trump

Cambridge Analytica è una società di consulenza britannica specializzata nel raccogliere dai social network un’ingente quantità di dati sui loro utenti: come ad esempio le preferenze, i loro gusti, le opinioni e i legami che le persone sviluppano maggiormente. Queste informazioni sono poi elaborate da modelli e algoritmi per creare profili di ogni singolo utente, con un approccio simile a quello della “psicometria”, il campo della psicologia che si occupa di misurare abilità, comportamenti e più in generale le caratteristiche della personalità. Più dati sono inseriti, analizzati, confrontati più precisa sarà la predizione del comportamento degli utenti in relazione con un determinato contenuto, prodotto o servizio.

Il servizio di consulenza offerto non è stato utilizzato solo a privati, bensì anche da candidati a elezione nazionali. Questo fa molto riflettere in merito a come, in modo silenzioso e persuasivo, si voglia influenzare il dialogo con elettori indecisi, facendo leva sulla morale, sulle proprie abitudini e su ciò che la persona considera far parte di sé. 

Oltre ai profili psicometrici, Cambridge Analytica ha acquistato nel tempo molte altre informazioni che possono essere ottenute da società che raccolgono informazioni di ogni genere sulle abitudini e i consumi delle persone. Le informazioni sono di solito anonime o fornite in forma aggregata dalle aziende per non essere riconducibili a una singola persona, ma considerata la loro varietà e quantità, algoritmi come quelli di Cambridge Analytica possono lo stesso risalire a singole persone e creare profili molto accurati sui loro gusti e su come la pensano.

Cambridge Analytica dice di avere sviluppato un sistema di “micro targeting comportamentale”, che tradotto significa: pubblicità altamente personalizzata su ogni singola persona. I suoi responsabili sostengono di riuscire a far leva non solo sui gusti, come fanno già altri sistemi analoghi per il marketing, ma sulle emozioni degli utenti. Se ne occupa un algoritmo che era stato inizialmente sviluppato dal ricercatore di Cambridge Michal Kosinski, che da anni lavorava per migliorarlo e renderlo più accurato.

3.6 Facebook e i dati: La privacy viene realmente tutelata dagli algoritmi?

Una delle questioni spesso più dibattute in tematica dei dati e del suo utilizzo è cosa specificatamente ci faccia Facebook con i dati raccolti. 

In seguito ad un report ottenuto da Vice il più grande social network del mondo sembra non sapere esattamente cosa ne sia di tutte le informazioni che ha a disposizione. 

Nel report redatto dagli ingegneri della privacy del Team Ad and business product di Facebook lanciava un allarme sull’utilizzo dei dati. Gli ingegneri hanno descritto una piattaforma che nonostante debba rispettare regole sulla privacy imposte dai paesi, che stanno passo dopo passo assumendo la consapevolezza dell’importanza di tali dati. Facebook però è spesso all’oscuro dei dati personali dei suoi utenti. Da quanto emerge, infatti, Facebook non è in grado di tenere conto della maggior parte  dei dati personali degli utenti, incluso il loro utilizzo e dove si trovano.

Tale report ha la funzione di far assumere maggiore consapevolezza da parte della dirigenza di Facebook che inevitabilmente non possono assumere un livello adeguato di controllo e comprensione su come i vari sistemi della piattaforma utilizzino i dati. Sostanzialmente i responsabili del report affermano che l’azienda non sarebbe in grado di mantenere la promessa data agli stati sulla regolamentazione delle informazioni raccolte. In seguito ad una mentita e ad un maggior chiarimento del report trapelato, Facebook afferma che sta facendo tutto il possibile per strutturare un miglior trattamento dei dati, con una evidente maggiore tutela degli utenti. 

I rischi di effetti discriminatori degli algoritmi, si verificano perché i modelli che le regolano vengono adottati privi di una forma critica e hanno la priorità sul processo decisionale umano, considerato per molti fonte di disuguaglianze e fallace di fronte all’equità, ma è realmente così? 

