In short, protocol is a type of controlling logistic that operates outside institutional, governmental, and corporate power.
The contradiction at the heart of protocol is that it has to standardize in order to liberate. It has to be fascistic and unilateral in order to be utopian. It contains, as Jameson wrote of mass culture before it, both the ability to imagine an inalienated social life and a window into the dystopian realities of that life.
Galloway, A, 2004
Alexander R. Galloway è oggi professore di Media Ecology a la New York University (NYU), esponente della Net Art e figura chiave del gruppo di teorici ed esperti raccolti attorno alla rivista Rhizome, è tra i fondatori del collettivo RSG Radical Software Group.
Galloway è anche tra i primi ad accompagnare a un genuino interesse per la teoria critica e il pensiero post-strutturalista, una profonda conoscenza dei linguaggi di programmazione di computer e altri mobile device.
Sommario
Codice protocollogico (Protocological Control)
In Protocol, How Control exists after decentralization (2004), Alexander Galloway sviluppa un’analisi delle forme materiali di controllo presenti in una rete decentrata.
Una rete in cui un nodo può essere collegato ad uno e più hosts, ma non ad altri nodi. Come funziona il potere quanto non c’è un centro di controllo? Da chi questo potere è esercitato e trasmesso? In quale forme? Sono le domande rivolte al particolare tipo di reti di informazioni che costituisce Internet.
Una premessa. Dal punto di vista di Galloway, computer, individui e attori di una rete condividono la dimensione materiale (che per l’autore è tecnica ma anche e allo stesso tempo ontologica e politica) del codice: un insieme di procedure, azioni e praxis sviluppate per la soddisfazione di un fine particolare. A. Galloway chiama questo codice Protocol.
Ordine procedurale e principi di organizzazione
Per comprendere cosa Galloway intenda quando si riferisce a Protocol, è necessario chiarire l’uso tecnico che nel testo è fatto di rete. I networks, per A. R. Galloway al pari di molti autori già considerati nel testo, non sono metafore:
Protocols do not perform any interpretation themselves; that is, they encapsulate information inside various wrappers, while remaining relatively indifferent to the content of information contained within.
ma reti di distribuzione che permettono o meno la circolazione di flussi di informazioni (strisce di linguaggio, bits) a prescindere dalla natura del contenuto incorporato in tali informazioni (dato, senso).
In una parola, Protocols sono principi di organizzazione e meccanismi di gestione. La rete, non solo informatica, ma ogni rete analizzata dal pensatore non è quindi semplicemente “free” ma già da sempre:
(…) a complex of interrelated currents and counter-currents, which interact in multiple, parallel, contradictory, and often unpredictable ways.
Un diagramma, una tecnologia, un meccanismo di gestione
I network sono entità astratte ma reali, materiali e potenziali: luoghi costantemente in atto, in opera, spazi dinamici essenzialmente performativi, definiti da tecnologie materiali e dominati da azioni, pratiche e movimenti in cui aspetti prettamente biologici si mischiano e interagiscono con aspetti non-biologici.
Nel senso già incontrato in Deleuze di virtuale, ovvero potenzialità come durata nella terminologia Bergson.
Diversamente dal linguaggio, i network sono circuiti di procedure tecniche ordinati, organizzati e definiti da un particolare Protocol che non riguarda il loro significato, la loro dimensione semantica ma il meccanismo di trasmissione, gestione, definizione ed esclusione delle informazioni, in altre parole, la dimensione del potere.
Come scrive in Prefazione Eugene Thacker:
Understanding networks not as metaphors, but as materialized and materializing media, is an important step toward diversifying and complexifying our understanding of power relationships in control society.
Quando Galloway si riferisce a network lo fa intendo con questo una rete decentrata il cui modello è il Rhizoma e non il tradizionale diagramma ad albero.
Infatti Deleuze e Guattari in primis hanno opposto alla complessità del primo, la gerarchica arborescenza del secondo, il Rhizoma rappresenta un modello chiave nella comprensione della “Società del Controllo” che progressivamente sostituisce la foucaultiana “Società della Disciplina” e il modo in cui il potere è esercitato nel mondo post-moderno.
