Crowdfunding: definizione, storia, vantaggi e limiti, situazione normativa

Che cos’è il Crowdfunding?

Il “crowdfunding”, dall’inglese “crowd” folla e “funding” finanziamento, è uno strumento di raccolta fondi con lo scopo di cercare sostenitori per il finanziamento di progetti basato sulla contribuzione di piccoli e medi donatori e finanziatori, solitamente attraverso una piattaforma digitale. Ognuno di noi ha preso parte ad una campagna di Crowdfunding durante la propria vita, ad esempio quelle volte che si ha  partecipato ad un regalo di gruppo e versato la “quota di partecipazione”. Per quanto riguarda il termine di origine prettamente anglosassone, secondo alcune fonti è da ritenersi come suo inventore Michael Sullivan che nel 2006 tentò di lanciare un portale per la raccolta di denaro, chiamato “Fundavlog”. Le prime vere tracce di crowdfunding risalgono alla seconda metà degli anni Novanta quando iniziarono a diffondersi delle raccolte di fondi online per progetti di beneficenza. Ma è negli anni 2000 che il crowdfunding si è diffuso notevolmente a livello globale: in Italia la prima forma embrionale di crowdfunding risale al 2005 con la nascita di “Produzioni dal Basso”. Nel giro di pochi anni, il fenomeno esplose letteralmente iniziando a diffondersi in misura sostanziale. Diversi autori considerano come primo progetto finanziato tramite crowdfunding quello di una band anglosassone nel 1997. Il gruppo musicale Marillion, non potendo sostenere le spese per il proprio tour in Nord America, si rivolse ai fan avviando una raccolta fondi online. In seguito, la band utilizzò lo stesso meccanismo nel 2001 per la registrazione di un nuovo album.

In tempi più recenti, l’ex Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha finanziato la sua campagna elettorale tramite i soldi donati dai suoi elettori. 

Le sue antiche origini

Sono due le tappe storiche di fondamentale importanza per il crowdfunding: la nascita delle borse valori europee e la costruzione della Statua della Libertà di New York City. Tale fenomeno è connesso al celebre monumento, simbolo di New York City. Quando la Statua della Libertà arrivò negli Stati Uniti, verso la fine dell’Ottocento, mancavano le risorse per finanziare la costruzione del piedistallo che avrebbe dovuto sostenerla. Ci furono vari tentativi per raccogliere la somma necessaria ma nessuno di essi andò a buon fine. Il famoso giornalista ed editore Joseph Pulitzer che all’epoca lavorava per il New York World, spinse i cittadini newyorkesi a finanziare il progetto: offrì di pubblicare sul suo quotidiano il nome di chiunque avesse donato del denaro, indipendentemente dalla somma versata. In circa cinque-sei mesi vennero raccolti quasi 100mila dollari da 120.000 donatori che, nella maggioranza dei casi, avevano donato meno di un dollaro ciascuno. Nel corso di quei mesi J. Pulizter non si limitò a pubblicare il nome dei donatori, bensì anche le loro annotazioni. La sua strategia si può considerare come una prima forma di “civic crowdfunding”, in cui i cittadini finanziano con le proprie risorse un progetto di pubblico interesse. 

Per comprendere invece perché le borse valori europee rappresentino un antico fenomeno di crowdfunding è necessario ricordare la definizione di equity crowdfunding: finanziamento da parte di soggetti che investono le proprie risorse nel capitale proprio di una società, ossia in azioni o quote di una società. Significa quindi puntare su imprese che si ritiene abbiano il potenziale per crescere e imporsi sui mercati. Se un’impresa in cui si è investito ha successo, le azioni che si possiedono avranno un valore più elevato di quello che si è pagato e se ne può quindi ricavarne un profitto vendendole, oppure si può incassare i dividendi. Mentre l’iniziativa non ha successo si rischia di perdere tutto o almeno parte dell’investimento. Bisogna sempre ricordare che è un investimento ad alto rischio. Quindi sembrerebbe che tale fenomeno ricordi le origini delle prime borse valori europee, quelle olandesi nel XVI secolo. In quel periodo il finanziamento delle Compagnie delle Indie, che esploravano i mercati ad Est e ad Ovest del Vecchio Continente, trovarono le risorse finanziare da tutti gli strati sociali. 

Sebbene queste due tappe storiche siano significative per il fenomeno, altri studiosi sostengono che le radici storiche delle forme embrionali di micro-finanziamento risalgono al 1884: più precisamente Jonathan Swift, celebre scrittore irlandese vissuto a cavallo tra il 1600 e il 1700 è considerato un precursore del moderno crowdfunding. Il famoso scrittore fondò l’”Irish Loan Fund”, tramite il quale concedeva somme di denaro a privati a patto che la restituzione avvenisse tramite esigue rate settimanali senza alcun interesse.

Il Crowdfunding in Italia

Il crowdfunding in Italia ha iniziato a diffondersi molto presto ma non è riuscito a godere di questo vantaggio perché limiti del sistema imprenditoriale italiano ovvero la lunga filiera burocratica, l’elevato tasso di analfabetismo digitale e la scarsa diffusione dei sistemi di pagamento online hanno rallentato lo sviluppo del fenomeno sulla penisola italiana. Come già detto precedentemente, i primi segni di crowdfunding in Italia risalgono a prima della crisi del 2008, quando Produzioni dal Basso nel 2005 ha lanciato un servizio online per finanziare progetti sul web. Ma solo nel 2013 si è verificata una svolta: è avvenuto un boom nella creazione di piattaforme di crowdfunding. Il 2013 rappresenta la svolta in questo settore anche perché è l’anno in cui è stato emanato il provvedimento con il quale è stata introdotta una normativa ad hoc per l’equity-based crowdfunding nell’ordinamento italiano. In seguito, nel 2014, vi sono state due tendenze predominanti: si è avviato un processo di proliferazione di portali sempre più locali ossia rivolti ad una specifica area geografica italiana; in secondo luogo il 2014 ha visto l’applicazione del crowdfunding anche in altri settori economici rispetto agli anni precedenti. I numeri del crowdfunding nel 2015, che emergono da uno studio condotto su 82 piattaforme di crowdfunding in Italia, di cui 69 attive e 13 in fase di lancio, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore condotto dalla Prof.ssa I. Pais, parlano chiaro: le proposte di progetti di crowdfunding sono aumentate del 108% rispetto al 2014, con un aumento della raccolta pari ad un +85%. Questa ricerca mostra che il settore del crowdfunding italiano è in continua crescita inoltre l’analisi ha sottolineato che una delle motivazioni principali dell’alto tasso di fallimento dei progetti è legato all’assenza di un adeguato business plan e di una comunicazione efficace sia online che offline. Verso la fine del 2016 e nei primi mesi del 2017 sono stati lanciati anche portali di crowdfunding per il real estate ( è una tipologia di finanziamento collettivo in cui avviene una raccolta di capitali per investimenti immobiliari). Nel 2018 il Parlamento Europeo ha redatto una regolamentazione per il crowdfunding in tutta l’Unione Europa : si tratta del “Regolamento relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese”. Nel 2019 c’è stata l’ascesa del crowdfunding energetico ed è stato rivisto il Regolamento Consob sull’equity crowdfunding. Nel 2020 la pandemia di Covid-19 non ha fermato il mercato del crowdfunding: il volume totale della raccolta su piattaforme italiane è cresciuto complessivamente del 75% rispetto all’anno precedente, arrivando al nuovo record di circa 333 milioni di euro. Sebbene il 2020 sia stato un anno particolare che ha segnato la vita di tutti, il crowdfunding si è dimostrato un fenomeno resiliente in grado di sistemare dove i canali di finanziamento tradizionali non sono riusciti ad arrivare in tempi brevi. Il 2021 è stato un anno incredibile: tra il 2018 e il 2020 le campagne di successo erano poco sopra le 100 unità, nel 2021 siamo a 193 in totale; più di 24.000 gli investitori contro i 17.000 del 2019 e 2020. In merito all’importo medio, nel 2020 abbiamo 76.000 euro mentre nel 2021 più di 130.000 euro.

