Quando parliamo di tecnologia ed evoluzione pensiamo sempre al progresso. Un elemento fondamentale per l’uomo e la sua storia, infatti si può parlare di progresso in ambito tecnologico, ma anche antropologico, sociale, scientifico e chi più ne ha più ne metta.
Ma quanti di noi si sono mai soffermati a capire cosa realmente significhi “progresso”?
Il termine è di origine latina e significa andare avanti, avanzare. Generalmente quindi il progresso è visto come un moto propositivo che porta ad una evoluzione.
Tuttavia, non in molti si soffermano sulle conseguenze del progresso, infatti c’è anche un “lato oscuro del progresso”, il cosiddetto rovescio della medaglia.
Ogni evoluzione della cultura (considerabile come progresso), infatti, si basa sull’apprendimento di nuovi concetti e sull’oblio di quelli vecchi.
Per fare un esempio semplice basti pensare a come sarebbe difficile per noi oggi accendere il fuoco solo con le pietre, eppure una volta quello era il modo di farlo.
Sommario
1. Le conseguenze del progresso tecnologico
Se spostiamo il precedente ragionamento sul versante tecnologico potremmo direttamente verificarne le conseguenze.
La tecnologia, infatti, spesso si pone come soluzione ad azioni quotidiane che svolgiamo e viene in nostro soccorso per semplificarci la vita.
Tuttavia, nel momento in cui affidiamo al digitale un compito che spettava a noi, disimpariamo a farlo.
1.1 Cali di attenzione
Gli esempi sono molti, e fanno capire come nella società odierna molte cose siano cambiate. Il primo e più lampante esempio è l’evidente calo della soglia di attenzione, specie nelle nuove generazioni. Queste ultime, più di altre, sono maggiormente esposte a social e media digitali, e sono diventate restie nel riuscire a leggere testi molto lunghi, preferendo di gran lunga le infografiche ai testi scritti, come riporta una recente ricerca condotta da ANSA.
Il web di conseguenza si adatta a questa modalità di fruizione “distratta” delle notizie, e inizia a prediligere l’utilizzo di testi più brevi, fatti di parole chiave semplici da decifrare, ben diversi dai “muri di testo” presenti nei quotidiani di una volta.
Anche il marketing, consapevole di ciò, si è adattato alla situazione ed ha cambiato radicalmente il modo in cui si pone.
Si è passati così da un modello di “marketing di distrazione“, che interrompeva il consumatore distraendolo, ad un modello di “marketing d’attenzione”, dove il consumatore è perennemente distratto, e deve essere attirata la sua attenzione.
1.2 “Onlife”
Un’altra conseguenza dovuta all’incessante progresso tecnologico è l’estrema digitalizzazione: tutto è diventato ibrido, anche le più banali operazioni, infatti, oggi possono essere svolte nel web. Ciò ci porta a vivere a cavallo tra online e offline, a tal punto da convincere Floridi a coniare il termine onlife per descrivere la situazione attuale.
Il problema di questo carattere “ibrido” della realtà è rappresentato dal fatto che, seppur online e offline siano due mondi sempre più sovrapposti, essi presentano comunque caratteristiche molto diverse fra loro.
Il mondo offline è basato sul conflitto e sulla diversità: ognuno ha una propria opinione, e deve convivere con altri individui, che molte volte hanno pensieri contrastanti. L’esempio più lampante ed evidente ai giorni nostri è sicuramente quello della politica, che spesso è fonte di accesi diverbi, anche tra amici e parenti, dove pare non si arrivi mai ad un accordo o a una soluzione definitiva.
Il mondo online, invece, è ben diverso dalla “realtà” ed ha un carattere molto più rassicurante. Navigando in rete, sui social ad esempio, non siamo più tenuti a “lottare” per difendere le nostre idee e possiamo tranquillamente evitare lo scontro diretto. Se infatti, incontriamo un post che non è di nostro gradimento con un click o un veloce scroll possiamo lasciarcelo alle spalle senza aver timore che esso si ripresenti.
Inoltre, con l’ausilio degli algoritmi, siamo sempre più portati a confrontarci e a vedere solo contenuti in linea con le nostre ideologie e i nostri pensieri: tutto ciò perché lo scopo della rete è quello di creare relazioni, e non di dividere.
1.2.1 Spirale del silenzio
Tuttavia, anche all’interno di questi meccanismi algoritmici di cui ho parlato poc’anzi, che all’apparenza possono sembrare innocui, siamo esposti ad un rischio, sul quale il più delle volte non ci soffermiamo.
Ci siamo cosi tanto abituati a vedere contenuti multimediali di nostro gradimento, che quando troviamo qualcosa che non ci piace, o che discosta dal nostro pensiero spesso tendiamo a tacere, ignorando il contenuto o peggio, modificando inconsapevolmente il nostro stesso pensiero (senza però stravolgerlo completamente) per non essere radicalmente in disaccordo con quanto postato.
Questo processo è stato teorizzato da Elisabeth Noelle-Neumann negli anni ’70 e prende il nome di “spirale del silenzio”, perché per l’appunto, quando siamo esposti al contenuto di un medium (in questo caso l’esempio era sui social media) in contrasto col nostro pensiero, veniamo catturati da questo vortice rapido e incontrollato di emozioni contrastanti che ci portano tendenzialmente a non esprimere in modo netto la nostra opinione, cosa che invece avremmo indubbiamente dovuto fare invece in una conversazione dal vivo.