L’importanza di comprendere il modello di rete decentrata come:
a diagram, a technology, and a management style.
aiuta ad analizzarne la dimensione intrinsecamente politica e biologica.
Secondo Alexander Galloway, dobbiamo infatti comprendere l’idea di rete di relazioni, meglio la parola network, sin da subito come un qualcosa legato inscindibilmente al potere, alla gestione, alla forza, così che, quando una rete mostra determinate proprietà, lo fa in quanto la stessa struttura permette a tali proprietà di emergere.
L’idea di Diagramma è ripresa da Deleuze che nel suo libro dedicato a Foucault paragona ogni società al diagramma ovvero con le proprie parole “a map, a cartography that is coextensive with the whole social field”.
Genealogia delle tecnologie politiche
Se il Protocol definisce l’infrastruttura e quindi la modalità del manifestarsi della rete, allora Protocol è ciò che Foucault era solito chiamare “tecnologia politica” e il libro (2004) può essere quindi letto come un tentativo di ricostruzione genealogica delle politiche esistenti: standard tecnici (per esempio l’OSI Reference Model), tecnologie di rete (HTTP), apparati istituzionali (IEEE) e media tattici.
L’idea centrale nel testo di Alexander Galloway è che ogni dinamica di potere presente nei sistemi viventi (biologici) e nelle società umane (sistema sociali) possa venir meglio compresa e analizzata a partire dalla prospettiva del Protocol, poi definito come Protocological Control (che potremmo rendere nella nostra lingua “controllo protocollogico”):
(…) I argue in this book that protocols is how technological control exists after decentralization.
Internet e società contemporanea tout court in quanto entrambi spazi di reti decentrate condividono il tipo di gestione del potere. In entrambi, il sistema non è semplicemente chiuso o aperto ma “modulato” ovvero un sistema il cui flusso di informazioni è rigidamente regolato.
Al pari delle organizzazione sociali, come ha efficacemente riassunto Eugene Thacker:
(…) the founding principle of the Net is control, not freedom – control has existed from the beginning.
Ogni protocollo tecnico essendo, secondo Galloway, nient’altro di un sistema computerizzato di gestione delle informazioni, funziona da sempre come tecnologia bio-politica.
Contro l’idea semplicistica di Internet come spazio open, libero, gratuito, A. R. Galloway oppone quella di sistema decentrato ma non per questo distribuito. Per l’autore, la decentralizzazione (Castells), la liquidità (Bauman), il rischio (Beck) non sono metafore del sociale ma il modo in cui l’info-sfera è organizzata dal protocollo stesso.
Un po’ di storia di Internet
Internet nasce dall’incontro di distinti protocolli informatici sviluppati in tempi e per motivi diversi e la cui natura è assolutamente eterogenea.
Nel 1969 nasce l’idea di packet-switching secondo cui è possibile, per trasferire un dato d’informazione da un luogo a A ad un luogo B, ridurre in A tale dato in un certo numero di “pacchetti standard” di memoria dove il significato dell’informazione va perso, trasferire poi questi pacchetti al luogo B, e qui ricomporre il dato originario con il suo significato.
Ma Internet così come oggi noi lo conosciamo non sarebbe possibile senza la successiva introduzione introduzione, durante gli anni ottanta di:
- TCP/IP Transmission Control Protocol / Internet Protocol, il cui compito è permettere la distribuzione orizzontale di informazioni. Oggi presente nella maggior parte dei sistemi UNIX ovvero nella totalità quasi dei computer equipaggiati con Windows, Mac Os di Apple e l’universo Linux;
- DNS Domain Name Server, il cui compito è stratificare verticalmente le informazioni attraverso un insieme di regulatory bodies, meccanismi regolatori che gestiscono di fatti l’agenda di indirizzi e nomi in Internet. Per comprendere l’importanza di quest’ultimo basti pensare che chi gestisce il protocollo DNS ovvero chi associa ad un determinato indirizzo numerico “165.178.176” un termine alfabetico comprensibile a ognuno “www.paolo.it”, può in ogni momento eliminare intere porzioni d’infosfera, impedendo a chiunque di accedere a tali spazi e confinando queste in un limbo dove esistenza e inesistenza convivono.