Limiti e criticità del Crowdfunding 

Il crowdfunding, indipendentemente dalla sua tipologia, potrebbe esporre ad una serie di svantaggi. Non è detto che si raggiunga l’obiettivo fissato nella campagna e, dunque, non sempre il progetto porta al successo; in caso di insuccesso non è da escludere la possibilità di un potenziale danno alla reputazione; presentando un progetto creativo su un sito online c’è la possibilità che qualcuno si impossessi liberamente dei diritti di proprietà intellettuale dell’idea perchè  online è molto difficile proteggere ciò che si diffonde in Rete; in genere vi è una limitata attività di crowdfunding al di fuori dei propri confini nazionali; potrebbero emergere problemi con la piattaforma e/o con i finanziatori; potrebbe esserci una diffusione di informazioni limitate da parte dei progettisti; infine soprattutto in Italia, la bassissima alfabetizzazione digitale, la scarsa conoscenza dei sistemi di pagamento online e la mancanza di sensibilizzazione e di conoscenze potrebbero far emergere la paura che il progetto lanciato sia una truffa. Negli Stati Uniti le campagne di crowdfunding non hanno quasi mai conseguenze negative in termini di truffe o imbrogli, questo perché la rete ha una grandissima capacità di autoregolamentarsi e scoprire l’inganno. In Italia, invece, per le donazioni e la beneficenza, a controllare è la polizia giudiziaria e le verifiche vengono effettuate solo in caso di segnalazioni quindi non c’è quindi una tutela preventiva come negli investimenti. Altri inconvenienti: chi lancia un progetto di crowdfunding può incorrere  in un elevato costo del capitale; la possibilità di sottostimare i reali oneri che una campagna comporta. Dal lato degli investitori/finanziatori di un progetto gli svantaggi sono: il progettista potrebbe avere una scarsa conoscenza, competenza ed esperienza in tema di finanziamento collettivo; potrebbero verificarsi fenomeni di “logica del branco” con conseguenti comportamenti imitativi della ‘folla’ che potrebbero anche privare di importanti risorse, progetti promettenti. 

I vantaggi del Crowdfunding

 Il crowdfunding, indipendentemente dalla sua tipologia, presenta una serie di vantaggi. Possiede una serie di caratteristiche che lo differenziano da altri tipi di finanziamento: flessibilità, coinvolgimento delle comunità, varietà delle sue forme, democratizzazione della finanza, creare relazioni e allargare i potenziali clienti, innovazione attraverso il crowdsourcing, operazioni chiare e trasparenti.

In aggiunta, in ognuno dei suoi modelli, può consentire di testare la validità dei propri progetti, esponendoli al giudizio della folla di Internet e, dunque, garantendo un ritorno non tanto o non solo economico, quanto più intenso a livello di feedback. Nel caso in cui l’idea sia ben accolta dal web, una campagna di crowdfunding può trasformarsi in un potente strumento di marketing in grado di costruire una valida brand image aumentando di conseguenza la possibilità di ricevere altre forme di finanziamento. Per di più, il crowdfunding sembrerebbe garantire ai progettisti un maggior controllo sui loro progetti. In aggiunta, sebbene il rischio nel crowdfunding sia piuttosto elevato per gli investitori, va sottolineato che esso viene diffuso e, dunque, ripartito, tra un’ampia ‘folla’ di sostenitori.

A livello aziendale, recenti studi hanno osservato che il crowdfunding si sta trasformando – sempre più – in un trampolino di lancio per le start-up e le nuove idee imprenditoriali ed è una valida alternativa ad altre forme di finanziamento più classiche. Esso rappresenta una valida alternativa anche alle altre modalità di raccolta fondi che, spesso, sono precluse a chi (sia aziende che privati) non possiede documentazioni pregresse in materia di prestiti o di attività imprenditoriali.

I benefici per chi investe e per chi riceve il finanziamento

Le piattaforme di crowdfunding possono essere utili a due categorie di soggetti: i promotori di un progetto che cercano fondi per avviarlo o portarlo avanti e gli investitori che vogliono far fruttare i propri risparmi investendoli in progetti solitamente caratterizzati da rischi e rendimenti elevati. Ai promotori, il crowdfunding offre l’opportunità di raccogliere fondi a individui o aziende che possono avere difficoltà nell’accesso ai canali di finanziamento tradizionali a causa, per esempio, del carattere molto innovativo dei progetti. Dal punto di vista dell’investitore, le piattaforme di crowdfunding generalmente non prevedono costi legati all’iscrizione o alle singole transazioni. Per i prestiti concessi l’investitore trova direttamente nella piattaforma l’informazione sul rendimento (al netto o al lordo della tassazione) offerto dal proponente del progetto insieme alla durata del prestito e alla stima del rischio di credito effettuata dal gestore della piattaforma.

La situazione normativa italiana ed europea 

Fino a pochi mesi fa, per la maggior parte dei Paesi europei, il fenomeno del crowdfunding non era soggetto ad alcuna regolamentazione e veniva pertanto fatto rientrare nell’ambito di applicazione di discipline già esistenti, come ad esempio quelle riguardanti i servizi di pagamento o l’appello al pubblico risparmio. L’Italia, a differenza di tutti gli altri Paesi dell’Europa, è stato il primo Paese europeo ad avere una legislazione ad hoc. A partire dal 2012 l’Italia si è dotata di una normativa specifica e organica relativa in particolare all’equity crowdfunding. Per quanto riguarda gli altri modelli di crowdfunding, invece, anche in Italia si era soliti far riferimento alla regolamentazione già esistente per tipologie di finanziamento similari.

La volontà dell’Italia di dare una disciplina ufficiale a tale materia nasce da un dato di fatto molto evidente nel nostro Paese, ossia la cospicua presenza di piccole imprese nel tessuto produttivo italiano. A seguito della crisi del 2008, le piccole imprese si sono trovate in grande difficoltà a ottenere finanziamenti dalle banche. E le stesse difficoltà sono state riscontrate anche dalle imprese appena nate, meglio conosciute come start-up. E proprio alle start-up innovative il nostro Paese ha deciso di dedicare alcune norme introdotte dal decreto legge n.179/2012 (convertito nella legge 17 dicembre 2012, n.221) recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (noto anche come “Decreto crescita bis”), il quale si prefigge di venire in contro a chi decide di dare vita a una nuova impresa innovativa, contribuendo così a favorire la crescita del settore delle start-up innovative. Nel complessivo disegno della normativa, l’equity crowdfunding viene visto come un mezzo per favorire lo sviluppo delle start-up innovative attraverso regole e modalità di finanziamento che sfruttano le potenzialità offerte da Internet. Il Decreto ha delegato alla Consob (l’organo di controllo del mercato finanziario italiano) il compito di disciplinare alcuni aspetti che caratterizzano le piattaforme di equity crowdfunding, in modo da renderle un ambiente affidabile che possa garantire fiducia a coloro i quali decidono di investire il proprio denaro a sostegno di progetti. Inoltre, è sempre compito della Consob autorizzare le piattaforme digitali a poter fare da intermediari per gli investimenti di equity crowdfunding.

