Sommario
Il Covid19 ha cambiato le nostre abitudini
L’evoluzione del digitale ha ridisegnato il mondo del lavoro e la pandemia ha aumentato la velocità di diffusione della digitalizzazione. Uno degli aspetti positivi da trarre dalla pandemia di Covid-19 è appunto il fatto che ci ha incoraggiato a rivalutare il modo in cui lavoriamo.
Tutti noi, chi con grande entusiasmo e chi completamente in disaccordo, abbiamo dovuto fare i conti con il fatto che per un periodo la nostra stanza è diventata il nostro ufficio personale. Grazie al Coronavirus abbiamo iniziato, tutti o quasi, a lavorare da casa e, se da un lato questo fatto ha dei lati positivi imbattibili, dall’altro non siamo sicuri che portare il lavoro a casa sia sempre una grande idea.
Uno degli aspetti apparentemente banali ma secondo degli studi non lo è affatto è il non doversi vestire per andare a lavoro. Su questo punto ci sono diverse scuole di pensiero. Gli psicologi suggeriscono che vestirsi come se si dovesse davvero andare al lavoro permette alla nostra testa di entrare in una mentalità più professionale ed efficiente. In realtà recuperiamo un minimo di dignità e di buona grazia solo quando siamo costretti a fare una videochiamata, e anche in quel caso sistemiamo solo la parte superiore di noi, mentre la parte inferiore continua ad essere in modalità casalinga.
La riorganizzazione del lavoro
La pandemia, iniziata verso la fine del 2019, ha sicuramente aiutato la velocizzazione del processo di digitalizzazione portando ad una riorganizzazione delle modalità di lavoro così da far scoprire ai lavoratori il valore del tempo e delle relazioni con l’aspirazione di poter godere di maggior flessibilità e autonomia. La motivazione personale e il benessere dei lavoratori sono due fattori fondamentali per raggiungere una buona armonia nel lavoro ed è proprio il digitale ad aiutare il raggiungimento di essi. Un dato molto rilevante che ci permette di capire maggiormente l’esigenza che hanno i lavoratori di fare delle piccole modifiche nel mondo del lavoro è che il 49% dei dipendenti cambierebbe l’organizzazione del lavoro per ottenere maggior benessere.
La digitalizzazione dei vari ambiti lavorativi ha facilitato il lavoro ibrido, conciliano il lavoro in azienda con il lavoro fatto da casa, permettendo quindi una miglior conciliazione tra vita privata e lavorativa. Un aspetto apparentemente negativo ma in realtà dedicando molto impegno può portare grandi vantaggi è che il lavoro basato sul digital richiede la conoscenza di nuove skill dunque i lavoratori dovranno aggiornare le loro competenze e dovranno essere sempre aggiornati sui vari sviluppi del digitale per poter svolgere al meglio il loro lavoro. Da non sottovalutare c’è anche l’aspetto della responsabilità, il nuovo metodo di lavoro adottato da molte aziende richiede una maggior autonomia nel lavoro e conseguentemente una maggior responsabilità da parte dei lavoratori, basti pensare a quanto avvenuto nelle scuole con la didattica a distanza svolgendo quindi sia le lezioni che gli esami in modalità online da casa.
Con il lavoro da casa abbiamo più libertà e opzioni quando si tratta di decidere quando iniziare e finire la giornata lavorativa, gestendo di conseguenza gli obiettivi e i risultati da raggiungere nel corso della giornata.
Un tema molto rilevante che va contro a tutti i pro portati finora è l’aspetto della solitudine. Durante quella che sembrava una vita di innumerevoli chiusure e regole di allontanamento sociale, la pandemia Covid-19 ha scatenato un’epidemia di solitudine. Secondo l’Office for National Statistics, in molte aree sono stati registrati alti tassi di solitudine e scarsa salute mentale. Nel 2020, 2,6 milioni di adulti hanno dichiarato di sentirsi soli “spesso” o “sempre”, con un aumento a 3,7 milioni nel 2021. Alcune persone passavano meno tempo con la famiglia e gli amici, mentre altre trascorrevano lunghi periodi di tempo senza contatti umani o interazioni sociali, il che, ovviamente, è una ricetta per una cattiva salute mentale.