Dagli anni novanta poi un certo numero di altri protocolli è stato e viene costantemente sviluppato e aggiornato nei RFC (Request For Comments) documenti pubblicati regolarmente da da IETF (Internet Engineering Task Force) come il World Wide Web, una tra le innumerevoli reti di cui si compone Internet, e HTML (Hypertext Markup Language) entrambi gestiti dal WC3.
L’infosfera, Internet e altre reti di comunicazione tecnologicamente avanzate mantengono i principi delle reti più tradizionali, come la diplomazia o la rete stradale.
Ciascuno di queste funziona in quanto è regolata da un certo numero di protocolli: il sistema in questione infatti non esisterebbe né potrebbe venir pensato senza ogni suo protocollo. Non è sbagliato allora sostenere che la natura del protocollo sia in grado di performare e caratterizzare ontologicamente quella della rete in cui è in atto. La comprensione della natura del protocollo è quindi un requisito necessario in ogni tentativo di analisi del network.
Forme di vita biologiche e informatiche
Del resto, se il concetto di protocollo riguardasse solamente Internet, informatica e ingegneria delle reti decentrate d’informazioni, la teoria di Galloway non ci direbbe molto di più di qualsiasi manuale d’informatica e o di teoria della gestione delle reti.
In effetti Protocol come libro fa molto di più sviluppando un’analisi del potere liberata non solo dai tradizionali centri in cui esso è manifesto e dai quali esso viene gestito (la Sovranità del monarca dei tempi antichi, la razionalità strumentale, l’amministrazione, altre forme disciplinari di coercizione dell’età moderna, ecc.) ma purificando il discorso sul potere dalla visione antropologica che lega tradizionalmente uomo e controllo.
Ciò che mi interessa sottolineare è l’utilità del pensiero di Galloway quando posta sulla scia di altri pensatori della tradizione occidentale nella tesi variamente affrontati (Heidegger, Foucault, Latour, DeLanda, Deleuze, Agamben e altri) come progressiva chiarificazione della natura del potere in una società in cui il primato dell’individuo moderno è destituito a favore di un attore essenzialmente avvolto, incorporato nella rete sociale da un apparato tecnico di controllo via via sempre più complesso. La questione non è morale, ma etica.
In modo simile all’idea di Apparatus in Agamben (2009),Alexander R. Galloway ci informa che dal punto di vista del protocollo, non esistono due differenti tipi di realtà, biologiche e tecnologiche, ma solo possibili relazioni tra distinte forme di vita che assumono una forma regolata e normativa, uno standard.
Cosa significa forme di vita?
(…) biopolitics and biopower are Foucault’s terms for protocol as it relates to life forms. They are Foucault’s terms for the statistical coding, the making–statistical, of large living masses, such that any singular life-form within that mass may be compared in its organic nature to the totality. This is exactly how protocol functions, as a management style for distributed masses of autonomous agents.
I argue in this chapter that protocols has a close connection to both Deleuze’s concept of ‘control’ and Foucault’s concept of biopolitics. I show here that protocols is an affective, aesthetic force that has control over ‘life itself’. This is the key to thinking of protocol as power.
Se nella società disciplinare di Foucault, come abbiamo visto nella prima parte del saggio, il potere organizza e gestisce lo spazio dei corpi nella griglia del Panopticon, nella teoria sociale di Galloway è il protocollo a organizzare e produrre i corpi dissolvendo l’identità individuale all’interno di reti decentrate di informazioni.
Galloway sostiene una diretta relazione tra la propria nozione di Protocological Control, la Società del Controllo di Deleuze e gli ultimi lavori di Foucault su biopolitica e biopotere.