Il 10 novembre 2021 è stato fatto un altro importante passo in avanti in merito alla disciplina sul crowdfunding a livello europeo. L’entrata in vigore del Regolamento UE 2020/1503, il cosiddetto “Regulation on European Crowdfunding Service Providers for Business” o “Regolamento Ecsp”, ha permesso di normalizzare e allineare le norme di comportamento a livello continentale in relazione alla materia sul crowdfunding, andando ad accrescere sia le capacità di raccolta sul mercato dei capitali che quelle di investimento. In questo modo, i paesi dell’Unione Europea seguono finalmente una disciplina comune, andando così a elevare il sistema da nazionale a “transfrontaliero”. Questo significa sostanzialmente una cosa: se prima i progetti potevano raccogliere denaro proveniente solamente dal Paese in cui risiedevano i promotori del progetto, oggi, con il nuovo regolamento Ecsp, le piattaforme possono cercare investitori da tutti i Paesi europei. 

L’obiettivo dichiarato dalla Commissione e dal Parlamento è duplice: creare un mercato unico e più competitivo ma anche salvaguardare e proteggere i potenziali investitori, specie quelli non professionali. L’ambito di applicazione del Regolamento riguarda solamente due modelli finanziari del crowdfunding: l’equity crowdfunding e il lending crowdfunding. Sono esclusi i prestiti peer-to-peer ai privati.

In base al regime transitorio previsto dal Regolamento Ecsp, le piattaforme di crowdfunding, qualora fossero già attive nel momento di entrata in vigore del regolamento, avranno a disposizione fino a un anno di tempo per adeguarsi alla nuova normativa, potendo continuare ad operare secondo le regole nazionali fino al 10 novembre 2022. 

Il 10 novembre 2021 si può, pertanto, considerare come la data di nascita del mercato unico europeo del crowdfunding, una data storica vista la frammentarietà tra un Paese e l’altro che ha contraddistinto il settore per anni. Ma nella pratica, quali saranno i cambiamenti sostanziali per il crowdfunding? Le novità introdotte dal regolamento europeo apportano una serie di cambiamenti per emittenti, piattaforme e investitori. 

Ogni piattaforma dovrà ottenere una particolare licenza in uno Stato membro, così da poter essere attiva e poter raccogliere finanziamenti in tutti gli Stati, previa una semplice notifica. Per quanto riguarda i nuovi operatori, visto il mercato più ampio e un quadro certo di norme, ci si aspetta che nuovi player dotati di grandi risorse iniziali vengano attirati. E di conseguenza, potrebbe esserci con grande probabilità un’alta concentrazione di piattaforme sul lungo andare. I fornitori di crowdfunding che otterranno l’autorizzazione avranno diritto a un passaporto europeo che gli consentirà di operare in tutti gli Stati Membri nei quali desidereranno svolgere l’attività. Inoltre, per garantire una tutela agli investitori, ridurre i rischi collegati al crowdfunding e assicurare equità a tutti i clienti, i fornitori dei servizi di crowdfunding dovranno mettere in atto una politica che assicuri che i progetti presenti all’interno delle piattaforme siano selezionati in modo professionale, imparziale e trasparente. Gli investitori, invece, dovranno superare una sorta di “test d’ingresso” per verificare la loro esperienza finanziaria, gli obiettivi di investimento e simulare la loro capacità di sostenere perdite.

Secondo una stima di Angelo Rindone di Crowdcore, impresa specializzata nello sviluppo di software per le piattaforme di crowdfunding, l’adattamento delle piattaforme esistenti a quanto espresso nel regolamento europeo, costerà tra i 20 e i 60mila euro a piattaforma solo per quanto riguarda gli adempimenti obbligatori. Ma il costo totale potrebbe essere molto più alto se consideriamo degli adeguamenti anche dal punto di vista di altri aspetti strettamente connessi, come ad esempio la user experience e la due diligence. Anche la localizzazione dei siti avrà una spesa: le piattaforme dovranno aumentare i volumi su mercati in diversi Stati affinché risultino competitive. Una nota positiva per gli operatori sta nella possibilità di ospitare all’interno della stessa piattaforma sia campagne di equity crowdfunding che di lending crowdfunding, dando origine a un vero e proprio modello ibrido che fino a questo momento non esisteva e che potrebbe offrire grandi opportunità. Dal punto di vista degli investitori non professionali, la normativa europea impone alle piattaforme più trasparenza, andando così a tutelare i piccoli risparmiatori. In questo rientra anche il fatto che ogni campagna di raccolta dovrà essere accompagnata da una scheda che contiene tutte le indicazioni più importanti per fare in modo che l’investitore sia adeguatamente informato.

Il Regolamento europeo mira quindi a rendere le procedure di crowdfunding più chiare, trasparenti e cerca di tutelare tutti gli attori coinvolti. Il mercato unico europeo si presenta come una grande opportunità sia per chi decide di investire il proprio denaro, sia per chi è alla ricerca di un finanziamento, senza dimenticare l’importanza di regolamentare anche le piattaforme che permettono la relazione tra le due parti.

 

Tipologie di crowdfunding e Initial Coin Offering

Modelli di crowdfunding

Il crowdfunding presenta quattro differenti approcci che corrispondono a quattro categorie principali. Le categorie sono state riportate per la prima volta nel 2012 nel Report “Crowdfunding Industry Report Market Trends, Composition and Crowdfunding Platforms” di Massolution, importante società di ricerca e consulenza in ambito crowdfunding. La distinzione si basa sul tipo di scambio tra il proponente, detto anche creator, ovvero colui che presenta la propria idea per poi ottenere finanziamenti, e il soggetto finanziatore, detto crowdfunder.

Donation-based crowdfunding

Il donation-based crowdfunding è la forma originaria di crowdfunding. In questo modello non è previsto alcun beneficio materiale o economico per chi effettua la donazione. Si tratta di un modello molto utilizzato per la beneficenza, iniziative sociali o per progetti artistici. Le cause sociali come il sostegno per le popolazioni del terzo mondo, per le persone disabili o per la nascita di strutture socialmente utili caratterizzano di gran lunga questo modello. Ad esso fanno maggiormente ricorso le organizzazioni non profit ed enti benefici ma anche associazioni e istituzioni interessate a finanziare attività socialmente utili (eventi culturali, realizzazione di strutture per le comunità, iniziative legate al mondo dell’istruzione ecc.).

Oggi grazie agli strumenti del web 2.0 la community dei sostenitori può essere direttamente coinvolta nella realizzazione dell’idea. La reputazione di un progetto e del suo progettista dipende soprattutto dalla community che fornisce feedback, giudicando la qualità dell’idea e decidendo di sostenerla. Il sostenitore non è quindi solo un acquirente ma diviene artefice del successo del progetto.