Gli algoritmi vengono considerati e quindi agiscono come un sistema completo e imparziale. Quindi qualunque azione si metta in campo nella progettazione dell’Ai, questa è solo una modifica in un quadro più ampio di soluzioni a problemi sociali molto complessi. ci dovremmo interrogare su chi tiene le redini di questo “progresso tecnologico” e che tipo di mondo vogliamo costruire per il nostro futuro.

Questi fatti fanno pensare come i dati degli utenti e il loro utilizzo, che punta inevitabilmente ad un maggior profitto, possa influenzare le persone, portandole ad compiere delle scelte prive della loro esperienza reale, concreta, adottata in seguito a fatti accaduti, a relazioni coltivate ed a sfide intraprese. L’esperienza artificiale che le persone compiono nei social network porta indissolubilmente le persone a compiere scelte attuate secondo esperienze prescritte, sempre più prive di una propria rielaborazione in merito. 

4.0 Educazione digitale per una nuova prospettiva: maggiore consapevolezza nell’utilizzo dei social

La tecnologia ha migliorato, semplificato e condizionato ineluttabilmente tanti aspetti della nostra vita quotidiana, abbattendo i confini e favorendo aggregazione sociale. Tuttavia, durante i mesi di lockdown dovuto all’emergenza Covid-19 c’è stato un forte incremento di dipendenze da smartphone e computer, diventando uno dei principali problemi della società.

Come riporta uno studio di Neuro Regulation, l’uso e l’abuso dei dispositivi tecnologici ha effetti simili a quelli provocati dalle sostanze stupefacenti, come gli oppiacei. Questa assuefazione ha accentuato la disconnessione dal mondo reale in favore della realtà virtuale fondata solo su Internet. In particolare, è aumentato l’utilizzo dei social network quali Facebook, Instagram, e TikTok, e dei giochi elettronici. Attualmente, gli utenti attivi sui social corri­spondono a 4.14 miliardi di per­sone, il 53% della popolazione mondiale. Di questa percentuale, la maggior parte sono giovani, soprat­tutto preadolescenti tra gli 11 e i 14 anni.

Se già l’introduzione dei social media, in poco più di un decennio, aveva modificato il modo di trascorrere il tempo, condividere informazioni e instaurare relazioni, la pandemia ha contribuito ad alimentare questi comportamenti tra gli adolescenti, i quali coinvolti nella survey hanno utilizzato il web per divertirsi, per informarsi sull’attualità, per aumentare le proprie competenze acquisendo nuovi contenuti e per dare spazio alla propria voce su una serie di tematiche sensibili (gender free, omofobia, razzismo).

4.1 Questione di interesse nazionale ed europeo

Se da un lato, quindi, gli smartphone, i social media e il web in generale, erano gli unici mezzi di comunicazione con il mondo esterno che hanno favorito la continuità delle relazioni interpersonali, dell’istruzione, del lavoro, dei servizi e dei commerci, anche quando questi non erano possibili causa isolamento forzato, dall’altro lato hanno provocato una serie di problematiche. Infatti, come emerge dalla ricerca di Telefono Azzurro e Doxa Kids sono sempre più frequenti sintomi di disagio quali ansia, depressione, isolamento, variazione nel ritmo sonno veglia, cambiamento nelle abitudini alimentari, e un senso di disinteresse per le attività quotidiane.

La questione si estende a livello nazionale ed europeo, poiché la società di oggi è sempre connessa (Always On), tecnologica ed artificiale, anche il sistema di istruzione si è schierato a favore della trasformazione digitale, sfruttando i vantaggi e le opportunità.

La digitalizzazione della scuola ha proposto un’occasione di apprendimento collaborativo e creativo, quale la DAD, il leitmotiv che ha caratterizzato l’istruzione nel 2020 permettendo la continuità educativa in tutto il mondo. Questa continua connessione scolastica ed extrascolastica dei giovani ad internet ha fatto emergere la necessità di istruire alle competenze digitali per saper vivere e lavorare in un mondo sempre più tecnologico. Inoltre, per limitare l’influenza dei contenuti dei social sullo sviluppo mentale ed emotivo dei ragazzi, sono state adottate politiche educative europee ed interventi a favore dell’educazione digitale.