Così Protocological Control è un altro modo di nominare quella stessa “vita artificiale” che toglie ogni residuo umano al corpo trasformato in dividuals, frammenti di individuo immersi nel codice. Galloway definisce la “vita artificiale” è definita come:
(…) the active production of vital forms by other vital forms.
e la pensa simile alla foucaultiana Tecnologia del Sè, ovvero al “lavoro dell’Io sul proprio Sè”.
Materialismo storico e realismo speculativo
Secondo Galloway, il protocollo è la forma biopolitica di gestione del potere. In Foucault, biopolitica è il sapere sui corpi inaugurato da una certa conoscenza statistica della popolazione. Nella Storia della Sessualità, Vol. 1 Foucault contrasta il vecchio potere di sovranità sulla vita (e la possibilità di eliminarla metafisicamente, il potere di morte) con una moderna “amministrazione dei corpi e una calcolata gestione della vita”, altrove “una certa conoscenza statistica della popolazione”.
Foucault, Deleuze, Agamben e Galloway infatti concordano nell’affermare che oggi la politica interessa la vita in quanto tale, i corpi, le relazioni tra gli uomini. Non c’è un momento politico separato dalla privata vita dell’uomo come singolo, come nella tradizione, ma una costante immersione dell’uomo – animale in uno spazio già da sempre politico.
Secondo Galloway la difficoltà di pensare in questi termini è spiegata dal peso della tradizione umanistica e dal costante tentativo di rendere antropomorfo ogni ente, insomma un vizio legato alla difficoltà di pensare forme di vite non umana.
Ambiente informazionale
Facendo l’eco a Deleuze, il non pensabile è che al pari di altre forme di vita anche i Protocol sia capaci di effetti di realtà e quindi siano forme di vita materiali non organiche. Bisogna allo stesso modo ammettere che, per la prima volta nella storia, la natura dell’informazione è attiva perché contribuisce a creare il nostro ambiente, ambiente informazionale.
Crollati nell’ubiquità gli edifici istituzionali tipici del pensiero di Foucault, la gestione del potere è ora affidata alla tecnica come protocollo che funziona a rete se è solo se cioè è embodied in uno spazio sociale abitato da singoli individui che si pensando almeno parzialmente indipendenti, una moltitudine di parti – attori del sistema, l’uomo in quanto forma di vita agente.
In questo senso il potere del protocollo è agent-specific, deve essere sempre connesso all’ambiente sociale per sopravvivere a se stesso, vivere tra i corpi e grazie ai corpi delle persone per esistere come forma di vita artificiale, non umana.
Per comprendere i complessi giochi di potere nel mondo contemporaneo sembra quindi necessario abbandonare ogni teoria politica antropocentrica che cioè considera il potere come pura espressione dell’azione dell’uomo. Già il Foucault (1998) di Bisogna difendere la società mostrava come per pensare genuinamente i meccanismi di potere sia indispensabile rinunciare al concetto tradizionale di sovranità o meglio, aggiornarlo.
Nella tradizione infatti, nominando Stato, Re, Dio non si fa altro che riproporre intimamente l’idea che il potere sia essenzialmente potere dell’uomo.
Il suo tentativo di ri-scrivere la storia da un punto di vista “inumano” è del resto chiaro fin dal metodo utilizzato in Archeologia (1969). Il potere oggi non funziona più attraverso soggetti legali, né instaura discipline né domina la morte, ma attraverso gli uomini in quanto essere viventi. Il potere è oggi più intimo alla vita, nei termini del francese “una microfisica dei poteri diretta ai corpi”.
Tale resistenza e bisogno di difendere la società non è estraneo nemmeno a Deleuze:
Deleuze had the foresight to situate resistive action within the protocological field. In the same way that biopower is a species-level knowledge, protocol is a type of species-knowledge for coded life forms. (…) I am not suggesting that one should learn to love the various apparatuses of control, but rather that, for all its faults, protocological control is still an improvement over other modes of social control. I hope to show in this book that it is through protocol that one must guide one’s efforts, not against it.
Galloway nella seconda parte del suo libro mostra come anche il materialismo del Marx del Capitale contenga in realtà un certo vitalismo della materia tout court.