Tra le piattaforme più significative che utilizzano tale modello donation-based vi sono: la piattaforma americana “GoFundMe”. GoFundMe, oltre a finanziare i progetti permette anche solo di effettuare semplici donazioni. 

Reward-based crowdfunding

Il modello rewarded-base crowdfunding consiste nella raccolta di finanziamenti a fronte di una controprestazione rivolta al progettista (crowdfunder) da parte del sostenitore (detto backer).

Il valore delle ricompense è spesso minore rispetto alla donazione effettuata in quanto l’obbiettivo del backer non è sostenere un progetto in cui crede. Possono consistere in un riconoscimento, un oggetto realizzato mediante i capitali raccolti, lo sconto per l’acquisto di un prodotto, raramente il è di tipo finanziario.

Possono essere distinti tre sotto-modelli in base al tipo di controprestazione che si intende offrire:

  • Donazione modale: si tratta del più noto, attraverso cui è concesso ai finanziatori un piccolo premio, un gadget o un mero riconoscimento (ovvero una menzione pubblica). 
  •   Pre-ordine: tale modello si fonda su una compravendita o una promessa di vendita di un bene futuro, a seconda della modalità con cui il rapporto viene configurato. È spesso utilizzato per le produzioni musicali, i film e le arti; è però nel settore della tecnologia e dei giochi che si raccolgono le somme più rilevanti.
  •   Profit sharing/royalty based: in tale tipologia si concede un premio di natura finanziaria, ad esempio una quota di ricavi pagabile a certe condizioni e per un certo periodo di tempo.

Questi tre modelli possono coesistere nella stessa campagna.

Le piattaforme rewarded-base scelte per la campagna, possono essere distinte a loro volta in due sottogruppi: 

  • All or nothing (tutto o niente): il progettista stabilisce un importo da raggiungere (goal) e il tempo entro cui deve essere raccolto. Se alla scadenza del tempo di raccolta il budget non viene raggiunto il progetto decade e le offerte tornano in mano agli investitori. Kickstarter è un esempio di piattaforma che segue questo modello
  •   Keep at all (prendi tutto): vengono stabiliti importo e tempo di raccolta ma, il finanziamento giunge al progetto a prescindere se esso raggiunga o meno il proprio target entro la scadenza prevista.

Il rewarded-base crowdfunding è particolarmente apprezzato da imprenditori e start-up in quanto consente alle imprese di partire con ordinativi già in bilancio e con un flusso di cassa assicurato. 

 Lending based

Il modello di crowdfunding lending based consente la raccolta di denaro tramite una piattaforma che si pone come un canale alternativo al credito bancario, erogando somme di denaro, con tassi di interesse inferiori rispetto alle banche. 

Si distinguono tre sottocategorie:

  • Microlending model: il finanziamento è gestito esclusivamente dalla piattaforma di crowdfunding. Un intermediario locale raccoglie tutti i finanziamenti. Le somme raccolte sono poi spartite tra i vari clienti che spesso sono persone caratterizzate da livelli di reddito basso.
  • Peer-to-peer model: le transazioni avvengono direttamente tra individui, senza l’intermediazione di istituzioni finanziarie. Un gruppo di persone presta piccole somme di denaro alla stessa persona o organizzazione.
  • Peer-to-business: a differenza del precedente, il prestito è concesso o a piccole imprese o start-up.

Equity based

A differenza del reward-based crowdfunding, nel modello equity based l’offerta di un sostenitore viene ripagata con una quota di partecipazione nel capitale dell’impresa facendolo diventare effettivamente socio dell’iniziativa imprenditoriale. Il backer, da semplice stakeholder ovvero portatore di un interesse generale, diventa a tutti gli effetti un shareholder.

L’opportunità concessa alle start-up e alle piccole medie imprese di interagire con un più ampio bacino di possibili investitori è un cambio di paradigma nella fase d’avvio e di sviluppo di un’impresa.

Modelli più recenti

Oltre ai modelli classici nel tempo si sono affiancati nuovi modelli di crowdfunding.

 Civic crowdfunding 

Si riscontra tale modello quando l’uso del crowdfunding è orientato al finanziamento di opere e progetti pubblici da parte dei cittadini stessi. In questo modo la cittadinanza partecipa in maniera attiva ai processi decisionali della pubblica amministrazione. Gli aspetti fondamentali che caratterizzano il crowdfunding civico sono:

  1.   Un’idea o un progetto vincente 
  2.   La scarsità di finanziamenti o la mancanza di budget dei governi locali 
  3.   Il senso di appartenenza della comunità verso il territorio 
  4.   Il valore affettivo e il rafforzamento dei legami che il progetto può sviluppare tra cittadini e luoghi pubblici.

Real-estate crowdfunding 

È una tipologia di finanziamento collettivo in cui vengono raccolti capitali per investimenti immobiliari. Tale tipologia di crowdfunding concede a numerosi investitori la possibilità di partecipare al finanziamento, anche con basse somme di denaro, di un progetto immobiliare in ambito residenziale o commerciale, in cambio di una remunerazione del capitale. 

Do-It-Yourself (DIY)

È una forma di crowdfunding che consente di realizzare una campagna all’interno del sito stesso dell’organizzazione, senza dover passare su di un’altra piattaforma specifica.

Nuova modalità di raccolta del capitale: l’Initial Coin Offering 

L’Initial Coin Offering (acronimo ICO) è un nuovo modo di raccogliere il capitale, utilizzabile sia da startup che da imprese già avviate, le quali siano intenzionate a coinvolgere soggetti terzi al fine di contribuire alla realizzazione di un dato progetto.

Si possono considerare le ICO come una forma particolare di crowdfunding reward based. Le imprese, allo scopo di reperire capitale, propongono un progetto al pubblico emettendo dei token digitali che possono essere acquistati attraverso l’utilizzo di criptovaluta.

I token vengono spesso paragonati alle azioni e anche se per alcuni aspetti possono essere considerati strumenti della stessa natura, per altri risultano essere completamente differenti. Essi contribuiscono a finanziare l’attività imprenditoriale o uno specifico progetto, e attribuiscono dei privilegi, non per forza dei diritti, ai possessori; inoltre si basano sulla tecnologia Blockchain, la quale permette al possessore di usufruire di alcuni vantaggi:

  • Bassa rischiosità nelle transazioni: le transazioni bitcoin sono irreversibili e non necessitano la condivisione delle informazioni personali del cliente. Questo permette al commerciante di essere protetto da eventuali frodi;
  • Bassi costi di transazione;
  • Libertà di pagamento senza nessun vincolo temporale: le criptovalute non avendo posizione fisica, possono essere trasferite nell’arco di 10 minuti 14 da una parte del mondo all’altra, senza alcun tipo di limitazione (giorni festivi, confini nazionali ecc.);
  • Trasparenza e neutralità: tutte le informazioni relative alle transazioni in atto sono immediatamente disponibili e consultabili da tutti gli utenti che partecipano alla rete;
  • Controllo decentralizzato;

L’ICO prevede un termine e un obiettivo di raccolta, nel caso in cui l’obiettivo non venga raggiunto nel termine prefissato, i fondi verranno restituiti agli investitori e in questo caso l’ICO sarà considerata fallita. Proprio per questo motivo il token al momento dell’acquisto non ha alcun valore, è un gettone che rappresenta una promessa di valore, che solo al termine della ICO avrà una quotazione di mercato. 