I social media possono alleviare lo stato di isolamento collettivo e sono bastate poche settimane perché la più grande fabbrica di contenuti virali online oggi esistente, TikTok, trovasse una risposta alla quarantena: l’umorismo. Mentre Facebook, WhatsApp e Twitter sono diventati fabbriche di fake news, su TikTok e, in parte, su Instagram, il discorso collettivo sull’attuale emergenza sanitaria ha assunto toni più costruttivi. E’ chiaro però che nonostante lo sviluppo dei social e la compagnia che possono fare alle persone non andrà mai a sostituire completamente il dialogo a tu per tu, l’abbraccio di un amico piuttosto che la carezza di un affetto.
La comunicazione via webcam o ancora di più via chat ha permesso alle persone con carattere “meno espansivo” di riuscire ad esporsi al meglio esprimendo tutte le loro idee/necessità/disaccordi e quant’altro che probabilmente nella comunicazione faccia a faccia non avrebbero espresso a causa appunto del proprio carattere.
La comunicazione attraverso email o chat private e ancor di più la creazione di gruppi whatsapp ha permesso una comunicazione che pone tutte le persone allo stesso livello diminuendo molto la percezione dei diversi status sociali. Questo si evidenzia molto nel mondo del lavoro dove all’interno di una stessa chat ci possono essere sia i vari dipendenti come anche il capo o i dirigenti e quando si invia un messaggio viene visualizzato sia dal segretario che dal capo allo stesso modo facendo in questo modo diminuire la percezione dei diversi status. Questo all’interno degli uffici fisici delle aziende non avverrà in quanto quando ci si rivolge ai piani alti si avrà un atteggiamento sempre più attento e premuroso, mentre quando si comunica con colleghi dello “stesso livello” si adotterà un modo di comunicare più semplice.
Pro e contro del lavoro da casa
Come in tutto anche nel lavoro da cosa ci sono dei lati positivi e dei lati negativi. Sicuramente uno dei vantaggi principali, come già in precedenza accennato, è la maggiore indipendenza nella gestione del lavoro, sia per quanto riguarda gli orari, che i momenti per prendersi le pause, che la suddivisione del lavoro, in quanto a casa non abbiamo il datore di lavoro che controlla. Allo stesso tempo il lato negativo è il maggior isolamento. Lavorando da casa viene a mancare la condivisione dell’ufficio piuttosto che la pausa caffè insieme piuttosto che la comunicazione faccia a faccia, tutto questo si può colmare attraverso le innumerevoli piattaforme digitali che ci permettono di simulare alla perfezione la realtà ma nonostante ciò le persone sentono la mancanza delle relazioni, del sentirsi insieme ad altre persone, soffrendo l’isolamento.
Un altro fattore considerato come un “pro” del lavoro da casa è la possibilità di evitare le ore trascorse in macchina o nei mezzi pubblici per raggiunger il posto di lavoro così da ammortizzare i tempi e poter dedicare più tempo o alle ore di sonno o al lavoro o alla famiglia. Questa diminuzione dello stress causato dal pendolarismo sicuramente gioverà nella maggiore produttività per il proprio lavoro così da essere meno stanchi e stressati. Il retro di questa medaglia è il rischio di sovraccarico del lavoro rischiando di non riuscire a distinguere gli orari da dedicare a se stessi con quelli da dedicare al lavoro in quanto si tende a voler continuare con il lavoro anche dopo le 8 ore canoniche, tutto ciò se ripetuto quotidianamente potrebbe essere appunto un lato negativo del lavoro da casa.
Nel tema del lavoro da casa è fondamentale focalizzarci sul bisogno del materiale digitale per poter svolgere il lavoro, ovvero un computer, una webcam, uno smartphone, ecc. tutto questo chiaramente ha un valore economico non indifferente che le persone devono sostenere o al contempo se i materiali sono forniti dalle aziende saranno quest’ultime a dover sostenere questi costi.