4.2 Rapporto Eurydice sull’educazione digitale 

Come sottolineato da uno studio della rete Eurydice del primo primario e secondario livello di istruzione, relativamente all’anno scolastico 2018/19 nei 38 paesi europei (che partecipano al programma dell’Unione europea Erasmus+ (28 Stati membri dell’UE, più Albania, Bosnia ed Erzegovina, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Serbia e Turchia), l’educazione digitale fa riferimento ai curricoli scolastici e ai risultati dell’apprendimento, allo sviluppo e alla valutazione delle competenze digitali degli insegnanti e degli studenti e all’utilizzo delle tecnologie digitali a fini pedagogici per supportare, migliorare e trasformare l’insegnamento e l’apprendimento.

Da un punto di vista sociale, dalla digitalizzazione della scuola sono emerse problematiche relative all’inclusione non indifferenti segnate dal divario digitale tra coloro che possiedono ampie competenze digitali e coloro che non le possiedono.

Le politiche europee e nazionali hanno da tempo riconosciuto come priorità la necessità di educare i giovani utenti fin da bambini ad un utilizzo consapevole e critico della rete, dei social network e dei dispositivi tecnologici in generale, informarli inoltre dei rischi e responsabilizzarli sulle azioni da adottare.

4.3 I possibili pericoli in rete

L’educazione digitale corre in aiuto dei pericoli che potrebbero compromettere il benessere personale degli studenti, quali:

  • La dipendenza da internet (IAD – Internet Addiction Disorder)
  • La pubblicazione di dati personali
  • La pubblicazione di informazioni private
  • La diffusione di fake news
  • La Nomofobia, ovvero la paura di restare disconnessi dal proprio cellulare, di restare disconnessi dalla rete telefonica mobile.
  • Il Cyberbullismo – i social media e i giochi online sono il luogo dove si registrano maggiormente episodi di cyberbullismo.
  • La Pedopornografia, ovvero il tentativo da parte di adulti, anche attraverso l’uso di identità false, di ottenere favori sessuali da parte di adolescenti o preadolescenti, che avviene in maniera virtuali (es. invio di immagini o video) sia tramite incontri reali.
  • Il Sextortion, ovvero l’utilizzo di informazioni, foto o video compromettenti minacciando di pubblicarle o comunicarle al fine di ottenere favori sessuali o semplicemente denaro. Si tratta di una vera e propria sesso-estorsione.
  • Il Sexting, ovvero lo scambio di messaggi, foto, video a sfondo sessuale in chat o in un social network.
  • Il Grooming, ovvero l’adescamento via web, spesso per fini sessuali. Il termine “grooming” deriva dall’inglese “to groom” significa curare. “Grooming”, in senso letterale, rappresenta il gesto di “accarezzare il pelo” degli animali. Da qui il “child grooming” ovvero l’insieme di comportamenti volontariamente intrapresi da un adulto per suscitare la simpatia, carpire la fiducia e stabilire un rapporto emozionale con un minore, in modo da abbassare le difese per poi realizzare un’attività di tipo sessuale o di sfruttamento.
  • Il Pre-hijacking, ovvero il furto d’identità.

 

Questi fatti, seppur virtuali, sono del tutto reali e pericolosi, perciò, è importante che la scuola lavori in sinergia con i giovani educandoli alla rete e ai suoi mille risvolti.
Un altro problema riscontrato a seguito della digitalizzazione della scuola a livello socio-economico è il divario tra coloro che hanno le possibilità e i mezzi per accedere a Internet e coloro che non li hanno. Per questo motivo, la maggior parte dei paesi europei ha stanziato dei piani d’azione dettagliati per investire sulle infrastrutture digitali delle scuole e sulla sicurezza dei giovani in Rete.