Tipologie in cui si suddividono i token emessi

Come si diceva precedentemente, l’acquisto di token non conferisce la proprietà di una parte della società, ma piuttosto una royalties su un determinato progetto oppure semplicemente la possibilità di usufruire di un servizio erogato dall’emittente. Perciò risulta necessario suddividere i token emessi in tre gruppi:

  • Token di pagamento: nascono come una valuta e possono essere scambiati con altri token oppure con moneta avente valore legale in base ad un valore definito dal mercato. Esempi di questa tipologia sono i bitcoin.
  • Token di investimento: questi token possono attribuire ai possessori una serie di diritti (come il diritto di voto o il diritto di ricevere dei pagamenti). Chi decide di acquistarli effettua un investimento, in quanto crede che il valore possa aumentare in futuro. I token di investimento possono essere sottoposti a regolamentazione in quanto in molti Paesi vengono assimilati a strumenti finanziari.
  • Token di utilizzo: tramite questi token è possibile acquistare beni o usufruire di particolari servizi che vengono erogati del soggetto emittente, e vanno ad escludere qualsiasi attività speculativa, monetaria e partecipativa. La differenza rispetto ai token di pagamento sta nel fatto che questi vengono utilizzati come strumento di pagamento generico per qualsiasi bene o servizio, mentre il token di utilizzo è impiegabile solo per l’acquisto di un determinato bene e servizio fornito dalla società emittente. Il token in questo caso è una chiave di accesso per far parte della rete e per usufruire degli strumenti che essa offre. 

Tipologie in cui si suddividono le ICO

Data le tipologie di token esistenti, è consequenziale la presenza di diverse tipologie di ICO. Se ne possono distinguere due gruppi:

  • Currency ICO: in questo caso la token offer avrà come oggetto token di pagamento.
  • Project ICO: si fa riferimento a questa modalità di offerta di moneta iniziale quando i token sono di investimento o di utilizzo.

 Fasi di lancio di una ICO

Generalmente una ICO è composta da 6 fasi:

  1. Il crowdfunder annuncia la sua intenzione di voler sviluppare un determinato progetto, al fine di pubblicizzarlo e suscitare curiosità tra gli interessati.
  2. Il crowdfunder fornisce ai soggetti interessati le informazioni sul progetto; questo avviene attraverso la creazione di un documento chiamato white paper che ha come scopo quello di evidenziare le caratteristiche del progetto e renderlo attrattivo verso i potenziali investitori, quasi come se fosse uno strumento di marketing.
  3. Il white paper viene pubblicato sul sito dedicato. Sarà qui importante ottenere l’approvazione di soggetti che ricoprono una posizione di rilievo all’interno della community scelta.
  4. Dovranno poi essere creati i token da scambiare con altre criptovalute. Ci si può rivolgere a siti creati appositamente (token factory), oppure seguire le istruzioni dettate da piattaforme specifiche.  Quando si crea un token, per prima cosa va determinata l’offerta totale, ovvero il numero di token acquistabili (hard cap). Consequenzialmente, si dovrà decidere quanto, per ogni token, l’investitore dovrà pagare in criptovaluta.
  5. È necessario determinare il periodo di tempo nel quale i token verranno offerti. È per un limitato periodo di tempo (in media 40 giorni) e generalmente vengono offerti in due tranche: la prima chiamata presale e la seconda, che rappresenta la vera e propria token sale. I soggetti che aderiscono all’offerta nella fase di prevendita solitamente hanno diritto ad acquistare i token con un rapporto di conversione più conveniente. Congiuntamente, il crowdfunder deve decidere anche l’ammontare minimo (soft cap) da raggiungere obbligatoriamente affinché l’offerta sia da considerare riuscita e quindi valida. 
  6. Il crowdfunder deve occuparsi dell’aspetto pubblicitario della propria offerta, al fine farla conoscere e convincere una quantità di soggetti più ampia possibile.

A questo punto la ICO può essere definitivamente emessa: i sostenitori e gli investitori potranno acquistare i token pagandoli nella criptovaluta richiesta.

 

Due casi di successo di equity crowdfunding

In questo capitolo si andranno a presentare due realtà, una italiana e una statunitense, che attraverso delle campagne di equity crowdfunding, sono riuscite a crescere ed affermarsi come aziende di successo. I due business sono molto diversi tra loro, ma accomunati da una forte determinazione da parte dei creatori e una grande capacità di comunicare al mondo le proprie idee.

Winelivery, l’App per bere

Introduzione

Winelivery è una startup nata a Milano nel 2016, dalla mente di due giovani imprenditori under 30: Francesco Magro e Andrea Antinori. La start up opera nel mercato del delivery: attraverso un’applicazione, infatti, consegna a domicilio vini, birre e drink in meno di 30 minuti e alla giusta temperatura di consumo.

Storia

L’idea di Winedelivery nasce in una classica serata tra amici, tra i quali Francesco e Andrea, che desiderosi di ordinare del vino a domicilio, si rendono conto che questo tipo di offerta mancava nel territorio italiano, e come essa potesse essere un potenziale mercato inesplorato.

I due ragazzi decidono dunque di lasciare i rispettivi impieghi e iniziano a dedicarsi alla progettazione della start up.

L’azienda apre ufficialmente i battenti nel 2016 con un business model iniziale che prevedeva la collaborazione con dei ristoratori, i quali mettevano a disposizione i propri prodotti, la logistica e i fattorini per effettuare le consegna. Visto lo scarso coinvolgimento da parte dei ristoratori, i tre soci decidono di rivoluzionare il business, decidendo di gestire in prima persona lo stoccaggio e la logistica, e affidandosi a dei rider dipendenti per la consegna a domicilio. Da quel momento l’azienda inizia a crescere, espandendosi sempre di più. Nel 2017 la start up diventa operativa anche a Bologna, mentre dal 2018 è presente nelle città di Firenze, Bergamo e Torino. Attualmente l’azienda, dopo 5 anni, effettua consegne in più di 65 città italiane, confermandosi leader nel mercato delivery di bevande alcoliche. 

Business model

L’azienda, a differenza di quanto si possa pensare, ha un modello di business ampio che non si limita al solo B2C. Windelivery infatti, offre il medesimo servizio di consegna anche a ristoratori e rivenditori, con un’offerta dedicata. Inoltre la start-up collabora con cantine e produttori, i quali possono acquistare delle campagne di digital marketing promosse dall’azienda di delivery milanese.

Campagna crowdfunding

Winedelivery per il primo anno si basa sui soli investimenti dei 2 soci fondatori, successivamente Andrea e Francesco decidono di appellarsi a ventur capitalist e investitori istituzionali, purtroppo però non riescono a racimolare molto, vista la poca esperienza nel mondo imprenditoriale e l’idea innovativa ritenuta poco fruttifera.

Dal 2017 Andrea e Francesco scelgono di cambiare il modello di finanziamento, decidendo di appellarsi a privati attraverso l’equity crowdfunding, metodo di finanziamento ancora sconosciuto ai più in Italia.  Winelivery ha concluso con successo tre campagne di equity crowdfunding, tutte effettuate tramite la piattaforma italiana CrowdFundMe, raccogliendo in totale un capitale di 1,7 milioni di euro.

