Se c’è un termine che all’interno di questo articolo non mancherà, di sicuro sarà merce.
Come mai vi chiederete voi?
Il vocabolario Treccani ci dice che per merce s’intende: “Ogni bene economico, in genere prodotto del lavoro umano, in quanto oggetto di contrattazione e di scambio.” E ancora: “Bene economico trasportabile, in quanto oggetto di scambio commerciale.”
Da queste definizioni si può quindi affermare che le merci popolano il mercato dei beni come oggetti di compra-vendita, come qualcosa di inanimato e inerte, che viene spostato da una parte all’altra del pianeta attraverso un movimento continuo, senza sosta.
Con l’avvio della società dei consumi, che in Europa prende piede a metà degli anni cinquanta del secolo scorso, nasce anche la cosiddetta “democrazia del benessere” che tra le sue tante caratteristiche, porta con sé la standardizzazione della produzione, l’aumento della ricchezza e la massificazione dei consumi. Il concetto di massificazione è talmente radicato all’interno della società che le persone vengono anch’esse classificate come merci e sono continuamente sollecitate a mettersi in mostra, diventando loro stesse oggetto di compra-vendita.
Ma facciamo un passo indietro e analizziamo da principio questa mercificazione del soggetto moderno.
Karl Marx a metà del XIX secolo pubblica il primo libro de “Il Capitale”, parlando per la prima volta di feticismo della merce.
Marx, tenace oppositore del capitalismo, sostiene che l’economia capitalista “tolga l’anima” ai lavoratori-produttori di beni, riducendoli a semplici merci, delle quali i rapporti umani sono schiavi. Questo perché la forza-lavoro viene comprata e venduta come se fosse un semplice oggetto, in un mondo dove sempre più il prodotto domina l’uomo.
Il produttore viene quindi classificato come una merce disponibile sul mercato, alla quale i capitalisti possono attingere in qualsiasi momento. In questo contesto ci si dimentica, però, che le merci sono solo il frutto del lavoro umano e ne sono, quindi, da esso indipendenti.
Feticismo, in questo caso, sta a significare una circostanza dalla quale l’uomo, facente parte della società dei produttori, non può scappare ma, al contrario, ne è intrappolato. Nel caso più specifico, Karl Marx denuncia le regole e l’ideologia dell’economia capitalista che porta l’uomo ad essere paragonato a un semplice oggetto, contrapponendosi in maniera forte.
Con il passaggio dalla società dei produttori alla società dei consumatori, diversi sono i cambiamenti che avvengono in termini di socializzazione, di senso della comunità, di obbedienza e di coercizione. Se all’interno della società dei produttori l’uomo mette in primo piano il proprio corpo, lavorando con devozione per le cause nazionali all’interno di fabbriche o sul campo di battaglia, nella condizione post-moderna della società dei consumatori l’uomo concentra le proprie energie verso il proprio spirito, basandosi principalmente sull’azione del consumo, fondamentale per poter vivere in maniera attiva all’interno della società della quale fa parte (Z. Bauman, “Consumo, dunque sono”, 2008, Editori Laterza Roma-Bari).
Consumare significa contribuire al valore sociale, diventando di fatto anche in questo caso una vera e propria merce. Infatti, Bauman parla di feticismo della soggettività come evoluzione di quello che Marx chiamava feticismo della merce. In questo caso, si parla di vendita e acquisto di merci riferendosi ai consumatori stessi che, immersi nella grigia realtà del mondo, cercano di distinguersi dalla massa mercificando la propria identità, creando legami deboli e raggruppandosi in sciami che, a differenza dei gruppi, sono più instabili e meno duraturi e non accettano la cooperazione tra gli individui.
Ecco quindi che questa mercificazione porta l’uomo a trattare se stesso alla stregua di prodotto da poter acquistare o vendere, “e la sua descrizione assume la forma della lista della spesa” (Bauman, 2008).
Con la sempre maggiore presenza di Social Media e con la creazione continua di “reti” attraverso i Social Network, i legami che s’instaurano tra le persone sono sempre maggiori in termini di quantità ma minori in termini di qualità. Si parla quindi di legami deboli, termine coniato da Mark Granovetter nel 1973. Attraverso i suoi studi su come le persone trovano lavoro, il sociologo ha notato che la maggior parte di contatti lavorativi tra le persone avviene non tanto attraverso un amico o un familiare, ma più attraverso conoscenti, vecchi compagni di scuola o di università e quindi persone che non rientrano nella cerchia di conoscenze più strette. Questo significa che la potenza dei legami deboli viene riscontrata nella possibilità di trovare opportunità più ampie e diversificate, ma porta anche a una grande problematica in termini di socializzazione.