 

4.4 Una nuova concezione di scuola: Scuola Digitale

A seguito di tutte queste riflessioni è nata l’idea della Scuola digitale per la formazione di una cittadinanza attiva e competente.
Una scuola intesa come piattaforma che mette gli studenti nelle condizioni di sviluppare le competenze per la vita sociale e lavorativa attraverso un insegnamento più integrato e trasversale. L’obiettivo è quello di approfondire e raggiungere una maturità digitale intesa come l’uso consapevole, critico e responsabile delle tecnologie digitali in tutti contesti della vita, formali e non formali (lifewide). 

A livello europeo, come evidenziato dal report di Eurydice “Digital Education at school in Europe”, è stato rilasciato dal Joint Research Centre (per conto della DG EMP dell’Unione Europea) la nuova versione di DigComp, The Digital Competence 1 Framework for Citizens ovvero il Quadro di riferimento della Competenza Digitale richiesta a tutti i cittadini per il lavoro, per lo sviluppo personale e per l’inclusione sociale.

Il Framework DigComp è suddivide la competenza digitale in cinque aree che racchiudono 21 sotto-competenze:

Alfabetizzazione su informazioni e dati

  • capacità di navigare, ricercare e filtrare le informazioni e i contenuti digitali
  • valutazione e comprensione di dati, informazioni e contenuti digitali
  • gestione dei dati delle informazioni e dei contenuti digitali

Comunicazione e collaborazione

  • interazione con gli altri attraverso le tecnologie digitali
  • condivisione di informazioni attraverso le tecnologie digitali
  • esercitare la cittadinanza attraverso le tecnologie digitali
  • collaborare attraverso le tecnologie digitali
  • netiquette
  • gestione dell’identità digitale

Creazione di contenuti digitali

  • capacità di sviluppare contenuti digitali
  • rielaborazione di contenuti digitali
  • copyright e le licenze
  • programmazione

Sicurezza

  • protezione dei dispositivi
  • protezione dei dati personali e della privacy
  • protezione della salute e del benessere
  • protezione dell’ambiente

Risolvere i problemi

  • capacità di cercare in rete possibili soluzioni
  • individuare di bisogni e risposte tecnologiche
  • utilizzare in modo creativo le tecnologie digitali
  • individuare i divari nelle competenze digitali

 

Tutte queste abilità sono veri e propri strumenti di equità e riscatto sociale fondamentali sia per il contesto scolastico (learning), sia per il contesto lavorativo (employment).
Nel contesto DigCompEdu il termine “tecnologie digitali” è utilizzato per indicare tutti gli strumenti e le risorse che possono essere utili per apprendere: tablet, app, siti web, giochi, social network, contenuti digitali (immagini, file audio e video, ecc.) Alcune di queste tecnologie sono state realizzate espressamente con l’obiettivo di favorire l’apprendimento (ad esempio i giochi per imparare la matematica o le lingue straniere). Altre non sono state create con questa finalità (ad es.YouTube) ma possono risultare molto utili anche a supporto dell’apprendimento. 

Livelli di padronanza della competenza digitale

DigCompEdu definisce anche i livelli di padronanza della competenza digitale:

  • I nuovi arrivati (A1) hanno avuto pochi contatti con gli strumenti digitali e hanno bisogno di essere guidati per espandere il loro repertorio.
  • Gli esploratori (A2) hanno iniziato a utilizzare strumenti digitali senza tuttavia un approccio globale o coerente. Gli esploratori hanno bisogno di approfondimenti e ispirazioni per ampliare le proprie competenze.
  • Gli entusiasti (B1) sperimentano con strumenti digitali per una serie di scopi, cercando di capire quali strategie digitali funzionano meglio in quali contesti.
  • I professionisti (B2) utilizzano una gamma di strumenti digitali con confidenza, creatività e atteggiamento critico per migliorare le proprie attività professionali. Essi espandono continuamente il proprio repertorio di pratiche.
  • Gli esperti (C1) si basano su un ampio repertorio di strategie digitali flessibili, complete ed efficaci. Sono fonte d’ispirazione per gli altri.
  • I pionieri (C2) si interrogano l’adeguatezza delle pratiche digitali e pedagogiche contemporanee, di cui essi stessi sono esperti.