La prima campagna è stata realizzata nel maggio 2017 e ha permesso alla start up milanese di raccogliere 150 mila euro, con l’obiettivo di far crescere il business nella città di Milano e approdare poi nella città di Bologna.

La seconda raccolta fondi, creata al fine di espandersi in altre due città italiane, è avvenuta nel gennaio 2018. Questa volta Winedelivery è stata capace di collezionare 400 mila euro di investimenti.

Nel gennaio 2019 è avvenuta la terza ed ultima campagna, la quale ha fruttato all’azienda un capitale di 1,2 milioni di euro, che le ha permesso di consolidare la propria posizione nel mercato italiano. 

Nell’ultima campagna la start up milanese era stata valutata pre-money 7,2 milioni, più del doppio rispetto alla seconda, quando era stata valutata 3,2 milioni di euro, mentre per la prima campagna la valutazione era stata di 1,2 milioni.

Inoltre, come afferma Francesco Magro in un’intervista per Startupwallet : “Grazie al crowdfunding, abbiamo in dote la grande pletora di azionisti che sono per noi una grande risorsa e valore. Infatti fare crowdfunding non vuol dire solo raccogliere denaro ma vuol dire anche avere accesso ad un network di persone che vorranno poi contribuire alla tua idea, si crea quindi un effetto marketing e di lead generation. 

Exploding Kittens, un gioco esplosivo

Introduzione

Exploding kittens è un divertente gioco di carte pluripremiato, noto per aver fatto la storia di Kickstarter diventando il progetto più sostenuto di sempre nel mondo del crowdfunding. Il gioco di carte è stato realizzato dalle menti geniali di Elan Lee Matthew Inman e Shane Small. Il gioco consiste in una serie di carte illustrate e viene definito dagli autori come: un gioco di carte che rappresenta la versione strategica e potentemente felina della roulette russa”. 

Storia

Exploding Kittens nasce dall’idea di Elan Lee, ex Chief design officer di Xbox, ispirato a creare un gioco interattivo e divertente che potesse distrarre i suoi giovani nipoti dagli schermi dei videogiochi. Lee decide dunque di condividere l’idea di “Bomb Squad”(nome originario del gioco), con il fumettista Matthew Inman. Quest’ultimo, famoso per il proprio sito di fumetti “The Oatmel”, ha suggerito alcune modifiche creando così il noto gioco Exploding Kittens. Insieme al direttore creativo Shane Small, che ha lavorato per numerose aziende quali Facebook e Snapchat, i creatori hanno deciso di lanciare nel 2015 su Kickstarter il progetto, collezionando numeri molto importanti.

Come si gioca?

Il funzionamento è molto semplice: i giocatori pescano carte fino a quando qualcuno non pesca una carta Exploding Kitten: a quel punto costui “esplode”, ed è eliminato dal gioco. A meno che quel giocatore non abbia una carta Disinnesgatto nella propria mano che possa disinnescare la carta Exploding Kitten. Tutte le rimanenti carte nel mazzo vengono usate per spostare, attenuare o evitare le carte Exploding Kitten.

Campagna crowdfunding

Exploding Kittens è noto al pubblico per la sua campagna di Kickstarter, che ha raggiunto numeri senza precedenti. Il gioco è stato lanciato sulla piattaforma di crowdfunding statunitense il 20 gennaio 2015. I creatori avevano posto come obiettivo la raccolta di un capitale di 10 mila dollari. La campagna però, senza nessuna aspettativa da parte dei creatori, riuscì a collezionare l’incredibile cifra di 1 milione di dollari in sole sette ore.

Complessivamente, nell’arco di un mese di finanziamenti, il gioco ha raccolto oltre 8,7 milioni di dollari da oltre 219.000 sostenitori. Oggi il gioco di carte statunitense detiene il record per essere il progetto più sostenuto e per il decimo posto come progetto più finanziato nella storia di Kickstarter.

La partecipazione così numerosa da parte degli investitori non è dovuta al caso. I creatori del gioco, infatti, hanno pensato e creato una comunicazione mirata in vista del lancio sulla piattaforma di crowdfunding. Attraverso un tone of voice divertente, delle grafiche accattivanti e un video esplicativo del gioco, Il progetto è stato subito apprezzato dalla community, che ha risposto in maniera propositiva già nei primi minuti del lancio. È stata proprio la community, come afferma Elan Lee in un’intervista per CO, a dare valore al progetto, con un continuo scambio via social tra i produttori e investitori, spargendo la voce e pubblicizzando il gioco.

A distanza di sette anni dal lancio di Exploding Kittens, i tre creatori hanno venduto milioni di copie del gioco, rilasciato diverse espansioni e promosso attraverso Kickstarter altri giochi divertenti, come: Bears vs Babies, You’ve Got Crabs, Throw Throw Burrito.

 Conclusioni

Attraverso questi due significativi esempi, abbiamo potuto illustrare le potenzialità del crowdfunding. Se non fosse esistito questo metodo di finanziamento, probabilmente questi progetti non sarebbero mai stati realizzati. Un fattore essenziale che ha permesso la nascita e lo sviluppo di queste realtà è sicuramente la presenza della community. Questi progetti, a differenza di molti altri, hanno avuto la fortuna di essere stati realizzati portando a compimento la campagna di raccolta fondi e ciò è stato possibile solo grazie al rapporto tra gli investitori e i creatori. Questi ultimi, in entrambi i casi, sono stati in grado di trasmettere in maniera semplice il valore delle idee proposte, attirando e coinvolgendo i sostenitori all’interno del progetto. Sia Winedelivery che Exploding Kittens, oggigiorno sono due realtà molto importanti nei rispettivi mercati, e sono fonte di ispirazione per tutti gli aspiranti imprenditori che sognano di creare e portare a compimento le proprie idee. È importante sottolineare però, come afferma Francesco Magro, CEO di Winedelivery, che non tutti i modelli di business sono adatti a questo tipo di finanziamento. I progetti, infatti, affinché abbiano successo devono essere semplici e di facile comprensione, oltre a creare valore per i privati e la community.