Tornando a Bauman e al concetto di mercificazione del consumatore, l’autore tratta il tema delle relazioni sentimentali online, che già nel 2005 vedevano attivi sui siti di incontri ben due terzi dei single inglesi. Gli utenti, alla stregua di merci, si sentono sicuri nel poter analizzare, valutare e controllare il potenziale partner rimanendo comodi sul loro divano e nascosti dietro la propria tastiera, evitando possibili sguardi ed emozioni che difficilmente riuscirebbero a gestire, non essendo più abituati ai contatti umani. I consumatori della post-modernità non sono in grado di gestire le relazioni umane. Ciò di cui hanno bisogno, per capire se una persona può o non può essere quella giusta per loro, è raccogliere tutte le informazioni a priori, soppesarle con i pro e i contro di ogni altra opzione e solo poi, dopo una lunga riflessione, prendere una decisione. Tutti questi passaggi necessitano di tempo per poter riflettere e questo non può avvenire in presenza dell’altra persona perché coglierebbe, dall’espressione dell’altro, i suoi sentimenti. “Oggi, in quest’epoca di computer da tavolo, portatili, palmari e telefoni cellulari, la maggior parte di noi ha sabbia più che sufficiente sotto cui mettere la testa” (Bauman, 2008).
Ed è proprio così. I siti di incontri, regalano l’illusione di poter scegliere un compagno o una compagna per la vita semplicemente analizzando i pro e i contro da un “libretto di istruzioni per l’uso” ma è proprio qui che si cela l’errore. La personalità di un individuo non può nascondersi completamente dietro la sua mercificazione, perché prima o dopo la necessità di far uscire i rapporti umani esce allo scoperto. Il fattore umano è intrinseco della personalità del consumatore, anche di quello più mercificato e non può essere cancellato dalla propria identità. Da qui emerge chiaramente anche il limite di quello che è stato definito “feticismo della merce” da Marx: il fattore lavoro non può essere completamente scisso dal processo produttivo ma dipende dalle volontà del lavoratore stesso.
Cosa mantiene vivo questo feticismo della soggettività? Come mai le persone continuano a creare relazioni fittizie che portano loro solo delusioni?
Le persone cercano di avvicinarsi sempre di più a quello che Bauman chiama modello della relazione pura, trasferendo le regole del mercato ai propri legami affettivi e umani.
La regola base è sempre la stessa, ovvero trattare il proprio partner alla stregua di un oggetto di consumo. In questo caso, non è necessario che ci sia il mutuo consenso tra le parti, ma basta la decisione di una sola persona a decretare le sorti della storia. Si parla, in questo caso, di “continuo cambiamento della merce difettosa” e quindi del proprio partner, un continuo rilascio e riacquisto di relazioni che sono destinate, già da principio, a durare poco.
Ad oggi sono sempre più diffuse le piattaforme di incontri online, con percentuali di utilizzo altissime. Da un articolo pubblicato su Inside Marketing si può notare che, secondo delle stime, esisterebbero oltre 1500 siti di incontri, con un utilizzo salito esponenzialmente tra il 2005 e il 2013. Sembrerebbe che queste piattaforme incentivino la fuoriuscita dalla propria “zona di comfort” e quindi l’allargamento delle proprie vedute verso chi non riteniamo appartenente alla nostra cerchia di conoscenze più strette. Questo fa si che si creino dei collegamenti tra gruppi sociali diversi e distanti tra loro, facendo si che le persone instaurino rapporti più eterogenei, mescolando le diverse etnie.
Sicuramente l’analisi di Bauman è corretta e rispecchia ciò che l’uomo è diventato con la nascita del consumismo, ma la tecnologia cela dietro di sé qualcosa che va oltre il fittizio, il finto. Internet è indubbiamente velato di una grigia patina che porta gli individui a trasformarsi in merci, ma può essere, però, anche l’unico strumento in grado di creare dei ponti sociali che mai si potrebbero costruire senza di esso.