Il “posto sicuro” che vuole essere la rete diventa così una sorta di vera e propria trappola nella quale rischiamo di ritrovarci: una bolla di gusto (“filter bubble”) fatta di contenuti che approviamo e condividiamo, oltre la quale non riusciamo a vedere, il tutto spesso senza nemmeno accorgercene, perché troppo distratti.
1.3 Relazioni
Il problematico rapporto con il carattere della rete che ho descritto in precedenza, dunque, influenza indubbiamente anche le relazioni stesse con le altre persone che, come cita anche Baumann, sono cambiate dall’avvento del digitale: si sono ibridati anche i nostri rapporti, che sono costantemente mediati e filtrati anche dai media digitali. Una volta, infatti, non avevamo la possibilità di essere così interconnessi tra noi, da poter rimanere in contatto ad ogni ora del giorno. Oggi, invece, è tutto così veloce e simultaneo che abbiamo perso perfino il senso dell’attesa, e non sappiamo più aspettare, come ci ricorda anche Belpoliti nel suo “Elogio all’attesa nell’era di Whatsapp”. E così ci infastidiamo se non riceviamo risposta alle chiamate o se per condurre una ricerca in rete in rete non prende il segnale, e così via.
Tutto ciò ci porta a riflettere su come Veblen abbia avuto un’intuizione geniale nella teoria sul determinismo tecnologico: “ogni cambiamento della società si può attribuire alle caratteristiche medium dominante”. Oggigiorno dominano i social media, con il loro carattere veloce, la conseguenza è che si è venuta a creare una vera e propria “fast society” in cui il tempo scorre incessantemente: tutto è rapido e a portata di mano, di conseguenza non c’è più spazio per l’attesa.
2. Consapevolezza = Speranza
Il quadro appena descritto rappresenta solo parzialmente alcune delle conseguenze di ciò che stiamo vivendo e di come ci siamo “evoluti” negli ultimi anni.
Tuttavia, sempre negli ultimi anni il pubblico, che dapprima sembrava inerte di fronte a questo futuro in divenire, ha iniziato a mostrare sempre più segnali di interesse riguardo all’argomento, diventando man mano più critico e consapevole nei confronti della tecnologia.
Tutto ciò rappresenta un punto cruciale nel processo di evoluzione tecnologica: consumatori più consapevoli, infatti, possono influenzare il mercato tecnologico e portare le grandi lobby a una valutazione più etica e consapevole prima del lancio di un prodotto nel mercato, considerando maggiormente rischi e conseguenze future.
Un esempio recentissimo è l’uscita dell’Apple Vision Pro: un visore all’avanguardia lanciato sul mercato da Apple come prodotto rivoluzionario: il pubblico, tuttavia, si è spaccato a metà tra chi pensa che il prodotto sia il futuro e chi invece, più timorosamente, resta cauto e aspetta le conseguenze, definendo il visore come un “aggeggio” distopico alla Black Mirror!
3. Conclusioni
La divisione di pensiero sul nuovo prodotto di casa Apple fa ben capire che rispetto ad alcuni anni fa le persone hanno iniziato a farsi più domande del solito, e prima di elogiare a priori l’ultimissimo prodotto della multinazionale con sede a Cupertino, si preoccupa di rischi e conseguenze future.
Tutto ciò fa ben presagire, alimentando la speranza di un futuro dove ci si chiede ancora quali saranno le conseguenze di tutto questo “progresso”.
In conclusione, vorrei precisare che lo scopo di questo breve articolo non era certo quello di demonizzare la tecnologia, ma di incitare il pubblico a farne un uso più consapevole, mostrando anche i rischi e le conseguenze presenti nel “libretto delle istruzioni” del medicinale in formato digital che spesso prendiamo senza accorgerci.
Fonti
Bibliografia:
- Belpoliti M. “L’elogio dell’attesa nell’era di Whatsapp” (articolo)
- Bauman Z. – “La vita tra reale e virtuale”
- Han B. C. “Nello sciame, visioni del digitale”
Sitografia:
- https://www.treccani.it/vocabolario/progresso/
- https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/salute_bambini/medicina/2018/07/17/abuso-chat-e-social-aumenta-rischio-deficit-attenzione_bac8d373-c3d7-454c-9308-c99069e3ad98.html
- https://www.digital4.biz/legal/filter-bubble-perche-su-internet-vediamo-sempre-gli-stessi-contenuti/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Determinismo_tecnologico
Autore:
Mi chiamo Mattia Zuccati, sono laureato in Advertising & Marketing e ora frequento il corso magistrale di Web Marketing & Digital Communication, sempre presso la stessa sede universitaria, dato che il marketing e le sue sfaccettature da sempre mi incuriosiscono.
Per il resto mi ritengo un ragazzo alla mano: sono sempre molto attivo e mi piace stare a contatto con le persone. Inoltre, adoro mettermi alla prova cimentandomi in progetti sempre diversi che mi stimolino e mi facciano crescere sia professionalmente che personalmente.
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