 

Come il crowdfunding ha rivoluzionato la società

Nuovi modi di investire e realizzare le proprie idee

Dal momento in cui il crowdfunding ha cominciato a diffondersi, nuovi soggetti finanziatori e nuove possibilità di investimento si sono affermate nel mercato italiano, andando ad integrare il tradizionale sistema dei finanziamenti concessi dalle banche. Per tale ragione, il crowdfunding rappresenta un canale di finanziamento alternativo, in grado di consentire ad una moltitudine di soggetti, i quali non avrebbero potuto usufruire delle soluzioni concesse dagli istituti bancari, di supportare progetti e nuovi business. Un mercato in continua e costante crescita, soprattutto considerati i numeri prodotti durante il 2020. Trainato da un miglior contesto normativo e da una migliore professionalizzazione, in Italia il crowdfunding è riuscito a generare una raccolta totale di 333 milioni di euro. Un risultato notevole, specialmente considerando che il 2020 è stato un anno di profonda crisi economica. Si è dimostrato, quindi, uno strumento fortemente attrattivo per gli investitori, in grado di resistere agli imprevisti di un contesto sociale ed economico in forte evoluzione. Ma a cosa si possono attribuire questi importanti risultati? In primo luogo è fondamentale evidenziare che il mondo della finanza si sta sempre più spostando verso le Financial Technology. Le tecnologie digitali, infatti, stanno invadendo il mondo della finanza in maniera sempre più impattante, tanto che è ormai impossibile non parlare di Fintech. Si tratta di un fenomeno che raggruppa innovativi servizi finanziari che, grazie alle tecnologie digitali, trovano nuove opportunità di sviluppo e possono evolvere per portare nuovi vantaggi agli utenti finali: dai singoli consumatori, alle grandi imprese, fino alle PMI. Secondo l’indice Fintech Adoption di EY un terzo dei consumatori di tutto il mondo utilizza due o più servizi tecnico-finanziari. I soggetti maggiormente coinvolti in questo processo sono chiaramente le start-up, tuttavia alcuni dei più famosi istituti bancari utilizzano questa trasformazione o stanno investendo nello sviluppo interno o nell’acquisizione di progetti fintech. Grazie ad un’indagine realizzata da EY e dal Fintech District emerge, infatti, che l’innovazione digitale sta modellando il settore finanziario, bancario e assicurativo italiano: un fenomeno dovuto, in parte, anche allo sviluppo e all’introduzione negli ultimi anni di una serie di iniziative, regolamenti e incentivi per promuovere la crescita della community FinTech. Secondo quanto emerge dalla ricerca intitolata “La Finanza Alternativa per le PMI in Italia” il mercato della finanza alternativa al credito bancario per le PMI, tra luglio 2020 a giugno 2021, ha mobilitato 4,23 miliardi di euro, subendo un incremento del 58% rispetto alla precedente rilevazione. 

In secondo luogo è doveroso tenere a mente che il crowdfunding è un modello di investimento sempre in evoluzione, in cui trovano spazio ogni anno importanti novità in grado di attrarre sempre nuovi investitori. Un esempio relativo al modello di equity crowdfunding è quello del minibond, uno strumento di investimento obbligazionario di finanza innovativa. Si tratta di obbligazioni o titoli a medio-lungo termine emessi da società italiane non quotate, solitamente PMI. Sono obbligazioni che possono essere collocate solo presso investitori qualificati, in possesso cioè di specifiche competenze e di comprovata esperienza quali operatori sui mercati finanziari. I minibond vengono tipicamente destinati a piani di sviluppo, operazioni di investimento straordinarie o di refinancing. Permettendo alle società non quotate in Borsa di aprirsi al mercato dei capitali, trovare nuove fonti di finanziamento, riducendo, in tal modo, la dipendenza dalle banche. L’Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano nell’ultimo report al 31 dicembre 2021, ha rilevato complessivamente 832 imprese italiane che hanno collocato minibond, delle quali il 62,2% risultano essere PMI. 

Un ulteriore esempio di come il crowdfunding ha cambiato il mercato dei finanziamenti è quello relativo all’ambito immobiliare. In questo caso il crowdfunding prende il nome di Real Estate Crowdfunding. Una modalità innovativa, che permette a vari investitori di partecipare al finanziamento di un progetto immobiliare in ambito residenziale o commerciale, in cambio di una remunerazione del capitale. Si tratta di un innovativo sistema di finanziamento collettivo che ospita diversi progetti immobiliari sul web, i quali possono essere sostenuti da una folla indistinta di investitori immobiliari. Ma il crowdfunding immobiliare si distingue in due tipologie: l’equity crowdfunding e lending crowdfunding. Il primo indica un finanziamento da parte dell’investitore che riceve in cambio quote societarie del progetto in cui investe. Il secondo, invece, consiste nel prestito di capitali a sostegno di un’operazione immobiliare da parte di un prestatore che riceve in cambio il capitale prestato maggiorato dagli interessi. A loro volta, i progetti di crowdfunding immobiliare possono essere di diversi tipi. Primo tra gli altri il buy to sell, ovvero l’acquisizione di una o più aree edificabili, o di immobili già esistenti con la conseguente costruzione o ristrutturazione al fine di vendere le strutture. Il buy to let, invece, permette l’acquisizione di uno o più immobili che vengono messi a reddito tramite affitto, in alcuni casi dopo essere stati ristrutturati. Infine, il rent to rent permette alla società di affittare una o più strutture, le quali verranno in seguito subaffittate. Il real estate rappresenta un metodo di investimento innovativo che ha permesso ad una larga fetta di risparmiatori di investire nel mattone in modo alternativo e remunerativo, mettendo a disposizione contenute somme di denaro. In Italia, rispetto al resto d’Europa, il fenomeno del real estate crowdfunding è più giovane di conseguenza i suoi volumi sono ancora ridotti rispetto al vero potenziale. Tuttavia nel corso dell’ultimo triennio il mercato è andato incontro a una significativa e costante crescita, trainata soprattutto dalla Lombardia che assume il fulcro dello sviluppo del settore, con il 68% dei progetti finanziati. I primi sette progetti di real estate crowdfunding sono stati finanziati solo nel 2017, saliti poi a diciotto nel 2018. Ma la vera esplosione è avvenuta nel 2019, quando il consolidamento delle poche piattaforme esistenti e il lancio di nuove, ha portato il mercato a finanziare 108 progetti con una raccolta complessiva di 35 milioni. Tuttavia, solo nel 2020, il crowdfunding immobiliare ha permesso di raggiungere importanti risultati in termini totale di raccolto. Si rileva, infatti che solo nell’anno della pandemia abbia raccolto circa 65 milioni di euro. Gli investimenti in real estate rappresentano, quindi, un modello fortemente attrattivo per gli investitori italiani, il cui livello di rischiosità, grazie anche al lavoro di selezione effettuato dalle piattaforme, è relativamente contenuto. Ma come funziona, esattamente questo canale di finanziamento? L’azienda o la società proponente si rivolge al portale di crowdfunding per raccogliere la liquidità necessaria alla costruzione o all’acquisto degli immobili oggetto del progetto, stabilendo la cifra di cui necessita. Dopo aver accertato l’idoneità e la sostenibilità finanziaria, la piattaforma pubblicherà l’opportunità immobiliare online a cui potranno partecipare tutti gli investitori immobiliari. A questo punto, i partecipanti dell’equity investiranno i propri capitali ottenendo quote societarie del progetto ad operazione conclusa, i prestatori del lending, invece, metteranno a disposizione il proprio capitale che gli verrà restituito con gli interessi a fine operazione.

Ma questo innovativo canale di finanziamento non appartiene solamente al settore del profit. 