L’introduzione dell’insegnamento digitale nelle scuole sarebbe ottimale per il raggiungimento di un buon livello al fine di istruire i giovani ad utilizzare la tecnologia come consumatori attivi in grado di tutelare la propria persona fisica e digitale.

4.5 Cosa devono fare insegnati e scuola per istruire i giovani al digitale

Per istruire correttamente al digitale, è necessario organizzazione dei corsi di aggiornamento per gli insegnanti e i formatori in generale, per migliorare la padronanza delle loro competenze digitali, per riconoscere e lavorare sui propri punti di forza e debolezza, per incrementare la propria crescita professionale, ma anche per garantire un insegnamento completo, interessante e partecipativo agli studenti.

Essi devono essere in grado di saper identificare le risorse digitali che meglio si adattano agli obiettivi di apprendimento definiti, ai bisogni specifici degli alunni e al proprio stile di insegnamento. Inoltre, devono essere in grado di gestire una pluralità di materiali fisici e digitali. Questo implica la capacità di utilizzare e condividere le risorse digitali tramite link o allegati di messaggi e-mail, su piattaforme digitali, siti web e blog (personali o istituzionali).

Una scuola che offre e diffonde una buona educazione digitale ha queste priorità:

  • essere dotata di internet ad alta velocità e di una sofisticata infrastruttura informatica
  • utilizzare le tecnologie digitali (lavagne interattive multimediali (lim), dispositivi mobili, ecc.)
  • organizzare incontri, collaborazioni e attività educative digitali
  • sperimentare e sviluppare nuovi formati e metodi educativi (per es. il ‘flipped classroom’)
  • utilizzare strumenti di comunicazione digitale

4.6 Educazione digitale per un utilizzo critico e consapevole dei social media

Il report Eurydice evidenzia quindi il bisogno di strutturare l’insegnamento delle competenze digitali poiché al centro dell’attenzioni ci sono gli studenti, gli insegnanti e la scuola.

L’educazione digitale si può quindi inserire all’interno di un percorso di apprendimento scolastico che permette di sperimentare tutte le forme di comunicazione digitali, le potenzialità e i codici di comportamento nel web. Essa viene in soccorso dei giovani d’oggi dipendenti dai social media, che basano la loro vita sociale, comunicativa e anche educativa (news e cultura) su di essi.

L’educazione ai media permetterebbe ai ragazzi di conviverci, destreggiarsi tra i vari linguaggi ed utilizzarli in modo critico e consapevole, senza sottrarre tempo utile ad altre attività più costruttive, ed evitando i vari rischi informativi a quali è facile imbattersi se inconsapevoli della loro esistenza. La conoscenza è la miglior difesa, in particolare quando parliamo di social media e “minori”.

L’uso responsabile delle nuove tecnologie è fondamentale per affrontare e vivere serenamente nella società contemporanea, soprattutto se si tratta degli strumenti che vengono accesi per primi la mattina e spenti per ultimi la sera. Internet è uno strumento indispensabile perciò è bene conoscerlo in tutte le sue potenzialità.

 

 

Autori

Ciao sono Vittorio De Pieri.
Ho conseguito una Laurea in Scienze e tecniche della comunicazione grafica e multimediale all’università salesiana IUSVE di Mestre.
Attualmente mi sto specializzando nel mio percorso di Laurea  magistrale in Web Marketing e Digital Communication  nella stessa sede.
Mi ritengo una persona sensibile, etica e giusta.
Mi piace il vino, la psicologia e il buon cibo italiano. 

 

Ciao, mi chiamo Leandro Nahuel Cabrera.
Durante il percorso di studi triennale mi sono laureato in “Commercio Estero” presso l’Università Ca’Foscari di Venezia. Durante la settimana il mio focus principale sono gli studi, infatti ho scelto il corso “Web Marketing & Digital Communication” allo IUSVE, nella sede di Mestre, dove poter specializzarmi nel campo della comunicazione digitale.
Sono un ragazzo molto energico, organizzato ed ambizioso.
Tra i miei interessi spiccano: lo sport, il buon cibo e la natura.