Marx e il Capitalismo Organico
In Marx infatti il Capitalismo è visto come una sorta di seconda natura per l’essere vivente, una forma di vita artificiale per l’uomo. Il capitalismo è più volte definito metabolico, organico. Il sistema di organizzazione del lavoro è simile all’organismo, all’ambiente interno, al corpo dell’uomo. Dove ogni elemento funziona in quanto parte – e per conto – del sistema.
Il carattere feticcio della merce, è forma di apparenza, è specchio del valore d’uso e valore di scambio negati e poi nuovamente espressi nella dialettica del capitale. L’estetizzazione del capitale è ciò che promuove la metamorfosi della mere cosa, del reale materiale a merce, a prodotto di una seconda vita capitalistica. Parafrasando Kwinter, l’autore argomenta:
(…) protocological life is considered here as ‘the forces – aesthetic, technical, political, sexual – with which things combine in order to form novel of aggregates of pattern and behavior’. Indeed, protocol is a theory of the confluence of life and matter (and ultimately we will see that protocols shows how life is matter).
La teoria politica di Galloway nell’interrogare il senso della vita, al di là del fenomeno biologico, e nel chiarire la natura dell’esistenza materiale, riprendere molti dei concetti tipici della Sintropia come fenomeno opposto alla più conosciuta entropia.
Galloway entra in contraddizione con la seconda legge della termodinamica, che potremmo così riformulare “Tutte le informazioni in natura hanno la tendenza a venir dimenticate” e con legge di Mendel circa i caratteri ereditari, al posto della quale Galloway sembra affermare “Le informazioni acquisite nel corso della vita non possono venir trasmesse da una generazione all’altra”.
Vita come medium
Macchine e gli organismi viventi r-esistono entrambi al fenomeno entropico. L’intera esistenza materiale è perciò stesso resistenza. La distinzione tra popolazioni di individui che compongono la realtà biologica e quella materiale va abbandonata a favore del concetto di Organismo comunicativi o informazionale.
In molti gli artisti che lavorano su questi concetti. Si pensi, per citarne alcuni, a Eduardo Kac, autore nel 2000 di opere come Alba or GFP Bunny un coniglio transgenico verde fluorescente. Si consideri anche il Manifesto of Transgenic art and Bioart del 1998, il Biotech Hobbyist Magazine e le opere di Orlan e Sterlac.
L’ esperimento di Leonard Adleman, infine, presso l’Università Southern California nel 1995 in cui a venir creato come forme di vita è il nuovo computer TT-100 senza sistema operativo, computer organico che trasforma il codice binario in un code qualitativamente simile al DNA.
Tra gli animali che popolano il mondo e gli enti virtuali che abitano il protocollo non c’è differenza sotto questo aspetto. Dal punto di vista dell’informazione infatti c’è una piccola differenza tra uomo e macchina dal momento che entrambi sono
(…) affect dynamic system via feedback loops.
Il medium la vita in sé, l’ente prototipico l’informazione. L’età dell’informazione contemporanea è il:
(…) moment in history when matter itself is understood in terms of information or code. At this historical moment, protocol becomes a controlling force in social life.
(…) This historical moment – when life is defined no longer as essence, but as code – is the moment when life becomes a medium.
One’s lived experience was no longer ties to material realities, but instead was understood in terms of numbers a telephone number, a zip code, a social security number, an IP address, and so on.
Biometrics is important, therefore, not because it infringes on privacy, but because it has redefined what counts as proof of the true identity of material life forms. Authenticity (identity) is once again inside the body-object, yet it appears now in sequences, samples, and scans. This quantification of living forms has reached an interesting hypertrophy in the computer technique of ‘collaborative filtering.
(…) That is to say, like the broad definition of protocol, I use, collaborativefiltering is a set of riles based on a pool of user dispositions that affects each member of the pool.
Le rivoluzioni tecnologiche hanno palesato l’emergenza di una vita artificiale, un ambiente abitato da informazioni che seguono le leggi di Darwin a prescindere dal medium grazie a cui sono trasportate. Le risorse naturali dell’universo di Galloway sono oggi spazio di memoria e tempo del CPU.