Il crowdfunding, infatti, è diventato uno strumento essenziale per raccogliere fondi da destinare in beneficenza. Si tratta di un modo semplice ed efficiente per accettare donazioni da ogni luogo del mondo, da individui che abbiano a cuore la causa. L’esempio per eccellenza è rappresentato dalla situazione sanitaria appena trascorsa. Oltre al risveglio di un desiderio di solidarietà durante l’emergenza sanitaria, molte persone hanno scoperto l’utilità del crowdfunding, fino ad allora a molti sconosciuto. Questo modello prevede che chi conferisce denaro alla campagna lo faccia in forma di donazione per cause che gli stanno a cuore, senza alcun tipo di ritorno. L’ingente aumento del numero di campagne di donation-crowdfunding e la notevole adesione alle stesse durante la pandemia da Covid-19 ha dimostrato la volontà dei cittadini di contribuire direttamente alle risorse economiche necessarie a gestire l’emergenza socio-sanitaria. Enti benefici, associazioni, Pubbliche Amministrazioni, organizzazioni territoriali e freelance hanno registrato per l’anno 2020 un +7,92% di finanziamenti (pari a 8,1 milioni di euro) che hanno sostenuto progetti e iniziative di genere più vario. Nello stesso anno, secondo la Judge Business School di Cambridge, l’Italia è stata la prima in Europa e la quarta al mondo per somma raccolta attraverso la tecnologia crowdfunding. Nonostante la crisi dovuta all’emergenza pandemica, il crowdfunding si è dimostrato uno strumento resiliente e pronto a colmare i gap ancora esistenti tra economia reale e canali di finanziamento tradizionali.

Nuove prospettive di sviluppo

La raccolta di capitali attraverso le piattaforme di crowdfunding sta diventando sempre più popolare in Italia. Nuovi trend come non-fungible token (NFT) e criptovalute stanno spingendo un numero sempre maggiore di investitori a scegliere metodi non convenzionali di raccolta fondi per operare sul mercato. L’introduzione delle criptovalute ha portato a significative trasformazioni nel mondo del crowdfunding, offrendo nuovi strumenti alle aziende in cerca di capitali e agli investitori che intendono ampliare il proprio portafoglio. Un esempio sono le ICO (Initial Coin Offering) e STO (Security Token Offering), innovative modalità di raccolta di capitale, utilizzabili da startup che da imprese già avviate. Il loro obiettivo è quello di coinvolgere soggetti terzi al fine di contribuire alla realizzazione di un determinato progetto.

 

Crowdfunding come piattaforme di aggregazione sociale

Il crowdfunding, oltre a essere un metodo di finanziamento collettivo, può essere considerato, secondo una visione più ampia, un vero e proprio fenomeno umano e sociale.

Il crowdfunding costituisce una tappa molto importante all’interno dell’evoluzione del social networking. Ma qual è il significato di social networking? Secondo quanto espresso nell’articolo “A theoretical framework for building online communities of practice with social networking tools” di Gunawardena, Hermans, Sanchez, Richmond, Bohley & Tuttle, per social networking si intende la pratica che, tramite piattaforme e canali digitali, consente alle persone di espandere le proprie conoscenze grazie alla possibilità di creare connessioni e legami con individui aventi interessi simili ai propri. Nell’ambiente del Web 2.0, il social networking ha a che fare con i servizi tecnologici e i software che consentono alle persone di comunicare con altre persone, dovunque si trovino e in qualunque momento. Ecco allora che crowdfunding e social networking non sembrano essere due mondi così lontani e separati fra loro.

Quando si parla di crowdfunding, è bene ricordare che le persone che decidono di investire e destinare i propri soldi a determinati progetti, non sono persone indistinte e non lo fanno mai senza credere in delle valide e solide motivazioni. I progetti alla ricerca di un finanziamento tramite le possibilità offerte dal crowdfunding, sono in grado di aggregare tra loro persone, andando così a creare una community. All’interno di queste community troviamo quindi persone che non solo condividono il fatto di finanziare lo stesso progetto o la stessa realtà, ma persone che, prima di tutto, sono mosse da un interesse comune che le porta a offrire un proprio contributo attivamente. 

Potremmo quindi affermare che il crowdfunding è sostanzialmente l’accostamento di una nuova forma di economia al social networking. È un modello di economia che possiede una spinta “dal basso”, da parte di persone che si propongono come attori di questa economia basata sulla condivisione e sul gradimento di contenuti autoprodotti. L’economia del crowdfunding ha i tratti della reciprocità: non si tratta solo di richiesta di denaro ma chi decide di promuovere economicamente un progetto sa che potrà ottenere un reale vantaggio una volta che tale progetto si concretizzerà nella realtà.

Il risultato del crowdfunding è la generazione di valore. Grazie al potere della community, viene resa possibile la realizzazione di un’idea. Ma il finanziamento non è il solo e unico risultato del crowdfunding, il quale è in grado di generare molto di più: fiducia, coinvolgimento, partecipazione e anche emozioni sono fattori che si accendono nelle persone che decidono di prendere parte a un’iniziativa di crowdfunding. Si crea quindi un vero senso di comunità tra persone che condividono stesse idee, stessi valori e stessi obiettivi e questa vicinanza d’intenti dirige le persone a guardare assieme verso lo stesso obiettivo. La chiave del crowdfunding sta proprio in questo: sentirsi parte di qualcosa. Su questo aspetto viene fatta leva per attrarre nuovi investitori. Il senso di partecipazione e il coinvolgimento in prima persona facilitano la volontà delle persone a dare il proprio contributo per una causa in cui credono.

Si viene così a formare una rete di relazioni molto forti. Internet si conferma ancora una volta il mezzo attraverso il quale le relazioni tra le persone si consolidano e come strumento in grado di creare legami nuovi e rafforzare quelli esistenti. 

Il ruolo di una piattaforma di crowdfunding non si può, pertanto, esaurire in quello di intermediario finanziario: è vero che si tratta del luogo in cui si facilita l’incontro tra la domanda di finanziamenti da parte di chi ha un’idea e l’offerta di denaro da parte degli utenti, ma oltre ad essere un luogo virtuale per la raccolta di fondi, le piattaforme di crowdfunding sono soprattutto un contenitore di relazioni sociali. Il loro compito primario è infatti quello di creare aggregazione sociale e di facilitare le relazioni fiduciarie tra soggetti diversi. Ogni transazione, anche la più piccola, non è altro che un atto di fiducia e le piattaforme di crowdfunding aiutano a creare fiducia anche in gruppi di utenti che non si conoscono. Ciò che rende possibile tutto questo è la trasparenza che caratterizza questi ecosistemi virtuali. È proprio la trasparenza che rende possibile la nascita di meccanismi fiduciari. L’alto grado di informazione e la sicurezza delle operazioni generano legami di fiducia tra le persone, le quali sono spinte ad appoggiare un progetto, a farsi portavoce di esso e a trasmetterlo con la stessa fiducia ai propri contatti. La fiducia consente di rafforzare il senso di appartenenza e nel crowdfunding gioca un ruolo importantissimo: per investire bisogna credere nella validità del progetto, nelle persone che hanno avuto l’idea del progetto e, infine, bisogna anche fidarsi della piattaforma che opera da intermediario.

 

In conclusione, in questo paragrafo è emerso come la forza del crowdfunding stia proprio nella sua capacità di aggregare persone diverse tra loro e creare una vera e propria rete sociale in cui il potere della collettività si fa sentire. È interessante scoprire come, al di là degli interessi e degli obiettivi economici, ci siano delle dinamiche più ampie in cui le relazioni tra le persone assumono importanza, valore e sono alla base di ogni azione di crowdfunding.

 

Fonti

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http://irisnetwork.it/wp-content/uploads/2018/06/verde-santoro-elefante.pdf 

Autori

Nicolò Fabris

Giulia Lorenzi

Eva Marchesini

Ilaria Paron

Sofia Poletti