 

 

Ciao, sono Elisa Francon.
Mi sono laureata in Scienze e Tecnologie della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Ferrara. Attualmente sono iscritta alla laurea magistrale in Web Marketing & Digital Communication presso lo IUSVE di Venezia.
Sono una ragazza solare, determinata ed organizzata.
I miei principali interessi sono praticare sport, viaggiare con gli amici e la famiglia ed ascoltare musica.

 

Ciao, sono Dario Langrudi.
Mi sono laureato in Scienze e tecniche della comunicazione grafiche e multimediale allo IUSVE e al momento sto svolgendo la magistrale in Web Marketing & Digital Communication sempre allo IUSVE.
Alcune tra le mie più grandi passioni sono la musica e lo sport.

 

Sitografia

PewResearchCenter – Teens, Social Media and Technology 2018
URL:https://www.pewresearch.org/internet/2018/05/31/teens-social-media-technology-2018/ 

 

Censis – I media dopo la pandemia
URL: https://www.censis.it/comunicazione/i-media-dopo-la-pandemia-1 

 

Repubblica – Coronavirus, boom di smartphone e social. E Twitter offre i suoi dati alla ricerca
URL:https://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2020/04/30/news/lockdown_covid19_boom_di_smartphone_e_social_e_twitter_offre_i_suoi_dati_alla_ricerca-255286215/ 

 

We Are Social – DIGITAL 2022 – I DATI ITALIANI
URL: https://wearesocial.com/it/blog/2022/02/digital-2022-i-dati-italiani/ 

 

Wired – Facebook non sa dove finiscono i dati dei suoi utenti
URL:  https://www.wired.it/article/facebook-dati-utenti/

 

Wired – Ha senso parlare di etica degli algoritmi?
URL:  https://www.wired.it/attualita/tech/2021/05/27/algoritmi-etica-studi/

 

Wired – Ethos, il festival dell’etica pubblica dialoga sulle vite digitali
URL:  https://www.wired.it/article/ethos-festival-roma/

 

Wired – Una sentenza afferma che le persone devono conoscere come funzionano gli algoritmi che le giudicano
URL:  https://www.wired.it/attualita/tech/2021/05/31/algoritmi-cassazione/

 

Intelligenza Artificiale: più trasparenza sugli algoritmi che influenzano le nostre vite
URL: https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/economy/20171117STO88355/intelligenza-artificiale-piu-trasparenza-sugli-algoritmi

 

The Social Dilemma
URL:  https://www.thesocialdilemma.com

 

Il Post – Il caso Cambridge Analytica, spiegato bene
URL:  https://www.ilpost.it/2018/03/19/facebook-cambridge-analytica/ 

 

Storia dei Social Network – Sixdegrees
URL: https://storiadeisocialnetwork.wordpress.com/storia-dei-social-network/sixdegrees/

 

Klabco – I Social Network sono ormai parte integrante della nostra vita.
URL: https://klabco.co/storia-social-network/

 

Fastweb – La storia di Facebook
URL: https://www.fastweb.it/fastweb-plus/digital-magazine/la-storia-di-facebook/

 

Cabiria – TikTok, la storia del social più trendy del momento
URL: https://www.cabiria.net/blog/i-social-network/tiktok-come-funziona/

 

Biopills – I social network creano dipendenza?
URL: https://www.biopills.net/i-social-network-creano-dipendenza/

 

IlSole24Ore – Educazione digitale, i ragazzi italiani meno consapevoli rispetto agli europei
URL: https://www.ilsole24ore.com/art/educazione-digitale-ragazzi-italiani-meno-consapevoli-rispetto-europei-AEMg13q?refresh_ce=1

 

Eurydice – L’EDUCAZIONE DIGITALE A SCUOLA IN EUROPA
URL: https://eurydice.indire.it/pubblicazioni/leducazione-digitale-a-scuola-in-europa/

 

Terzo millennio – Gli effetti del Covid sui giovani
URL: https://terzomillennio.uil.it/2022/01/25/gli-effetti-del-covid-sui-giovani/