Testimonianza
Riportiamo ora una testimonianza di una persona che ha vissuto il lavoro da casa e appunto evidenzia alcuni fattori precedentemente esplicitati:
“Sono abituata a lavorare al computer e a portare avanti progetti e piani editoriali in modo sommariamente autonomo. Quando è scoppiata la pandemia e il titolare ci ha informato che, a partire da quel momento, avremmo dovuto lavorare da casa, non ero affatto preoccupata. Anzi! Inizialmente, infatti, le cose sono andate più che bene: con i colleghi ci sentivamo tramite video-call e ho sostituito il divano di casa mia alla scrivania.
Poi, nemmeno troppo gradualmente, sono emerse le problematiche: mi sono ritrovata a tu per tu con un nuovo progetto e pochissimo materiale a disposizione per poterlo portare avanti. Il grafico (e compagno di scrivania), con cui spesso collaboro, non sempre era reperibile o, comunque, doverlo contattare di fronte a ogni dubbio si è rivelato piuttosto frustrante. Per me e per lui. Hanno iniziato, così, a sommarsi ritardi su ritardi rispetto ai termini di consegna e anche qualche lamentela da parte di alcuni nostri clienti.
Ho iniziato a soffrire di una “mancata di disconnessione”: oltre a non riuscire, io per prima, a staccare il cervello da lavoro, sia il titolare, così come anche colleghi e clienti, raramente sono riusciti a rispettare i limiti di orario che, invece, apparivano così scontati in ufficio. Più di una volta mi è capitato di dover rispondere a quella mail “urgente” anche alle 23:00 di sera!
Tutto questo, unito alla solitudine, è presto sfociato in notti insonni e forte stress.
Dal 18 maggio, per fortuna, sono potuta tornare a lavorare in azienda. Per quanto mi riguarda, quindi, lo smart working è un incubo che finalmente è giunto alla fine”.
Sitografia
https://www.officejam.it/lavorare-in-smart-working/
https://www.elle.com/it/magazine/women-in-society/a41746078/smart-working-lati-negativi/
Autore
Anna Nardi, laureata in Scienze della Comunicazione e attualmente studentessa presso Istituto IUSVE di Venezia, corso di laurea magistrale in Web marketing e Digital communication.
Molto affascinata di come la digitalizzazione stia cambiando la quotidianità delle persone, per questo sempre alla scoperta di nuove novità da integrare nella routine.
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10 Giugno 2022
Nomadismo digitale: nuove frontiere del lavoro
Unendo le parole “Nomadismo” e “digitale”, ci viene suggerita l’idea di ciò che sarà discusso ed approfondito nel seguente articolo. “Nomade” è una persona che si sposta in qualunque parte del mondo, senza una fissa dimora, come rivela la parola stessa mediante la sua etimologia. Con l’aggettivo “digitale” si identifica una caratteristica aggiuntiva, che corrisponde, cioè, alla possibilità di sussistenza economica, un modo, quindi, per vivere e lavorare solamente avendo a disposizione un dispositivo elettronico, come un computer portatile, ed una connessione ad Internet.
Tutto ciò comporta un radicale cambio di prospettiva della propria vita, ed una concezione del lavoro molto diversa da quella culturalmente legata alla nostra società.
Conseguenza del nomadismo digitale è stato un notevole cambio di prospettiva della vita che le persone avevano fino a qualche decennio fa sperimentato. Durante la fine del ventesimo secolo la società occidentale ha spesso perseguito la ricerca della stabilità, dal punto di vista lavorativo, mentre nel ventunesimo secolo anche a causa dello sviluppo delle nuove tecnologie, delle migrazioni di massa, e della disoccupazione il mondo occidentale è diventato un luogo più “liquido” i cui confini e barriere appaiono sempre più permeabili.
E’ proprio quell’ instabilità che porterà i nomadi digitali a dimostrare come un’esistenza senza punti fissi, quali il lavoro a tempo indeterminato alla stessa azienda fino alla pensione possa comunque rendere la vita piena di soddisfazioni e di traguardi raggiunti.
Tutto questo grazie al desiderio e alla capacità di spostarsi in diversi luoghi del mondo, ed avere una propria filosofia di vita che impieghi sacrifici e capacità di adattamento al mondo digitale.